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Scaraventati su rulli industriali, tritati vivi se malati o feriti. L’indagine di Essere Animali mostra per la prima volta un incubatoio di pulcini, dove nascono i polli da carne.
Un’infiltrata dell’associazione Essere Animali è stata assunta in una grande azienda italiana e ha filmato, con una telecamera nascosta, la routine lavorativa delle “fabbriche di pulcini”. Le immagini, diffuse e raccontate sui principali media, documentano le prime ore di vita di 525 milioni di polli allevati per la carne nel nostro paese.
Per far nascere un numero così elevato di animali è necessario sacrificare ogni forma di empatia o pietà nei loro confronti. I ritmi di lavoro degli incubatoi sono infatti così intensi che sopra i nastri trasportatori, ricolmi di animali, i pulcini rischiano il soffocamento. Le operaie sono costrette a manipolarli con brutalità e viene insegnato loro a non prestare attenzione a chi cade dai rulli o rimane incastrato, che morirà schiacciato. I pulcini malati o feriti, per cui è impensabile il trasporto sino agli allevamenti intensivi, sono tritati vivi in un maceratore. Difficile credere che un trattamento così disumano sia legale, eppure è così.
Dietro queste crudeltà sistematiche vi sono precise responsabilità dell’industria della carne, ma anche della politica che ha autorizzato pratiche così violente. Sostenere che queste siano inevitabili per garantire un consumo di 15,33 chili pro capite di carne di pollo all’anno è un’affermazione in un certo senso vera, ma fuorviante. È vera perché la produzione industriale di carne, come già documentato in molte altre indagini, è causa di spaventose sofferenze per milioni di animali.
Ma è fuorviante perché sposta in modo sottile il peso delle responsabilità verso il consumatore, mentre le scelte di quest’ultimo non sono avvenute in piena libertà. Prima di tutto siamo permeati da una cultura in cui mangiar carne è considerato normale, necessario e naturale, aggettivi ampiamente smentiti dalla scienza della nutrizione. Inoltre dal packaging dei prodotti, sino alle dichiarazioni ufficiali, tutti gli addetti ai lavori ci hanno sempre rincuorato sul benessere animale.
A dirla tutta i consumatori hanno una responsabilità, ma più che nell’essere parte del problema, nell’essere parte della soluzione al problema.
Come? Boicottando un sistema perverso in cui gli animali sono considerati alla stregua di merci in una catena di montaggio, evitando o perlomeno limitando il consumo di carne. E di fronte alle immagini dell’incubatoio, pare questo al momento l’atteggiamento veramente normale, necessario e naturale.
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