
Il 2 giugno si celebra la Giornata mondiale delle torbiere. Un’occasione per parlare di questi ecosistemi poco conosciuti e silenziosi, ma fondamentali per il clima, l’acqua, la biodiversità e la memoria del nostro Pianeta.
Ogni abitante della Terra utilizza oltre 11 tonnellate di materiali l’anno, un terzo dei quali diventa rapidamente un rifiuto e termina la sua breve esistenza in discarica. La popolazione mondiale continua a crescere (secondo le stime nel 2050 toccheremo i 9,7 miliardi), ma il consumo di materiali cresce a un ritmo doppio e, continuando con
Ogni abitante della Terra utilizza oltre 11 tonnellate di materiali l’anno, un terzo dei quali diventa rapidamente un rifiuto e termina la sua breve esistenza in discarica. La popolazione mondiale continua a crescere (secondo le stime nel 2050 toccheremo i 9,7 miliardi), ma il consumo di materiali cresce a un ritmo doppio e, continuando con gli attuali stili di vita, per quella data consumeremo risorse come se avessimo a disposizione non uno, ma tre pianeti. Si stima che la quantità di rifiuti generati dalla popolazione mondiale aumenterà del 70 per cento. Questo insostenibile modello economico, responsabile di buona parte della crisi climatica e ambientale che sta sconvolgendo il pianeta, va quindi progressivamente abbandonato, verso un modello di consumo che re-immetta in circolo le risorse: l’economia circolare.
Lo ha ricordato il Rapporto nazionale sull’economia circolare in Italia 2020, realizzato dal Circular economy network (Cen), in collaborazione con Enea, e presentato in occasione della Conferenza nazionale sull’economia circolare 2020.
È in questo contesto che la Commissione europea ha approvato un nuovo Circular economy action plan dedicato appunto all’economia circolare. Obiettivo dichiarato dal piano, che fa parte del più ampio green new deal, è spingere l’acceleratore sull’eco-progettazione (o eco-design) dei materiali. E quindi su una produzione in grado di riutilizzare le materie prime: al momento, infatti, solo il 12 per cento delle risorse impiegate trova una seconda vita. Per questo il piano si concentra su come contenere lo spreco di risorse, favorire il riuso, il riciclo e la riparazione degli oggetti e superare la logica del monouso.
Un problema centrale nell’ottica dell’economia circolare è rappresentato dagli imballaggi. Sempre in costante aumento: nel solo 2017, in Europa, se ne sono prodotti 173 kg l’anno per abitante. Sul tema dei rifiuti, il piano prevede che entro il 2030 gli imballaggi immessi nel mercato debbano essere totalmente riutilizzabili o riciclabili in modo sostenibile (riducendone quindi la complessità, per esempio l’utilizzo di componenti diverse che obbligano al conferimento nell’indifferenziato).
Sempre entro tale data sarà necessario, secondo il piano, rivedere il quadro legislativo in materia di riutilizzo. Ciò, da un lato, nell’ottica di sostituire imballaggi e oggetti monouso. Dall’altro, di armonizzare il sistema delle etichettature e rendere più semplice la raccolta differenziata. Non a caso, il piano parla di riduzione e prevenzione dei rifiuti da imballaggio, tema fondamentale per ridurre l’impatto sulle materie prime e limitare gli sprechi di risorse.
Un capitolo a parte merita la plastica, che rappresenta il 20 per cento del consumo complessivo di petrolio a livello mondiale. Cifra che, senza interventi, raddoppierà entro il 2050. Ecco allora che se da una parte sarà necessario ridurre la dipendenza dalle bottiglie di plastica, dall’altra si dovranno eliminare i prodotti monouso e sostituirli con alternative durevoli riutilizzabili e da bioplastiche biodegradabili o compostabili.
Fortunatamente, in termini di riciclo il nostro Paese è già tra le eccellenze mondiali, grazie alla crescita delle quantità di rifiuti trattate e all’aumento delle imprese che si occupano di riciclo. “Siamo primi, tra le cinque principali economie europee, nella classifica per indice di circolarità, il valore attribuito secondo il grado di uso efficiente delle risorse in cinque categorie: produzione, consumo, gestione rifiuti, mercato delle materie prime seconde, investimenti e occupazione”, si legge nel rapporto. Non resta che continuare così.
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