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Forest sharing mette in rete i piccoli proprietari di boschi per gestire al meglio tali risorse e produrre più benefici per l’ambiente e le persone.
Valorizzare ogni angolo del patrimonio forestale italiano, compresi gli spazi trascurati o abbandonati e i terreni parcellizzati tra piccoli proprietari, perchè ogni singolo ettaro può avere un impatto positivo per tutti gli esseri viventi: questo è l’obiettivo di Forest sharing, un piattaforma online realizzata dalla startup Bluebiloba per prendersi cura di boschi e foreste. Tale realtà fa parte dell’ecosistema di LifeGate Way, la controllata del gruppo dedicata a startup naturalmente sostenibili.
Il patrimonio forestale italiano è molto abbondante: è costituito da oltre 9 milioni di ettari di foreste e da quasi 2 milioni di ettari di altre terre boscate. Nel suo insieme copre il 36,7 per cento del territorio nazionale, una percentuale che supera il 50 per cento in alcune regioni e province autonome. La Strategia forestale italiana, appena formulata, testimonia che la superficie forestale è aumentata costantemente nell’ultimo secolo, grazie soprattutto alla colonizzazione spontanea di aree marginali, aperte o di ex coltivi.
Prima ancora di piantare nuovi alberi, dunque, dovremmo prenerci cura delle risorse che già abbiamo. Questo permette di esprimere al massimo i servizi ecosistemici, cioè i molteplici benefici forniti all’uomo, come l’assorbimento della CO2, la biodiversità, la mitigazione climatica, l’impollinazione, la riduzione degli inquinanti nell’aria e la fitodepurazione delle acque, così come la stabilizzazione dei pendii.
Secondo una ricerca di Fondazione Symbola, un bosco curato assorbe il 30 per cento di CO2 in più rispetto a uno lasciato a se stesso. In maniera analoga, può avere un impatto positivo sulla resa economica e sociale di infrastrutture come gli impianti idroelettrici, diffusi a macchia d’olio nel nostro territorio. Le radici infatti stabilizzano il terreno, riducendo il rischio di caduta di pietre e rocce e i danni che ne conseguono.
Le esigenze legate ai servizi ecosistemici, così come l’utilità pubblica degli spazi verdi, vanno coniugate con quelle economiche del proprietario. Rendere produttivo un bosco significa non solo sfruttarlo per la produzione di legna, creando una filiera a km zero, ma anche destinarlo a finalità ricreative come il trekking, il turismo sostenibile, i parchi avventura. Ci sono anche finalità conservative che puntano a mantenere e ripopolare il bosco, magari recuperandolo dopo periodi di abbandono
Tutto questo, però, presuppone competenze che non vanno date per scontate. Per chi non se ne intende, possedere un bosco può comportare molte spese e questioni burocratiche, senza però ottenere in cambio vantaggi tangibili. Insomma, può essere un’occasione persa. Forest sharing si rivolge proprio ai proprietari che non sono tecnici o professionisti e punta a creare un movimento dal basso di persone consapevoli e attive, capaci di valorizzare la risorsa che hanno tra le mani senza trascurare neanche un ettaro. La stessa Strategia forestale nazionale indica come una debolezza proprio l’elevata frammentazione delle proprietà forestali e la ridotta dimensione aziendale con scarsa propensione alla gestione associata e all’adeguamento gestionale, strutturale e produttivo.
Proprio per risolvere questo problema, un gruppo di giovani ricercatori nel settore forestale, imprenditori e professionisti ha fondato Forest sharing, sviluppatasi grazie a un percorso di incubazione dell’università di Firenze. La piataforma online ha l’obiettivo di mettere in rete i proprietari di boschi e foreste, renderli più consapevoli, favorire lo scambio di competenze e informazioni con i professionisti del settore e insieme ottimizzare e semplificare la gestione di queste risorse. Forest sharing permette infatti di accorpare le piccole e medie proprietà forestali non gestite e intervenire su di esse in modo sostenibile. Attraverso le economie di scala diventa possibile sfruttare i più innovativi strumenti della ricerca scientifica e della selvicoltura di precisione, nonché tecnologie come droni o sensori per la telerilevazione.
Registrandosi nella piattaforma, il piccolo proprietario entra a fare parte della community. In questo modo incontra altri proprietari, accede a competenze condivise e a una rete di consulenti e aziende, dalle imprese boschive agli studi di progettazione e consulenza, dalle associazioni di trekking ai costruttori di parchi avventura.
È il proprietario a decidere quali modalità di gestione adottare per il suo bosco e a quali finalità dedicarlo. Dopodiché può affidarsi anche ai tecnici di Forest sharing, i quali analizzano le caratteristiche dell’area e propongono le soluzioni migliori nel rispetto delle normative e dei princìpi della sostenibilità. Aggregare i terreni forestali permette loro di avere uno sguardo più ampio, sfruttare le economie di scala ed evitare di parcellizzare gli interventi.
Forest sharing mette in campo competenze molto avanzate, legate per esempio alla selvicoltura di precisione che utilizza tecnologie innovative per il rilevamento e l’acquisizione di dati per ottimizzare le attività sul campo.
La startup si occupa anche di rilievi con droni e realizzazione di mappe, monitoraggio dello stato degli argini e dei processi erosivi dei terreni, progettazione di interventi basati sul contributo della vegetazione alla difesa del suolo, gestione e messa in sicurezza delle alberature urbane. Spingendo il proprio raggio d’azione oltre il lavoro sul campo, Forest sharing offre consulenza per la partecipazione a bandi regionali ed europei. Un suo ramo d’interesse sono anche le iniziative per attirare lavoratori in smart working e nomadi digitali, così da evitare lo spopolamento delle aree interne: anche questo significa valorizzare il territorio.
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