Leadership sostenibile, il nuovo orizzonte per il mondo del lavoro

I leader di oggi devono sempre più essere in possesso di nuove e specifiche competenze per guidare la transizione verso un’economia inclusiva e net zero.

  • I dati che monitorano gli avanzamenti su tutti gli Obiettivi di sviluppo sostenibile non sono incoraggianti: secondo il rapporto Istat Sdgs 2022, nel nostro paese il 23 per cento dei goal dell’Agenda 2030 è ancora in una fase di stallo e il 27 per cento registra un peggioramento.
  • Ma il raggiungimento degli Sdgs, insieme agli obiettivi proposti dal Green deal europeo, oggi è più urgente che mai: oltre a garantire un miglioramento della vita in generale, lo sviluppo sostenibile è fondamentale per le aziende anche per acquisire un vantaggio economico.
  • La leadership è uno degli elementi chiave: per questo motivo sempre più spesso si parla di leadership sostenibile.

In un periodo storico di forti cambiamenti, i leader devono affrontare sfide senza precedenti e interconnesse: c’è sempre più bisogno di una leadership che dia un orientamento, ripristini la fiducia e spinga ad azioni positive per un futuro positivo. La leadership diventa, così, uno degli elementi chiave per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile e sempre di più si parla, infatti, di leadership sostenibile. Ma, a che punto sono i manager europei sullo sviluppo sostenibile?

Questione di leadership (sostenibile)

Secondo lo studio Leadership sostenibile in Europa, commissionato nel 2020 dalla Confederazione europea dei manager (Cec european managers) e condotto dal professor Alberto Pastore e dal suo team dell’università La Sapienza di Roma, che ha coinvolto 1.500 manager di sei paesi dell’Ue, pur dichiarandosi attenti ai principi e ai temi della sostenibilità, molti manager europei ne hanno una conoscenza superficiale. Lo studio sottolinea la distanza tra le ambizioni degli intervistati – che generalmente si dichiarano molto sensibili alle tematiche di sostenibilità – e la realtà manageriale nella pratica.

Sebbene alcuni concetti e conoscenze inizino a essere presenti nel posto di lavoro, i valori e le competenze di sostenibilità non sono ancora del tutto integrati nell’ambiente aziendale: per esempio, solo il 4 per cento dei dirigenti ha affermato di integrare la sostenibilità economica e di governance nella propria gestione quotidiana.

Eppure, ogni giorno e in un clima di profonda incertezza e rapida evoluzione, in Europa quasi dieci milioni di manager prendono centinaia di decisioni che hanno un impatto diretto sull’ambiente, sulla società e sull’economia. È chiaro che i leader di oggi dovrebbero essere sempre più in possesso di nuove e specifiche competenze per poter guidare al meglio la transizione verso un’economia più inclusiva e net zero.

Il clima, l’ambiente, la salute, la parità di genere e l’istruzione sono solo alcuni dei problemi che dobbiamo affrontare. Ecco perché abbiamo bisogno di leader capaci di agire, di leader che osano e che impostano una direzione sostenibile senza esitazioni.

Torkild Justesen, segretario generale Cec

Leadership sostenibile e opportunità di mercato

Per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità, è necessaria una strategia in grado di gestire i cambiamenti in atto dei modelli di business, dei modelli di lavoro e dell’economia in generale. Il fulcro sta nel favorire il passaggio da una leadership tradizionale a una leadership sostenibile, ossia centrata sui valori della sostenibilità.

In un contesto segnato dall’instabilità economica, dalla crisi della biodiversità e dalla polarizzazione sociale, pensare a un nuovo modello di leadership sostenibile è oggi fondamentale non solo per adeguare le organizzazioni alle nuove normative vigenti, ma soprattutto per acquisire un vantaggio economico: diversi studi dimostrano che le imprese sostenibili sono anche più resilienti, innovative e competitive.

