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Navigare nel modo più pulito e leggero per il Pianeta. Il velista solitario italiano Ambrogio Beccaria racconta come ha raggiunto il suo obiettivo. “Le soluzioni ci sono, basta solo volerlo”.
Connessione con il mare, conoscenza e rispetto dei suoi elementi. La vela è uno degli sport che più riesce a riunirci con la natura, a volte armonica a volte impetuosa, dell’oceano. La salute dei mari è sempre più a rischio a causa delle attività antropiche e delle loro conseguenze, e chi ha la fortuna di chiamare questo ambiente casa ne è testimone diretto e un ambasciatore della sua salvaguardia. Tra questi c’è Ambrogio Beccaria, giovane velista italiano che ha fatto della sua passione un lavoro, e una missione.
Faccio il navigatore. Sostanzialmente, vivo e lavoro in mezzo al mare.Ambrogio Beccaria, velista
In vela da quando aveva 14 anni, dopo numerose regate è entrato nel mondo dei cosiddetti “gusci di noce” che, con i loro 6 metri e mezzo di lunghezza (mini 6.50), sono le più piccole imbarcazioni oceaniche esistenti. Dopo essere stato due volte campione di questa classe, la Classemini, ora si appresta ad affrontare la regata oceanica MiniTransat 2019, la più lunga in solitaria e uno dei pochi sport in cui uomini e donne gareggiano alla pari. Quest’anno Beccaria, a bordo della sua Geomag, ha deciso di farlo con un’attenzione particolare alla cura dell’ambiente che lo ospita: navigando con sola energia solare e riducendo al massimo i prodotti monouso. Abbiamo incontrato Ambrogio Beccaria, che ci ha raccontato la sua sfida, le difficoltà e i successi di questa scelta.
Qual è la particolarità della tua barca e delle regate che fai?
La particolarità è che la barca è molto piccola, la più piccola barca oceanica che esista. Le regate che faccio sono in solitaria e si è completamente isolati, è un po’ come tornare indietro. Non c’è tecnologia, non c’è pc, non c’è connessione satellitare, tutti elementi presenti invece nella navigazione oceanica fuori da questa classe. La cosa che mi affascina è che bisogna sapere tutto di tutto: bisogna essere preparati fisicamente, tecnicamente, sulla meteorologia e sulla gestione di se stessi perché essendo in solitaria il problema è gestire le energie. Per il resto, è semplicissimo: non ci sono regole, c’è solo l’oceano in mezzo che fa da scacchiere.
Cosa vuol dire attraversare l’oceano con sola energia rinnovabile?
In barca a vela di solito quando si ha bisogno di energia si accende il motore. Noi non abbiamo il motore. Ci sono diversi modi per ovviare a questo, ad esempio con un generatore, le pile a combustibile. Oppure le fonti rinnovabili e il mare ne è pieno: eolico, pannelli solari, turbine idrauliche. Per evitare di rallentare la barca, evitiamo le eliche in mare ma visto che siamo in mezzo al mare c’è tantissimo sole, quindi i panelli solari vanno molto bene. Quando non c’è il sole devo organizzarmi con turni più lunghi al timone e sapere in base al meteo quando ci sarà. Quest’estate ho fatto una regata con particolarmente poco sole e sono rimasto stupito: i pannelli ricaricano tanto anche se non c’è sole diretto, anche se ci sono nuvole o piove, basta che ci sia luce. Quest’anno è il primo in cui ho navigato solamente con pannelli solari: funzionano molto bene.
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Grazie a un’azienda italiana che mi sponsorizza abbiamo creato un sistema a poppa (sul retro) dove ho due pannelli solari da 100 watt l’uno che posso orientare, un po’ come i girasoli. Li metto perpendicolari al sole perché siano più efficienti possibili, e ne ho uno in più in caso di bisogno. Aver scelto di avere solo energia rinnovabile, quindi solo i pannelli solari, non è un freno per me, anzi. Mi permette di essere leggero, di non dover pensare alla benzina che è pericolosa, pesa, puzza. È bello perché fa bene il Pianeta, perché è leggero ed è il modo meno gravoso di avere l’energia a bordo.
