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Dopo l’inabissamento della petroliera iraniana carica di 136mila tonnellate di greggio, ora si teme che si trasformi in uno dei più grandi disastri ambientali marini nella storia della Cina e del mondo.
L’affondamento della petroliera iraniana Sanchi al largo delle coste cinesi, avvenuto il 14 gennaio, è ora un disastro ambientale. La fuoriuscita di greggio ha inquinato 130 chilometri quadrati di mare. La petroliera trasportava 136mila tonnellate di petrolio ultra leggero (condensato) e il 6 gennaio è entrata in collisione con un mercantile di Hong Kong, in Cina, che trasportava grano. Dopo una settimana in cui è stata avvolta dalle fiamme, innalzando una colonna di fumo nero come la pece per ben un chilometro, ora è colata a picco.
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Con lo sversamento del greggio condensato non vedremo la tristemente conosciuta grande macchia nera oleosa che galleggia sulla superficie e soffoca le acque sottostanti, bensì una nuvola sottomarina tossica d’idrocarburi invisibile dalla superficie del mare. È una macchia trasparente e molto volatile, perché i condensati sono idrocarburi molto leggeri di alta qualità, inodori e incolori, sottoprodotti della produzione di gas naturale. Il greggio condensato viene utilizzato dalle raffinerie per produrre combustibili come benzina e diesel e nell’industria petrolchimica per produrre alcuni tipi di plastiche.
Il petrolio fuoriuscito dalla petroliera sta ancora bruciando, ha fatto sapere il ministro cinese dei Trasporti, e la macchia di greggio ha raggiunto i 18,5 chilometri di lunghezza e i 7,4 di larghezza.
Richard Steiner, esperto del settore e della gestione delle emergenze, ha definito l’incidente come “il più grande sversamento di greggio condensato della storia. Dopo una settimana di esplosioni e incendi le condizioni della chiglia della nave sono sicuramente scadenti, nessuno dei compartimenti e delle stive è possibile che sia rimasto intatto, tutto il condensato e il carburante della nave è, a mio parere, stato rilasciato”.
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Se solo il 20 per cento del carico fosse stato rilasciato, l’impatto sarebbe stato paragonabile al disastro ambientale del 1989 avvenuto in Alaska, negli Stati Uniti, con lo sversamento di petrolio della Exxon Valdez. “Io non sono a conoscenza di altre fuoriuscite di condensato più ampie di 1.000 tonnellate in ambiente marino e la gran parte di esse è stata meno di una tonnellata”, ha precisato Steiner.
Balene, focene, uccelli marini, pesci e plancton presenti nel mar Cinese orientale una volta che entreranno in contatto con il greggio condensato potrebbero velocemente morire o subire ‘danni sub-letali’, come problemi di riproduzione e malattie croniche, ha spiegato Steiner: “Solo perché non c’è la macchia superficiale, questo non significa che l’impatto sia minimo. Se la fase tossica può durare solo pochi mesi, i danni alla fauna potrebbero invece persistere molto più a lungo”, ha concluso l’esperto.
Il condensato entrerà anche nella catena alimentare. L’area è un’importante zona di pesca e un corridoio di migrazione ittica, il plancton e il pesce accumuleranno le tossine e successivamente verranno pescati e messi in tavola.
Il governo cinese, per voce dell’ingegnere dell’amministrazione statale oceanica cinese Zhang Yong, sostiene che non ci siano grandi preoccupazioni per eventuali danni ambientali causati dallo sversamento di greggio. Questo tipo di petrolio ultra leggero è molto volatile secondo i tecnici di Pechino, pertanto la maggior parte del greggio fuoriuscito si è dispersa nell’aria, generando minori impatti sull’ambiente marino. Inoltre, essendo lo sversamento avvenuto al largo delle coste cinesi, l’impatto per la popolazione dovrebbe essere minimo. Nessun riferimento invece da parte dei tecnici sulle possibili conseguenze sulla fauna e flora marina. Peccato che le evidenze portino a concludere il contrario.
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