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Con l’approvazione di un emendamento al decreto siccità, l’Italia dà l’ok per la sperimentazione in campo dei nuovi ogm. “Una svolta epocale”, come l’ha definita il governo, a cui si oppongono le associazioni ambientaliste.
L’Italia apre all’utilizzo in agricoltura delle Tecniche di evoluzione assistita (Tea), in inglese New genomic techniques (Ngt), definite in gergo nuovi ogm. La sperimentazione in campo aperto da parte degli scienziati ha avuto il via libera nelle commissioni congiunte Agricoltura e Ambiente del Senato con l’approvazione all’unanimità di un emendamento al decreto legge siccità.
Le Tea sono tecniche di miglioramento genetico applicate all’agricoltura: si tratta di mutagenesi e la cisgenesi che, a differenza della transgenesi dei vecchi ogm, modificano il genoma di una specie senza inserire Dna estraneo. Secondo i fautori, possono rendere le coltivazioni più resistenti, ad esempio, ai parassiti e alla malattie, e meno bisognose di sostanze chimiche e acqua contribuendo così a un’agricoltura più sostenibile in un contesto di cambiamenti climatici e sicurezza alimentare a rischio.
L’approvazione dell’emendamento è stata annunciata dal presidente della Commissione Industria, agricoltura e produzione agroalimentare, Luca De Carlo (FdI), primo firmatario dell’emendamento, che l’ha descritta “come una svolta epocale per il mondo agricolo, un obiettivo condiviso da tutti e che ha abbattuto le ideologie per favorire il progresso e la ricerca”.
Soddisfazione è stata espressa dal mondo della ricerca, in primis da Carlo Gaudio, presidente del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea) che ha coordinato Biotech, il più importante progetto di ricerca pubblica per lo sviluppo delle Tea in agricoltura: “Le attività di ricerca già svolte nei laboratori dei nostri centri hanno dimostrato risultati straordinari che ora possiamo mettere alla prova in campo”, ha detto. “La ricerca è vitale per il progresso, per l’innovazione e per lo sviluppo della conoscenza, e mai come ora in agricoltura, in uno scenario di cambiamenti climatici cosi preoccupante, l’innovazione genetica è indispensabile a garantire la competitività e la sostenibilità delle produzioni agricole nazionali”.
Plausi anche da Copagri secondo cui “le Tea non vanno assolutamente confuse con i vecchi ogm transgenici, in quanto non fanno altro che accelerare ciò che già avviene in natura, ovvero la selezione delle piante che meglio si adattano a determinati contesti”, e da Confagricoltura che ha parlato di “fine di un lungo periodo di oscurantismo tecnologico” ponendo l’accento, così come ha fatto Coldiretti, sulla necessità di accelerare l’iter legislativo sulla proposta di regolamento sulle tecniche genomiche da parte della Commissione europea, che dovrebbe essere presentata il 5 luglio e senza la cui approvazione le Tea rimarrebbero solo a livello sperimentale.
Chiede invece il ritiro dell’emendamento sulle Tea nel decreto legge Siccità la Coalizione Italia libera da ogm di cui fanno parte, tra gli altri, Federbio, Wwf, Legambiente, Greenpeace, Lipu e Slow Food. Secondo la coalizione, il voto non prende in considerazione la sentenza della Corte di Giustizia europea che ha equiparato le nuove biotecnologie agli ogm e nemmeno la ventennale linea dell’Italia rigorosamente contraria agli ogm. L’apertura a una sperimentazione in campo rappresenta, per la coalizione, la premessa per portare sulle tavole degli italiani cibo geneticamente modificato. Inoltre, l’emendamento al Decreto siccità, secondo le associazioni della coalizione, condizionerà inevitabilmente la discussione delle proposte di Legge che alcuni Parlamentari avevano depositato sullo stesso tema ed anticipa qualsiasi pronunciamento della Commissione Ue.
“L’approvazione dell’emendamento è un colpo di mano del Parlamento che inserisce un tema così delicato in un decreto legge contenente misure d’urgenza senza un confronto con le parti sociali, la società civile, le associazioni ambientaliste”, spiega Francesco Sottile, agronomo e docente di Biodiversità e qualità del sistema agroalimentare all’Università di Palermo e membro del consiglio di amministrazione di Slow Food . “Per quanto ci riguarda i nuovi ogm sono l’ennesima forzatura del rapporto uomo-natura e al pari dei vecchi ogm mettono a rischio la biodiversità e il ruolo degli agricoltori mentre, al contrario, crediamo che solo tutelando la biodiversità si possa restituire sicurezza e sovranità alimentare alle comunità”.
Sottile equipara, dal punto di vista concettuale, i nuovi ogm alla carne sintetica: “Si tratta di un tentativo di sostituirsi alla natura nascondendosi dietro la volontà di produrre cibo sostenibile. Le soluzioni per la sostenibilità, invece, andrebbero trovate a monte e per noi sono soluzioni basate sulla natura, quelle che costituiscono un approccio agroecologico, ovvero una pratica agricola in equilibrio con l’ecosistema: si va, per esempio, dal compost che sostituisce le sostanze chimiche per favorire la fertilità del suolo fino alle tecniche di inerbimento dei suoli che, oltre a aumentare il sequestro di carbonio, offrono un riparo dalla siccità e dalle alluvioni.
Se è vero che il miglioramento genetico si è sempre fatto in agricoltura, sottolinea Sottile, è vero anche che lo hanno sempre fatto gli agricoltori con lunghi processi. Accelerare i tempi non dà la possibilità di valutarne gli effetti: “Può essere che una pianta geneticamente modificata risulti resistente a una malattia, ma poi si riveli più sensibile a un’altra. Il rischio è anche quello che per adattare queste varietà agli ecosistemi e garantire l’elevata produttività si debba ricorrere a sostanze chimiche e a un maggiore sfruttamento di risorse con le conseguenze che oggi sono sotto i nostri occhi”.
Per la Colazione italiana libera da ogm, questo voto del parlamento, dunque, non fa altro che rafforzare un modello produttivo intensivo basato sull’illusione che la sola tecnologia possa risolvere i problemi causati dalle crisi ambientali di origine antropica. E per le associazioni della coalizione, in realtà i nuovi ogm non sono altro che l’ennesimo strumento per rafforzare il potere di controllo e gestione delle filiere agroalimentari da parte delle multinazionali e delle potenti corporazioni agricole a danno degli agricoltori.
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