
Secondo il primo studio a indagare le cause del crollo della Marmolada, costato la vita 11 persone, l’evento è dovuto in gran parte alle alte temperature.
In Niger, il fiume Yobe è straripato in una zona dove dovrebbe prevalere il deserto, costringendo 23mila persone a lasciare le proprie case.
23mila persone sono state costrette a lasciare le loro abitazioni dall’inizio del mese in Niger a causa delle continue inondazioni. Lo hanno dichiarato sabato 19 ottobre le autorità della regione di Diffa, nel sudest del paese.
Diffa è una delle zone che è stata maggiormente colpita dalle piogge, ma in realtà dovrebbe essere caratterizzata da un clima semi-desertico.
Le abbondanti piogge hanno fatto strabordare il fiume Yobe, lungo più di un chilometro, che segna il confine per 150 chilometri tra Niger e Nigeria ed è un immissario del lago Ciad.
#Debordement de la #Komadougou yobé causant une #inondation á #Diffa au #Niger @OCHA_Niger @WFP_Niger @ICRC @PresidenceNiger pic.twitter.com/JtUBxlZlJz
— Semas Elh Mamane (@elh_semas) October 18, 2019
Venerdì 18 ottobre, l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (Ocha) in Niger aveva avvisato le autorità che i livelli del fiume erano 60 centimetri sopra il livello di allerta. Durante il fine settimana, il fiume non ha retto all’inusuale quantità di acqua e ha travolto i villaggi e i campi circostanti.
La radio nazionale, La voix du Sahel, la voce del Sahel, ha annunciato che solamente durante la giornata di “domenica due villaggi sono stati completamente inondati costringendo 2.500 persone a lasciare le proprie abitazioni”.
“Sono giorni che stiamo cercando di fermare l’acqua, ma è tutto inutile. Avevamo messo dei sacchi di sabbia come diga per proteggerci, ma sono stati completamente sommersi”, ha raccontato un coltivatore di riso ad Agence france presse.
Da giugno a settembre, il governo ha stimato che le inondazioni hanno ucciso quasi sessanta persone e hanno dato vita a 130mila incidenti su tutto il territorio nigeriano.
Eventi metereologici estremi sono comuni in tutto il paese. A settembre, la capitale Niamey è stata inondata dalle acque del Niger, il terzo fiume più grande dell’Africa, che sono salite ad un livello che non si vedeva da più di cinquant’anni e hanno sommerso intere parti della città.
L’Ocha ha affermato che la situazione di settembre ha messo a dura prova le dighe dei vicini Burkina Faso e Mali che non hanno retto all’inusuale quantità di acqua e hanno allagato i territori circostanti.
Le continue inondazioni stanno inoltre aggravando una crisi umanitaria esasperata dai conflitti armati di diversi gruppi terroristici presenti nella regione.
Leggi anche: Sulle sponde del lago Ciad, la crisi umanitaria più complessa dei nostri giorni
Niger, Burkina Faso, Ciad, Mali e Mauritania, sono anche stati colpiti da violenti attacchi di gruppi terroristici islamici, quali Boko Haram. Lo scorso anno, lunghi periodi di siccità alternati a forti inondazioni hanno portato ad una crisi alimentare che ha fomentato svariati episodi di violenza e ha lasciato il 10 per cento della popolazione in condizioni critiche.
Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), la regione conta oggi 120mila rifugiati e 109mila sfollati interni.
Fino ad oggi, il paese è stato caratterizzato da un clima arido che a alternava stagioni di siccità a stagioni più piovose. Ultimamente, con l’aumento della temperatura media globale, le piogge hanno raggiunto livelli mai registrati prima che hanno colpito aree non abituate a far fronte a questo genere di fenomeni. La popolazione si è trovata a passare da mesi completamente secchi a vedere le proprie case spazzate via dalla forza dell’acqua. Ad aggravare questo quadro, numerosi gruppi terroristici approfittano costantemente delle difficoltà del paese per sfruttare persone già ridotte allo stremo, intrappolando il Niger in una situazione di crisi costante.
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