
La crisi energetica convince Joe Biden a tornare sui suoi passi e concedere alle compagnie petrolifere altri 582 chilometri quadrati di territori federali.
Il presidente Joe Biden annuncia il blocco, ma quella approvata dalla sua amministrazione a marzo equivale alle emissioni di 66 nuove centrali a carbone.
Trivelle sì, trivelle no. È il continuo batti e ribatti che sta andando in scena in Alaska. La buona e più recente notizia è che il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha vietato l’estrazione di petrolio e gas nell’Arctic national wildlife refuge, un luogo di enorme importanza culturale per i nativi dell’Alaska. Ma lo stop non mette in discussione l’enorme progetto di trivellazione conosciuto come “Willow project”, che invece sorgerà all’interno della National petroleum reserve-Alaska (Npra), un’area di oltre 90 milioni di ettari del North Slope, regione a nord dello stato federale.
La crisi climatica, causata dall’estrazione e dall’utilizzo dei combustibili fossili, sta riscaldando l’Artico a una velocità doppia rispetto al resto del mondo. Per questo lo stop di Biden va nella direzione auspicata. In particolare, l’attuale presidente ha annullato sette concessioni di trivellazione che facevano parte di una vendita avvenuta nell’ultimo periodo di presidenza di Donald Trump. Il dipartimento dell’Interno statunitense ha potuto bloccarle perché presentavano dei difetti dal punto di vista legale.
Alcune di queste concessioni sono detenute dall’Autorità per lo sviluppo industriale e l’esportazione dell’Alaska, mentre un’altra concessione, venduta all’asta durante l’amministrazione Trump, era già stata rifiutata dalla Regenerate Alaska Inc, a causa del pericolo di ricorso da parte delle popolazioni indigene.
Non è la prima volta che l’amministrazione Biden blocca le trivellazioni volute da Trump: già a giugno 2021, Deb Haaland, la prima nativa americana alla guida del dipartimento degli Interni, aveva temporaneamente sospeso le licenze operative per trivellare un’area di 1,5 milioni di acri – equivalenti a più di seimila chilometri quadrati – a Prudhoe Bay, nel nordest dell’Alaska.
L’area in oggetto, prima dell’intervento di Trump, era rimasta protetta dalla legge per oltre 60 anni.Il presidente ha inoltre annunciato la protezione di oltre 5 milioni di ettari nell’Artico occidentale, per contribuire a conservare terre e fauna selvatica, onorando nel contempo “la cultura, la storia e la saggezza duratura dei nativi dell’Alaska che hanno vissuto su queste terre fin dai tempi immemorabili”.
Un bell’intento ma nonostante il presidente abbia annunciato di voler fermare tutte le concessioni approvate in epoca trumpiana, sottolineando peraltro che gli Usa hanno “la responsabilità di proteggere questa preziosa regione per tutte le generazioni”, il nuovo divieto non bloccherà il vasto progetto di perforazione petrolifera Willow nella zona, che l’amministrazione Biden ha approvato a marzo 2023.
Le associazioni ambientaliste hanno avvertito che Willow rappresenta una “carbon-bomb”, cioè una bomba climatica, ed emetterà nell’atmosfera la CO2 equivalente a 66 nuove centrali elettriche a carbone. Nella riserva abitano caribù e orsi polari e il progetto di trivellazione proposto dalla ConocoPhillips, il più grande produttore di petrolio greggio in Alaska, minaccerebbe questo delicato ecosistema per sempre.
Inoltre, una legge del 2017, emessa sempre all’epoca Trump, impone un’altra vendita di concessioni a fine 2024. L’amministrazione, per ora, ha dichiarato che dovrà conformarsi alla legge. La speranza, invece, è che si possa intervenire diversamente per bloccare l’ennesima estrazione di combustibili fossili in questa delicata area che, come dimostrano gli avvenimenti, ha ancora bisogno di molta protezione.
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La crisi energetica convince Joe Biden a tornare sui suoi passi e concedere alle compagnie petrolifere altri 582 chilometri quadrati di territori federali.
Il progetto Willow, nel nord-ovest dell’Alaska, aveva ricevuto il via libera sia da Donald Trump sia da Joe Biden. Ora, i lavori dovranno fermarsi.
Lo stop alle trivellazioni è stato accolto positivamente dagli attivisti ma arriva dopo una serie di decisioni controverse, per l’Alaska e non solo.
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