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Il Piano per la biodiversità approvato dalla Commissione europea prevede di coltivare il 25 per cento delle superfici agricole con metodo bio.
A maggio la Commissione europea ha presentato il Piano per la biodiversità, un documento che fa parte del Green new deal, il patto verde europeo che punta a trasformare l’Europa nel primo continente a emissioni zero in termini di CO2 entro il 2050. La nuova strategia propone azioni e impegni ambiziosi per arrestare la perdita di biodiversità in Europa e nel mondo e trasformare i nostri sistemi alimentari in standard di riferimento a livello globale. Il piano affronta le principali cause di perdita di biodiversità, come l’uso insostenibile della superficie terrestre e del mare, lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, l’inquinamento e le specie esotiche invasive. Si propone, tra l’altro, di rafforzare l‘agricoltura biologica e altre pratiche agricole rispettose della biodiversità. La strategia “Dal produttore al consumatore” stabilisce di ridurre del 50 per cento l’uso di pesticidi e dei rischi correlati, almeno del 20 per cento l’uso di fertilizzanti e infine pone l’obiettivo di destinare il 25 per cento dei terreni agricoli all’agricoltura biologica.
Il biologico può dare quindi un importante contributo nella tutela dell’ambiente e alla riduzione delle emissioni. Secondo i dati pubblicati dal Rodale institute nel 2011, i sistemi di agricoltura biologica utilizzano il 45 per cento in meno di energia rispetto a quelli convenzionali e producono il 40 per cento in meno di gas serra rispetto all’agricoltura basata su metodi convenzionali. Inoltre, il metodo biologico vieta l’utilizzo delle sostanze chimiche di sintesi, uno dei principali fattori che influiscono sulla diversità biologica, insieme alla perdita di habitat e ai cambiamenti climatici. Queste, infatti, possono avere effetti tossici a breve termine in organismi direttamente esposti o effetti a lungo termine che provocano cambiamenti nella catena alimentare.
Il taglio del 50 per cento dei pesticidi è uno degli obiettivi più ambiziosi, che richiederà, anche nell’agricoltura convenzionale, innovazioni messe a punto in agricoltura biologica con tecniche e approcci di origine naturale, quale alternativa ai prodotti chimici di sintesi. Queste tecniche a base di sostanze di origine naturale e minerale permettono la gestione di parassiti e patogeni dannosi in base allo studio della loro biologia e del loro comportamento.
L’auspicio è che l’agricoltura biologica possa diventare il paradigma di riferimento. L’agricoltura è infatti uno dei settori più inquinanti ed è responsabile di circa il 24 per cento delle emissioni globali di CO2. Cambiamenti climatici e agricoltura sono pertanto legati in modo indissolubile.
Già il 20 per cento dei campi del Vecchio Continente coltivati secondo il metodo biologico sarebbero sufficienti a ridurre sensibilmente le emissioni climalteranti, come sostiene l’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo), secondo la quale, così facendo, si potrebbe evitare l’immissione in atmosfera di 92 milioni di tonnellate di CO2, più di quelle che genera annualmente una nazione come l’Austria.
Le aree coltivate con il metodo biologico, secondo i dati diffusi dalla Wmo, sono molto utili nel sequestro dell’anidride carbonica. Ogni ettaro di suolo bio è infatti in grado di immagazzinare ogni anno almeno mezza tonnellata di carbonio e la produzione biologica necessita in media del 30 per cento in meno di energia per unità di prodotto. I terreni gestiti con il metodo bio riescono, inoltre, a trattenere maggiori quantità di acqua di quelli tradizionali, garantendo così un miglior rendimento nel caso, sempre più frequente, di scarsità di precipitazioni.
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