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Sono partiti dall’Honduras per raggiungere gli Stati Uniti. Superato il confine del Guatemala però hanno subito le violenze dell’esercito locale.
Migliaia di migranti sono bloccati da ormai due giorni su un’autostrada nel dipartimento di Chiquimula, in Guatemala. Le autorità locali hanno arrestato il cammino della carovana, composta inizialmente da 9mila persone e partita dall’Honduras. Alcuni sono riusciti a sfuggire ai controlli e a proseguire il loro viaggio verso gli Stati Uniti, altri 6mila hanno subito la violenta repressione della polizia guatemalteca e non riescono a proseguire, ma non hanno intenzione di tornare indietro. Gli stati dell’America centrale stanno cooperando per fargli cambiare idea, sull’onda degli accordi siglati negli ultimi anni con l’ex presidente Usa Donald Trump. Presto però le cose potrebbero cambiare grazie a Joe Biden.
A metà della scorsa settimana un’enorme carovana di migliaia di persone, 9mila secondo le prime stime, ha lasciato la città di San Pedro Sula, nel nord dell’Honduras. Fuggono dalla povertà e dalla violenze, acuite dalla devastazione lasciata dai due recenti uragani Eta e Iota che lo scorso autunno hanno colpito la regione. L’obiettivo è raggiungere gli Stati Uniti, come per altre carovane formatesi negli anni scorsi e, in alcuni casi, finite sotto i riflettori della stampa internazionale.
I migranti sono riusciti a superare abbastanza abilmente il confine guatemalteco a El Florido ma è dopo poche decine di chilometri che sono iniziati i problemi. Il governo del paese ha schierato le sue forze di sicurezza lungo la strada, nella cittadina di Vado Hondo, e si sono registrati violenti scontri. I soldati hanno colpito i componenti della carovana con bastoni e gas lacrimogeni, si sono registrati diversi feriti e il grosso del gruppo, circa 6mila persone, è rimasto così bloccato lungo il percorso. Dei restanti 3mila, una parte è riuscito a proseguire durante la confusione degli scontri, un’altra ha fatto marcia indietro vista la difficoltà della situazione.
Il premier del Guatemala, Alejandro Giammattei, ha chiesto alle istituzioni dell’Honduras di contenere l’esodo massivo del suo popolo, sottolineando come non gli sarà permesso di proseguire il viaggio. Intanto sono stati organizzati bus per il rimpatrio, anche con l’aiuto del Messico, che ha interesse a interrompere il cammino della carovana prima che essa arrivi sul suo territorio. Ma la maggior parte dei migranti non ha intenzione di indietreggiare e da due giorni si è accampata sull’autostrada, in prossimità del blocco delle forze di sicurezza guatemalteche.
La mano pesante delle autorità del Guatemala nei confronti della prima grande carovana di migranti del 2021 ha a che fare con la politica di Donald Trump. Quella delle carovane dirette verso gli Stati Uniti è ormai una tradizione dell’America centrale, che è stata al centro della diplomazia locale negli ultimi anni. L’ormai ex presidente americano ha fatto forti pressioni sui governi locali perché cooperassero nel fermare questi flussi, minacciando nuovi dazi e l’interruzione degli aiuti allo sviluppo. Questo ha portato alla firma di alcuni accordi, che hanno consentito di bloccare le spedizioni succedutesi nel tempo.
Ora però, con l’elezione a presidente del democratico Joe Biden, le cose potrebbero cambiare. E tra le motivazione che hanno portato alla costituzione e al viaggio di questa nuova immensa carovana potrebbe esserci proprio il cambio di amministrazione americano e il clima più tranquillo che ci si appresta a respirare al confine con il Messico. Perchè ciò avvenga, però, ci vorrà tempo. “Il viaggio verso gli Stati Uniti resta molto pericoloso e chi si trova nella regione non deve credere a chi racconta la menzogna che dal mese prossimo il nostro confine sarà aperto a tutti”, ha sottolineato uno dei funzionari di transizione di Biden. “Superare le sfide create dalle politiche caotiche e crudeli degli ultimi quattro anni, e quelle presentate dal Covid-19, richiederà tempo”.
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