Il nuovo approccio permette anche di andare incontro alle esigenze delle nuove generazioni che stanno entrando nel mercato del lavoro con valori, prospettive e aspettative molto diverse rispetto a quelle precedenti e che posseggono comportamenti di consumo molto meno indulgenti verso le aziende che non si comportano secondo i loro valori fondamentali. E tra questi, ci sono anche quelli di sostenibilità: secondo dati Accenture, per il 63 per cento delle persone appartenenti alla generazione z e alla generazione y acquistare prodotti e servizi in modo etico è il primo fattore di fidelizzazione aziendale.

  • L’83 per cento dei consumatori dell’Unione europea ritiene l’impatto del prodotto sull’ambiente un elemento importante quando sceglie i prodotti – Eurobarometro, 2019
  • La transizione ecologica porterà 380 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2030 – Commissione per le imprese e lo sviluppo sostenibile, 2017
  • Uno stile di vita sostenibile permetterà di far risparmiare 38 miliardi di euro ogni anno sui costi sanitari entro il 2050 per gli Stati membri dell’Ue – Commissione europea, 2020

L’importanza della formazione per un nuovo standard di leadership

La sfida per il futuro è, dunque, anche una sfida di leadership: meno di un terzo dei manager intervistati dallo studio Leadership sostenibile in Europa hanno associato la leadership e la governance alla sostenibilità e, a fronte di un 43 per cento di manager europei che condividono valori sostenibili, solo il 17 per cento ha dichiarato di essere stato istruito, formato o educato alla sostenibilità.

È per questo che, oggi più che mai, è necessario investire in istruzione e formazione, in modo che tutti i leader dispongano degli strumenti e del quadro di riferimento necessari per integrare la sostenibilità nelle attività delle proprie organizzazioni, pubbliche e private.

Non possiamo cambiare il mondo usando lo stesso pensiero che ha creato i nostri problemi. Dobbiamo riesaminare noi stessi e vedere i nostri effetti nel mondo.

Carol Sanford, Sustainable Leaders’ Summit 2021

A questo scopo, Cec ha prodotto il report Mainstreaming sustainable leadership, che fornisce un’analisi dei valori, delle competenze e delle pratiche già messe in atto dalla classe dirigente europea relativamente allo sviluppo sostenibile, ma soprattutto definisce un programma di formazione per i manager europei.

Se l’approccio generico è ormai noto, i quadri intermedi ritengono che i manager senior diffondano gli obiettivi di sostenibilità all’interno delle imprese in maniera inadeguata o insufficiente. I manager europei mostrano diverse lacune in diverse aree, come quelle relative agli obiettivi di sostenibilità globali, alle normative, alla sostenibilità economica e alla governance. Per esempio, mostrano scarsa familiarità con gli stessi Obiettivi di sviluppo sostenibile o con il Green deal europeo.

Secondo il report, le misure europee dovrebbero includere, ad esempio, incentivi fiscali per garantire l’aggiornamento dei lavoratori e dei dirigenti: sempre più spesso i leader dovranno diventare “influencer, formatori e facilitatori per la trasformazione sostenibile delle loro organizzazioni” e, per accompagnarli, la formazione sulla leadership sostenibile dovrebbe essere integrata nella formazione dei dirigenti con percorsi di sviluppo che possano potenziare sia competenze tecniche e specifiche, particolarmente rilevanti per l’economia verde, che competenze manageriali generiche, come la leadership strategica, le capacità di innovazione, la creatività e la gestione delle risorse, e soft skills, come le doti relazionali, comunicative e di team.

Green deal e carbon neutrality

Fino a qualche anno fa, era lecito avere l’impressione per cui soltanto le imprese più preparate, visionarie e proattive fossero pronte ad affrontare la transizione sostenibile. Ora non è più così: questo è un compito che riguarda tutti, un compito che le istituzioni nazionali e sovranazionali hanno messo in cima alla lista delle priorità.

