
Per la prima volta nel 2025 si celebrano le più grandi fonti di acqua dolce del pianeta, che fronteggiano la sfida dei cambiamenti climatici.
15 mila nuovi alberi piantumati per ripristinare una zona prima ricca di foreste. Dagli anni ’80 decine di ettari son stati rasi al suolo.
La descrivono come una zona incontaminata, un vero paradiso terrestre i tibetani che lì ci vivevano. Ma dopo l’occupazione non è più così. Alberi e legname sono stati sfruttati per anni, tanto da far sparire intere foreste. Però, dallo scorso 18 aprile, i monaci del monastero Dzogchen nella regione dello Sichaun, insieme alla comunità tibetana, hanno iniziato a piantare migliaia di nuovi alberi, per riforestare le colline attorno al luogo di preghiera.
Avviata dal lama Tenzin Lungtok Rinpoche la campagna di riforestazione prevede di piantare almeno 15 mila alberi “per combattere il cambiamento climatico e proteggere l’ambiente”, riporta una fonte anonima sentita da Rfa (Radio free asia). La zona boschiva infatti è stata pesantemente deturpata fin dagli anni ’60. Interi declivi oggi sono brulli, deserti, non più in grado di trattenere l’acqua e termoregolare l’ambiente circostante.
La Cina “ha visto nelle grandi foreste di Kham una risorsa gratuita da sfruttare, senza nemmeno la necessità di costruire strade”, ha dichiarato Gabriel Lafitte, australiano esperto della regione. “L’alternativa più semplice è stata quella di radere al suolo interi pendii dal basso fino alla cima e far rotolare i tronchi degli alberi fino ai fiumi sottostanti”. Dalla fine degli anni ’90 il taglio è vietato, ma poco o nulla è stato fatto per ripristinare la zona.
Anche la massima autorità spirituale tibetana si dice preoccupata per come è oggi la terra natia. Racconta che “qualche migliaio di tibetani provenienti dall’India sono andati a far visita alle proprie terre. Quando sono tornati, hanno tutti raccontato la stessa storia. Hanno detto che circa quaranta o cinquanta anni fa c’erano enormi foreste che coprivano le loro aree d’origine. Ora tutte queste montagne ricche di boschi sono diventate calve come la testa di un monaco”.
Il Dalai Lama parla di cambiamento climatico e di cicli naturali modificati, così come accade quando interi habitat vengono distrutti. Non solo Amazzonia o Sumatra, quindi. “La deforestazione su larga scala in Tibet è una questione di grande tristezza. Non è solo triste per quell’area, che ha perso la sua bellezza, ma anche per la popolazione locale, che ora ha difficoltà a raccogliere legna da ardere”, spiega il Dalai Lama. “La deforestazione dell’altopiano tibetano, secondo gli esperti, cambierà la quantità di riflessione dalla neve nello spazio (le zone boschive assorbono più radiazione solare) e questo influenzerà il monsone nei prossimi anni, non solo in Tibet, ma in tutte le aree circostanti”. Spiegando ancora una volta come sulla Terra sia tutto in perfetto equilibrio.
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