Noi navigatori siamo testimoni diretti dell’inquinamento che vediamo in mare.Ambrogio Beccaria, velista
Per voi che vivete in mare, quanto è visibile il problema della plastica?
Nel Mediterraneo è molto più visibile. La concentrazione di microplastiche nel nostro mare per assurdo è più alta che nelle famose isole di plastica, si parla di “zuppa di plastica”. La cosa peggiore è quando ci sono temporali e navighi vicino ai fiumi e lì è deprimente, vedi cosa portano giù. In mare lo vediamo tantissimo e si tratta soprattutto di materiale da pesca, e ovviamente tanti sacchetti di plastica. A volte tra l’altro può diventare un problema per la regata in sé: bisogna fare attenzione che non si incastri la plastica ma soprattutto le reti da pesca rotte e abbandonate in mezzo al mare che si incastrano nei timoni e nella chiglia. Durante la mia prima regata lunga, ad esempio, al ritorno stavo vincendo la tappa, a un certo punto mi sono incastrato in un pezzo di rete abbandonato. A due tre giorni dall’arrivo in mezzo all’oceano.
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Come affrontate la gestione dei rifiuti in questo tipo di viaggio?
Quello dei rifiuti è un tema sul quale sto cercando di lavorare, è molto complicato. Vorrei cercare di fare questa traversata senza plastiche monouso. Immagina di vivere venti giorni dentro una Twingo mangiando e bevendo senza usare plastica monouso. Per l’acqua ho grandi taniche che riutilizzo, quindi sono tranquillo. Per il cibo è molto più complicato: non c’è frigo, non c’è cucina. Deve essere per forza cibo sottovuoto o liofilizzato (disgustoso!). Sottovuoto è già cotto devi solo scaldarlo, trovare qualcuno che lo faccia senza plastica. Si tratta di una necessità particolare e bisognerebbe trovare un’azienda che ha un materiale che vuole testare. Il mercato sta offrendo sempre più prodotti con questo fine, se ne parla di più, si è capito che la fetta di mercato vuole questo. Perché sarebbe bello riuscire a non usare plastiche monouso mentre si è in mare.
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Secondo te oggi c’è consapevolezza, sia nel mondo della vela che al di fuori?
La vela è uno degli sport puliti per eccellenza, è in mare, si lega perfettamente ed è un ottimo mezzo di comunicazione per questo. In questo ambito se ne parla molto, è un argomento comune, ma forse ancora non vedo grandi gesti, anche da parte di chi è coinvolto attivamente. Ci vuole più coerenza. Ad esempio in questa competizione siamo in tre o quattro a usare solo energia rinnovabile, su una sessantina di partecipanti, gli altri hanno i pannelli solari ma hanno anche altre fonti. In generale invece il problema a volte è deprimente. Quando ne parli tanti dicono cosa vuoi che cambi, il mare è bello finché ci sarà, sarà plastica bagnata. E a volte è difficile sostenere il contrario. Ma invece no. Bisogna provarci. Sensibilizzare le persone a un uso consapevole.
Il 16 ottobre 2019 Ambrogio Beccaria, in qualità di ambassador di Geomagworld, ha partecipato al terzo Osservatorio Milano sostenibile, l’indagine annuale sull’atteggiamento dei milanesi nei confronti della sostenibilità, effettuata da LifeGate in collaborazione con Eumetra MR. “Nell’ultima regata che ho fatto la cosa più grande che ho incontrato non è stata una balena, ma un frigorifero”, ha raccontato Beccaria dal palco. “Il fatto che la fauna venga rimpiazzata dagli elettrodomestici dovrebbe farci riflettere sul fatto che bisogna agire nel più breve tempo possibile perché non possiamo maltrattare in questo modo gli oceani“.
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