L’11 dicembre 2019 la Commissione europea pubblicava il documento con il quale presentava ai cittadini il Green deal europeo, una delle iniziative chiave del mandato della sua nuova presidente Ursula von der Leyen. In sostanza, il Green deal èun piano ambizioso che definisce le azioni da attuare in diversi settori e in maniera trasversale (clima, energia, agricoltura, industria, trasporti, fiscalità ecc.) per migliorare la qualità della vita delle persone, affrontando le sfide per il futuro date dall’ambiente e dai cambiamenti climatici.

L’obiettivo del Green deal è quello di finanziare la transizione ecologica per rendere l’economia europea moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva, garantendo la neutralità carbonica entro il 2050, con alcuni obiettivi intermedi, come la diminuzione di almeno il 55 per cento delle emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, e la piantumazione di 3 miliardi di alberi entro il 2030. Il documento fornisce una tabella di marcia con iniziative per promuovere l’uso efficiente delle risorse, passando a un’economia di tipo circolare, e fermare i cambiamenti climatici, ripristinare la perdita di biodiversità e ridurre l’inquinamento.

Il Green deal europeo ha segnato, e segna tuttora, la direzione del percorso che l’Europa ha intrapreso negli ultimi anni. L’impegno ambientale non è venuto meno neppure davanti alla Covid-19, anzi, ha caratterizzato il punto di partenza del post pandemia: un terzo degli investimenti del piano di ripresa Next generation Eu, infatti, finanzia il Green deal.

La sfida per il futuro della leadership sostenibile
La sfida per il futuro è anche una sfida di leadership. Eppure, meno di un terzo dei manager intervistati dallo studio Leadership sostenibile in Europa hanno associato la leadership e la governance alla sostenibilità © iStock

Green deal e Agenda 2030: dove siamo?

Anche se il Green deal è datato 2019, l’ambiente come pilastro fondamentale della strategia della Commissione europea ha radici più lontane e la connessione tra Green deal europeo e Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile è piuttosto evidente: il Green deal è, infatti, il documento ufficiale con cui l’Europa ricalcola e calibra le tre dimensioni della sostenibilità (economica, sociale e ambientale) già indicate dalle Nazioni Unite nel 2015 e propone iniziative specifiche per il raggiungimento dei diciassette Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdgs).

Ma, a sei anni dalla sottoscrizione dell’Agenda 2030 da parte di 193 paesi membri dell’Onu, a che punto siamo? Gli Sdgs hanno avuto l’impatto politico sperato all’interno della governance nazionale e globale per affrontare sfide urgenti come l’eliminazione della povertà, la giustizia sociale e la protezione dell’ambiente?

A confermare la discrepanza tra le aspirazioni formali e il loro reale impatto trasformativo ci ha pensato uno studio apparso la scorsa estate sulla rivista scientifica Nature. In generale, l’impatto esiste soprattutto a livello “discorsivo”: gli Sdgs hanno modificato i dibattiti globali e nazionali attraverso riferimenti espliciti a obiettivi, traguardi o disposizioni generali dell’Agenda 2030 e hanno influenzato il modo in cui gli attori comprendono e comunicano lo sviluppo sostenibile, ma l’impatto normativo e istituzionale più profondo – dall’azione legislativa alla modifica dell’allocazione delle risorse – rimane raro e principalmente a livello locale.

Quelle che mancano, dunque, sono riforme concrete e il rischio di un impatto che rimane solo a livello discorsivo è quello di cadere nel Sdg washing, ossia quella pratica sulla scia del greenwashing per cui aziende e privati che non hanno mai perseguito il benessere ambientale e sociale ora comunicano la loro adesione agli Obiettivi di sviluppo sostenibile per ripulire la loro immagine alla luce delle nuove priorità del dibattito pubblico globale.

Insomma, per realizzare la trasformazione economica e sociale necessaria al raggiungimento degli Sdgs, la parola d’ordine è leadership sostenibile.

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