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Da AssoDistil, un distillato di economia circolare
Il primo Report di sostenibilità promosso da AssoDistil riunisce le performance di undici distillerie italiane, soffermandosi sui principi che hanno permesso la creazione di un esempio virtuoso di economia circolare.
Economia circolare, riutilizzo delle risorse e zero waste. Sono questi i temi al centro del primo Report di sostenibilità promosso da AssoDistil, l’associazione nazionale degli industriali distillatori di alcoli e acquaviti, redatto in collaborazione con LifeGate. Il report ricorda l’impegno delle distillerie italiane a favore di una filiera virtuosa di gestione e valorizzazione dei sottoprodotti (vino, frutta e cereali) destinati alla distillazione.
Il bilancio – redatto in conformità ai Global reporting initiative sustainability reporting standard definiti dal Global reporting initiative (Gri), il riferimento più diffuso a livello internazionale per la rendicontazione di sostenibilità – analizza, per la prima volta e in maniera congiunta, le performance di undici distillerie italiane (Bottega Spa, D’Auria Distillerie & Energia Spa, Distilleria Bertolino Spa, Distilleria Deta Srl, Distilleria G. Bertagnolli Srl, Distilleria Marzadro Spa, Distillerie Bonollo Spa, Distillerie Bonollo Umberto Spa, Distillerie Mazzari Spa, Fratelli Francoli Spa, Ima Srl – Industria meridionale alcolici) che rappresentano l’80 per cento delle sezioni merceologiche di interesse dell’associazione (acquaviti e alcol industriale), e danno lavoro complessivamente a 659 persone. Di queste, 124 sono nuovi assunti, l’88,2 per cento dei dipendenti ha un contratto a tempo indeterminato. Le dimensioni delle associate che hanno partecipato al report variano molto l’una dall’altra, si va da un minimo di otto fino a un massimo di 153 dipendenti. A fare la parte del leone, a livello geografico, è il Veneto, con 241 dipendenti, seguito dal Trentino Alto Adige, con 90. Le donne rappresentano il 27,5 per cento dell’organico totale. Nel complesso, le imprese hanno erogato oltre 3mila ore di formazione (quasi cinque ore l’anno per ogni dipendente).
Un processo a ciclo chiuso, che non spreca risorse
Il bilancio si articola nelle tre dimensioni che da sempre costituiscono la sostenibilità: l’aspetto sociale, con particolare riferimento alle persone che lavorano nelle diverse imprese associate; la tutela dell’ambiente e la valorizzazione delle risorse nei processi produttivi; la scelta delle materie prime e gli investimenti in ricerca.
Percorrendo questi tre pilastri, il report ricorda i princìpi che hanno permesso la creazione di un comparto industriale a ridotto impatto ambientale, energeticamente autosufficiente e sostenibile dal punto di vista economico e occupazionale. Il settore distillatorio è infatti un esempio virtuoso di economia circolare per definizione, in quanto la distillazione utilizza i sottoprodotti della vinificazione, come fecce e vinacce, ovvero bucce dell’uva e altri rifiuti non più utili alla produzione del vino. Da qui nascono distillati (come acquaviti, gin, grappe e brandy), l’alcol a uso carburazione e altri prodotti collaterali (acido tartarico, biometano e bioetanolo) fondamentali per i settori energetico, zootecnico, farmaceutico, cosmetico, alimentare e agricolo. I residui prodotti, come vinacce e borlande vitivinicole, sono impiegati in successive lavorazioni, per esempio per produrre fertilizzanti ed energia, così da rendere le distillerie autosufficienti dal punto di vista energetico. Si genera così un processo di lavorazione definito “a ciclo chiuso”, in quanto i residui prodotti per ogni materia prima lavorata diventano la materia prima del ciclo produttivo successivo.
Numeri che parlano di un impegno congiunto
Nel 2019, le undici distillerie prese in considerazione dal report hanno impiegato 742.543 tonnellate di fecce e vinacce (scarti e bucce della vinificazione) come materie prime per la distillazione. Sono 54mila le tonnellate di frutta e oltre 45mila le materie tartariche impiegate per il processo produttivo.
Se l’intero settore non re-impiegasse adeguatamente i sottoprodotti, ma li smaltisse, genererebbe 500mila tonnellate di CO2, equivalente alle emissioni di una metropoli di 10 milioni di abitanti. Il settore dispone di una potenzialità installata per produrre oltre 300mila m³ all’anno di bioetanolo sostenibile, il biocarburante di origine naturale più diffuso al mondo, che può rispondere alle necessità di sostenibilità del settore trasporti e a contribuire all’abbattimento delle emissioni. Nel 2019, le undici distillerie che hanno partecipato al report hanno prodotto 606.795 GJ di biogas.
In merito all’attenzione posta nella selezione delle materie prime, le associate utilizzano fornitori storici e tendono a privilegiare quelli locali per contribuire all’economia del territorio, con una quota media del 35 per cento.
Le principali evidenze del primo report sono state presentate nel corso di una diretta streaming, alla quale hanno preso parte Antonio Emaldi, presidente AssoDistil; Paolo De Castro, eurodeputato e membro della commissione Agricoltura e sviluppo rurale; Filippo Gallinella, deputato e presidente della Commissione agricoltura; Silvia Totaro, sustainability specialist di LifeGate e Sandro Cobror, direttore AssoDistil.
“Il nostro primo report di settore – dice Antonio Emaldi, presidente di AssoDistil – è il punto di partenza per arrivare in futuro a un concetto più ampio di sostenibilità economica, ambientale e sociale. Le distillerie protagoniste della nostra analisi dimostrano con il loro lavoro quotidiano quanto è possibile fare sul fronte della sostenibilità, del risparmio energetico e delle best practice in favore dell’ambiente. Il mondo della distillazione italiana rappresenta non solo la tradizione, ma anche l’evoluzione intelligente di un processo che sa utilizzare ogni passaggio produttivo per creare valore e sfruttare al meglio le risorse, senza sprechi”.
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