La proposta di togliere la scadenza all’autorizzazione delle sostanze attive dei pesticidi è contenuta in un pacchetto semplificazione della Commissione. Per gli ambientalisti in questo modo il profitto dell’industria prevale sulla salute.
A Bologna nell’ambito del Salone internazionale del biologico e del naturale, si sono svolti gli stati generali del bio che si sono conclusi con la presentazione del Manifesto bio 2030, all’insegna di trasparenza e innovazione.
La trentunesima edizione del Sana, Salone internazionale del biologico e del naturale, a Bologna dal 6 al 9 settembre 2019, si è aperta con la presentazione del Manifesto bio 2030, un importante momento di confronto che rappresenta la naturale conclusione degli stati generali del bio, iniziativa che in questa sua prima edizione si è intitolata Dalla rivoluzione verde alla rivoluzione bio.
#SANA19 | #RivoluzioneBio | Al via la seconda giornata di lavoro con la presentazione del “Manifesto del #Bio 2030”.
Introduzione e moderazione a cura di @luigi_gia, caporedattore de @RepubblicaAF pic.twitter.com/txEcSIKW0G
— sanafiera (@sanafiera) September 6, 2019
Rivoluzione bio è una due giorni svoltasi il 5 e il 6 settembre presso il Palazzo dei Congressi del polo fieristico bolognese, che ha visto avvicendarsi sul palco tantissimi ospiti con confronti di altissimo livello, chiamati a delineare le scelte strategiche per il futuro dell’agricoltura.
Promosso da BolognaFiere in collaborazione con FederBio e AssoBio, con il sostegno di ITA, italian trade agency, e a cura di Nomisma, l’evento aveva lo scopo di stimolare una riflessione profonda sul ruolo del biologico nell’agricoltura italiana, ma anche sulla sua correlazione con fattori essenziali come la biodiversità, la protezione delle acque e i cambiamenti climatici.
Da settore di nicchia qual era, il biologico negli ultimi anni è diventato sempre più importante: in Italia come nel resto del mondo aumentano i produttori, i consumatori sono sempre più consapevoli dei vantaggi dei prodotti bio e cresce l’attenzione del legislatore. In un contesto di forte dinamismo come questo, è fondamentale fare il punto della situazione e individuare gli obiettivi a cui tendere nel prossimo futuro. Gli stati generali del bio nascono proprio con questo obiettivo. Nella prima giornata si sono affrontati, con un approccio multidisciplinare, temi di fondamentale interesse per il futuro dell’agricoltura biologica, mentre nella seconda giornata è stato presentato il frutto del lavoro del continuo confronto fra le principali istituzioni e gli attori nazionali e internazionali della filiera bio: il Manifesto bio 2030.
Un manifesto per tracciare il futuro del biologico da qui al 2030, “presentato grazie alla collaborazione e alla consultazione di tanti esperti e stakeholder”, come ha detto in fase di presentazione il professor Angelo Frascarelli, presidente Advisory Board. Un documento necessario per sottolineare l’importanza del bio per la collettività e per la produzione dei beni pubblici e per riaffermare il ruolo dell’agricoltura nelle politiche. Dieci punti che illustrano un vero e proprio piano programmatico a supporto di valutazioni di policy e per cogliere le sfide e le opportunità del settore biologico. Infine, un testo “aperto” che verrà integrato con le riflessioni e gli spunti emersi proprio durante i dibattiti della due giorni di Rivoluzione bio, a dimostrazione della forte connotazione propositiva di questi stati generali.
Il primo punto del manifesto non poteva non essere dedicato agli obiettivi che in questo momento accomunano tutta la società e la politica, ossia quelli legati alla cosiddetta sfida climatica. Il modello agricolo biologico, per sua natura, ha fra i propri obiettivi il miglioramento del suolo, la tutela della biodiversità e delle acque e il benessere animale, tutti elementi che concorrono al contrasto al cambiamento climatico e a rendere resiliente l’agricoltura. La progressiva transizione al modello bio, dunque, è una delle vie da percorrere per aumentare la probabilità di raggiungere, entro il 2030, i diciassette obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
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Ma il manifesto prosegue toccando punti specifici come il consolidamento degli elementi distintivi del biologico lungo tutto il ciclo di vita del prodotto e il rafforzamento degli standard e del sistema di controllo, nonché di tracciabilità e trasparenza, grazie anche all’introduzione delle etichette digitali. Si parla di rigore anche in relazione alle sementi bio, altro grande tema del manifesto, la cui produzione deve essere stimolata in modo da incentivarne l’utilizzo. Una pagina a sé è dedicata alla zootecnia, che viene vista come una frontiera strategica per l’agricoltura biologica e come grande opportunità per il nostro Paese, considerando che alcune aree italiane, come l’arco alpino e appenninico, sono salvaguardabili dallo spopolamento proprio tramite la zootecnia. Un’attenzione particolare è data poi all’innovazione e alla rivoluzione digitale, applicabili in maniera esemplare all’agricoltura biologica in relazione al biocontrollo, ai modelli previsionali, alla ricerca per un miglioramento genetico (il quale non è direttamente ed esclusivamente connesso agli interventi sul genoma) e all’utilizzo della meccanica di precisione e della sensoristica.
All’interno del manifesto, l’agricoltura biologica è identificata come un vero e proprio modello di sviluppo territoriale che garantisce sviluppo rurale, economia circolare, servizi ecosistemici e il suo ruolo viene riaffermato tramite la parola chiave dei “distretti biologici” che rappresentano un elemento di differenziazione territoriale che necessita di un riconoscimento all’interno delle politiche di sviluppo rurale tramite normative nazionali che, ad oggi, ancora non esistono.
L’ultimo punto del manifesto è interamente dedicato alla comunicazione al consumatore, tema cruciale perché poco sfruttata nel nostro Paese, ma di fondamentale importanza visto che il successo del biologico in Italia è proprio decretato dal consumatore, che va informato per poter fare scelte consapevoli. Una comunicazione che deve veicolare i valori della filiera corta, la trasparenza del settore e anche le modalità di formazione del prezzo. Una comunicazione che si declina nell’educazione alimentare diffusa rivolta a tutti i consumatori, ma con particolare attenzione al mondo della scuola, per far conoscere anche ai più piccoli il valore del bio.
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