Un’area di 513.016 chilometri quadrati di foresta amazzonica andata distrutta fra il 2000 e il 2018, equivalente alla superficie della Spagna. È il dato più clamoroso che emerge dall’ultimo aggiornamento di Amazzonia sotto pressione, un report della coalizione di ong Red amazónica de información socioambiental georreferenciada (Raisg). Un lavoro imponente, a cui hanno contribuito dieci team di ricerca, mettendo a punto 23 mappe della regione e incrociandole con decine di grafici e tabelle. Il loro obiettivo? Trasmettere un’idea chiara delle condizioni in cui versa il polmone verde del Pianeta e delle minacce che incombono sul suo futuro.
Perso l’8 per cento della foresta amazzonica in 18 anni
Attività estrattive legali o illegali, agricoltura e allevamento, costruzione di strade e dighe. Questi i fattori che hanno contribuito alla perdita dell’8 per cento della foresta amazzonica tra il 2000 e il 2018. Il tasso di deforestazione è stato molto più alto nei primi 12 anni analizzati, raggiungendo il suo picco nel 2003 con la distruzione di oltre 49mila chilometri quadrati di vegetazione (per fare un paragone, l’Estonia si estende su 45mila chilometri quadrati). Da allora il fenomeno si è gradualmente ridimensionato, arrivando a “soli” 17.647 chilometri quadrati di foresta persi nel 2010. A partire dal 2015, però, la curva è tornata a salire. Il 2018 è al quinto posto nella classifica degli anni peggiori, con oltre 31mila chilometri quadrati di ecosistema sacrificati, poco più della superficie del Belgio.
La foresta amazzonica sacrificata per fare posto a strade, miniere e pascoli
L’analisi dei trend in corso desta anche parecchie preoccupazioni per il futuro. Un futuro in cui la parte brasiliana della foresta amazzonica – la più vasta in assoluto, con 5,2 milioni di chilometri quadrati su un totale di 8,4 milioni – sarà gestita dall’amministrazione di Jair Bolsonaro, dimostratosi più vicino al mondo dell’agroindustria che ai popoli indigeni, definiti dal report come “cruciali” per la tutela della biodiversità.
Attualmente il 33 per cento del territorio forestale è sottoposto a minacce definite “gravi” o “molto gravi”, soprattutto tra Ecuador, nord del Venezuela e sud del Brasile. Negli ultimi anni sono state costruite strade soprattutto in Colombia, Perù e Venezuela, arrivando a una densità media di 18,7 chilometri ogni 1.000 chilometri quadrati di foresta. Gli esperti hanno conteggiato 177 impianti idroelettrici e 84.767 zone minerarie estese su 1,4 milioni di chilometri quadrati (una superficie complessiva che però è diminuita dell’11 per cento nel periodo considerato). Quasi 4.500 le località in cui le estrazioni sono illegali. In aumento anche i siti petroliferi.
Gli incendi che l’anno scorso hanno lasciato impietrita la comunità internazionale sono tutt’altro che episodi isolati: tra il 2001 e il 2019 addirittura il 13 per cento dell’Amazzonia è stato in qualche misura interessato dai roghi. Secondo le analisi di Raisg, agricoltura e allevamento restano comunque i fattori di rischio primari: a loro è imputabile l’84 per cento della deforestazione.
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