
L’etichetta di un alimento deve riportare la data di scadenza o il termine minimo di conservazione. Ecco la differenza e come comportarsi davanti a un cibo scaduto.
La scoperta attraverso analisi di laboratorio del Salvagente. Trovate tracce nel latte di antibiotici, cortisonici e antinfiammatori. Ecco da dove provengono e quali rischi comporterebbero.
Il latte vaccino è tra gli alimenti principali assunti da neonati e bambini e si dà quasi per scontato che sia un prodotto sicuro. Ora, però, alcune analisi condotte dal Salvagente, mensile d’informazione leader nei test di laboratorio, hanno rivelato la presenza nel latte delle mucche di una certa quantità di antinfiammatori, cortisonici e antibiotici.
I test sono stati condotti su 21 confezioni di latte fresco e Uht, comprate in supermercati e discount italiani, di diverse marche. Grazie all’utilizzo di un nuovo metodo di analisi realizzato dalle Università Federico II di Napoli e da quella spagnola di Valencia, sono state scoperte, in metà delle confezioni analizzate, tracce di farmaci: con più frequenza è stata rilevata la presenza di dexamethasone (un cortisonico), di neloxicam (un antinfiammatorio) e di amoxicillina (un antibiotico), in concentrazioni tra 0,022 mcg/kg e 1,80 mcg/kg. Le analisi del Salvagente hanno confermato i risultati di una ricerca condotta in precedenza dalle due università che riscontrava sostanze farmacologicamente attive nel 49 per cento dei 56 campioni di latte italiano analizzati. Due le domande che sorgono immediate: “Da dove provengono i residui di farmaci presenti nel latte?” e poi “Sono rischiosi per la nostra salute?”
“La ragione dell’uso di antibiotici come l’amoxicillina e dei coadiuvanti (cortisonici e antinfiammatori) è la frequenza con cui le vacche da latte contraggono le infezioni alle mammelle come la mastite” – ha spiegato al Salvagente Enrico Moriconi, veterinario e garante degli animali della Regione Piemonte. Queste e altri tipi di infezione, come quella da Escherichia coli, sono spesso conseguenze dell’alimentazione delle mucche con foraggi fermentati e mangimi, poco tollerati dagli animali che dovrebbero nutrirsi invece di erba e fieno.
Per quanto riguarda i rischi per la salute derivanti da un’assunzione continua di antibiotici anche in dosi basse e in regola con i limiti di legge, questi sono principalmente due: come si legge nelle spiegazioni degli esperti nell’inchiesta del Salvagente, il primo pericolo è che si sviluppino nell’organismo umano batteri antibiotico-resistenti, mentre il secondo è una possibile alterazione del microbiota intestinale che regola, ad esempio, il sistema digestivo e quello immunitario.
“Queste analisi – ha spiegato Riccardo Quintili, direttore del Salvagente – non vogliono essere una penalizzazione alle aziende nelle cui confezioni abbiamo trovato residui di farmaci. Al contrario molte di loro, informate del nostro test, si sono mostrate molto sensibili all’argomento e alle evoluzioni dei loro controlli rese possibili da questo nuovo metodo. Il nostro interesse era sollevare un potenziale rischio rimasto finora nell’ombra per trovare soluzioni rassicuranti per i consumatori”. Poiché dunque si tratta di un rischio ancora da esplorare, Antonio Limone, direttore generale dell’Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno, dalle pagine della rivista invita a non creare allarmismi: “Solo nei nostri laboratori, nel 2019, abbiamo analizzato oltre 5500 dati relativi al latte e non abbiamo riscontrato non conformità in relazione a questo argomento. Ben vengano gli studi a tutela della sicurezza alimentare per i cittadini consumatori su un tema così attuale e delicato, ma non dimentichiamo che l’Italia è un paese attento in materia e che esistono piani nazionali che monitorano costantemente tutte le produzioni alimentari”.
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