
Per la prima volta nel 2025 si celebrano le più grandi fonti di acqua dolce del pianeta, che fronteggiano la sfida dei cambiamenti climatici.
È stata presentata a Milano la nuova fondazione, istituita per contrastare l’inquinamento degli oceani e promuovere un’economia blu e sostenibile.
Un tempo gli oceani brulicavano di vita e avevano una grande varietà di specie che erano composte a loro volta da esemplari di grandi dimensioni. Negli ultimi cinquanta anni la quantità di fauna ittica nei nostri oceani si è dimezzata è sta rapidamente venendo rimpiazzata dalla plastica. Per combattere il decadimento di questi straordinari ecosistemi, da cui non possiamo prescindere visto che oltre tre miliardi di persone dipendono dalla biodiversità marina e costiera per il loro sostentamento, è stata creata la One Ocean Foundation.
La One Ocean Foundation, presentata a Milano lo scorso primo marzo, mira a riunire scienza, ong, yacht club, aziende e singoli cittadini per intervenire attivamente per la salvaguardia dei nostri mari. La fondazione, presieduta dalla principessa Zahra Aga Khan e della quale Riccardo Bonadeo, commodoro dello Yacht Club Costa Smeralda (Yccs), è vicepresidente, è nata su volontà dello Yccs e si propone di accelerare il necessario intervento sugli aspetti più critici che interessano l’oceano. “Accrescere e congiungere tutte le voci a sostegno dell’oceano nel mondo”, questa è, in sintesi, la dichiarazione d’intenti della fondazione.
In particolare la coalizione mira a promuovere la cosiddetta economia blu, ovvero un nuovo modello economico, teorizzato dall’economista belga Gunter Pauli, che prende ispirazione dal funzionamento degli ecosistemi naturali, nei quali nulla è sprecato e tutto torna in circolo all’interno di un processo “a cascata” che trasforma i rifiuti di un ciclo in materie prime di un altro ciclo.
Per raggiungere gli obiettivi prefissati la One Ocean Fundation punta a connettere e agevolare il dialogo tra ricerca, imprese, istituzioni, policy maker e singoli individui, accomunati dall’amore per il mare e la sua conservazione. In questo modo si crea un network che ha un valore scientifico e, al tempo stesso, una forte spinta divulgativa, per accrescere la consapevolezza e creare relazioni costruttive tra tutte le parti in causa impegnate nella tutela degli oceani.
L’istituzione della fondazione è, in parte, merito del successo riscosso dalla prima edizione di One Ocean Forum, organizzato lo scorso ottobre dallo Yccs per parlare concretamente di protezione del mare. In occasione dell’evento è stata inoltre firmata la Charta Smeralda, codice etico e comportamentale che definisce e fissa i paradigmi per la tutela dell’ambiente marino. “Essere già a questo punto, a soli pochi mesi dal forum, è un risultato straordinario – ha commentato il presidente della One Ocean Foundation, la principessa Zahra Aga Khan. – Il segnale è che il mondo vuole questa rivoluzione, il mondo vuole salvare il mare, e noi vogliamo provare a fare la nostra parte”.
Nel corso dell’evento milanese è stata infine presentata una roadmap di attività finalizzate a conseguire obiettivi concreti che saranno al centro del prossimo forum. One Ocean Foundation intende attivare tutti gli attori coinvolti attraverso un’eterogenea agenda di eventi che spaziano dallo sport al lifestyle, passando per il dibattito scientifico e strizzando l’occhio ai più giovani. “Questa roadmap attraversa le quattro macro aree di intervento di One Ocean: lo sport, che oggi diventa sostenibile cercando di promuovere competizioni in chiave green, anzi blue – ha dichiarato il vicepresidente della fondazione, Riccardo Bonadeo. – La ricerca, grazie a una collaborazione tra tutte le fondazioni attive su questi temi. L’educazione, attraverso un percorso per i più piccoli in grado di trasferire da subito i valori del mare e il lifestyle, con attività socio-culturali in grado di amplificare l’eco di One Ocean in un’ottica divulgativa”.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Per la prima volta nel 2025 si celebrano le più grandi fonti di acqua dolce del pianeta, che fronteggiano la sfida dei cambiamenti climatici.
Un tribunale condanna Greenpeace a pagare 660 milioni di dollari. L’accusa? Aver difeso ambiente e diritti dei popoli nativi dal mega-oleodotto Dakota Access Pipeline.
In Italia sono 265 gli impianti ormai disuso perché non nevica più: rimangono scheletri e mostri di cemento. E l’esigenza di ripensare la montagna e il turismo.
Temendo la presenza di rifiuti tossici, la Groenlandia ha interrotto l’estrazione dell’uranio. Ora potrebbe essere costretta a ricominciare. O a pagare 11 miliardi di dollari.
L’organizzazione della Cop30 nella foresta amazzonica porta con sé varie opere infrastrutturali, tra cui una nuova – contestatissima – autostrada.
Incidente nel mare del Nord tra una petroliera e una nave cargo: fiamme e fumo a bordo, si teme lo sversamento di combustibile in mare.
Saudi Aramco, ExxonMobil, Shell, Eni: sono alcune delle “solite” responsabili delle emissioni di CO2 a livello globale.
A23a, l’iceberg più grande del mondo, si è fermato a 80 km dalla Georgia del Sud, dove ha iniziato a disgregarsi.
Una causa intimidatoria per fermare chi lotta per la difesa delle risorse naturali e contro le giganti del petrolio. È quanto sta vivendo Greenpeace per le proteste contro il Dakota access pipeline.