La corte suprema del Brasile ha sospeso il 15 settembre 2021 il “processo del secolo” che avrebbe dovuto decidere sul “marco temporal”, la proposta promossa dal settore dell’agrobusiness secondo cui i popoli indigeni che non possono provare che al 5 ottobre 1988 – giorno in cui fu promulgata la Costituzione brasiliana – abitavano fisicamente sulle loro terre, non vi hanno più alcun diritto.
Dopo aver rinviato la sentenza diverse volte nelle ultime due settimane, e dopo che due membri della corte su 11 si sono pronunciati (uno a favore, l’altro contro), ora un terzo membro ha chiesto più tempo per prendere una decisione. Così, il processo è stato sospeso senza definire una data per riesaminare il caso.
Nunes Marques cita a Teoria do Indigenato q considera q os povos indígenas possuem um direito originário anterior ao próprio Estado e a qualquer outro direito
A Constituição reconhece o direito originário dos povos indígenas às suas terras!
Cause contro gli indigeni del Brasile, gli antefatti
La lobby agraria ha da sempre manifestato la sua intenzione a sfruttare le terre degli indigeni. Per questo, ha spinto per l’approvazione del principio del “marco temporal” (limite di tempo), invocato la prima volta in occasione del processo di demarcazione della terra indigena Raposa Serra do Sol, nello stato di Roraima. Un contenzioso durato anni che si concluse nel 2009 con la decisione della corte suprema di assegnare agli indigeni quel territorio che i fazendeiros (grandi proprietari terrieri) avevano occupato con la forza negli anni Settanta.
Ma la sentenza non ha scoraggiato l’assalto ai territori e il marco temporal è stato riproposto e inserito anche nel progetto di legge 490/2007, che consente nelle aree protette degli indigeni lo svolgimento di attività legate alle estrazioni minerarie e costruzioni di centrali idroelettriche.
Il marco temporal è poi tornato di recente nel caso di demarcazione del territorio Ibirama La Klãnõ, che si trova nello stato di Santa Caterina, nel Brasile meridionale: un gruppo di residenti non-indigeni (e una compagnia per il taglio di legname) ha intentato un’azione legale contro la popolazione degli Xokleng, in modo da scacciarli dal loro territorio e proseguire nell’attività di disboscamento.
I querelanti, sfruttando il concetto di marco temporal, hanno sostenuto che alla data del 5 ottobre 1988, gli Xokleng vivevano ormai solo in piccole porzioni del territorio originario e pertanto non avrebbero avuto più diritti su gran parte dell’area.
Marco temporal per tutte le procedure simili
Il caso è finito di recente davanti al Supremo tribunal federal (Stf), che il 15 settembre 2021 ha deciso di sospendere a tempo indeterminato il processo contro gli Xokleng. Ora, la corte suprema starebbe valutando se il governo di Jair Bolsonaro – da sempre promotore di una demarcazione temporale ante-costituzione – abbia applicato un’interpretazione eccessivamente restrittiva dei diritti degli indigeni.
Riconoscere gli argomenti del marco temporal (conosciuto anche come milestone thesis), provocherebbe l’annullamento di tutte le procedure di demarcazione approvate e in attesa di approvazione: nel 2020, infatti, è stato deciso che il marco temporal avrebbe avuto “ripercussioni generali” per tutti i casi simili.
Un riconoscimento del marco temporal, secondo l’Articolazione dei popoli indigeni del Brasile (Apib), una rete di organizzazioni per la salvaguardia dei popoli originari, innescherebbe conflitti e atti di violenza contro i popoli e le comunità indigene, oltre a incoraggiare molti atti illeciti come la ricerca dell’oro, l’estrazione mineraria, la deforestazione e l’accaparramento di terre, attività già ampiamente sostenute dall’attuale governo di Bolsonaro.
Oltre 6.000 indigeni in piazza per protestare
Per protestare contro quello che è stato definito il “processo del secolo”, oltre seimila partecipanti appartenenti a 176 diversi popoli indigeni del Brasile si sono riuniti il 24 agosto a Brasilia, capitale dello Stato sudamericano, per lo “StruggleForLife Camp”, o in portoghese “Luta pela vida”: coordinati da Apib, i manifestanti si sono accampati davanti alla sede del congresso nazionale in Praça da Cidadania, dove hanno inscenato sessioni plenarie e cortei.
In attesa del verdetto – che in origine doveva arrivare il 25 agosto – migliaia di indigeni hanno marciato davanti al Congresso brasiliano per demarcare simbolicamente Brasilia con 1.296 cartelli, uno per ogni territorio indigeno rivendicato dai popoli originari del Brasile. Due giorni dopo hanno sfilato con una bara di dieci metri per simboleggiare il triste destino al quale hanno rischiato di andare incontro. In sostegno alle proteste di Brasilia, centinaia di manifestanti hanno protestato davanti all’ambasciata brasiliana di Londra e la stessa cosa è successa a San Francisco.
In Brasile ci sono 1.290 terre indigene
Secondo una valutazione del Indigenist missionary council (Cimi) del 2018, in Brasile ci sono circa 1.290 terre indigene riconosciute come tali dalla Costituzione federale del 1988. Eppure, solo 408 di queste sono state regolarizzate, 287 sono in attesa di demarcazione e oltre 500 sono rivendicate dai popoli senza aver ottenuto alcun riconoscimento dalle agenzie federali.
Se la corte bocciasse definitivamente il marco temporal, le popolazioni potrebbero rivendicare finalmente il diritto alla propria terra come “terra indigena protetta” e riconoscendo quindi i territori che hanno vissuto e utilizzato per millenni, da ben prima del 1500 e prima dell’indipendenza del Brasile avvenuta nel 1822.
Gli indigeni, infatti, in questo momento non sono proprietari ma gestiscono la terra in cui abitano come bene comune. Con evidenti benefici: secondo il report Forest governance by indigenous and tribal peoples pubblicato dalla Fao, le aree sotto il controllo dei nativi sono quasi tre volte meno disboscate delle altre.
Purtroppo le minacce per i popoli indigeni non finiscono con il marco temporal: ci sono molte leggi, infatti, che minacciano i diritti dei popoli ancestrali e a Brasilia, Apib ha focalizzato l’attenzione dei manifestanti anche su queste ultime.
Tra le minacce più imminenti e contestate in approvazione al Senato brasiliano c’è il disegno di legge conosciuto come land grabbing bill: se approvato, vi sarebbero meno ostacoli in merito all’accaparramento di terre da parte delle imprese. Circa il 30 per cento della deforestazione e degli incendi in Amazzonia si è verificato, nel 2019, in aree pubbliche “non rivendicate”. Secondo l’ong Imazon, l’approvazione del disegno di legge 2633 potrebbe causare un’ulteriore deforestazione fino a 16.000 km quadrati entro il 2027, pari a quasi tre volte il territorio del distretto federale brasiliano (uno dei 27 stati federali che compongono il Brasile).
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