I Paesi Bassi abbandonano il carbone per rispettare le promesse sul clima
Impianto eolico nei Paesi bassi. Foto: Ingimage
Il parlamento olandese ha votato il taglio del 55 per cento delle emissioni di CO2 entro il 2030 che significa chiudere tutte le centrali a carbone del paese.
Impianto eolico nei Paesi bassi. Foto: Ingimage
I Paesi Bassi chiudono con il carbone. Il 15 settembre il parlamento olandese ha infatti approvato un documento in cui si chiede al governo di adottare un obiettivo del 55 per cento nella riduzione delle emissioni di CO2entro il 2030. Un traguardo che non potrà essere raggiunto senza la chiusura di tutte e cinque le centrali a carbone attualmente in funzione nel paese.
Il voto della scorsa settimana mette l’Olanda in linea con le indicazioni contenute nell’accordo sul clima di Parigi (Cop 21) e sancisce una delle politiche sul clima più ambiziose d’Europa. Una revisione del mix energetico del paese che è stata sostenuta da liberali e laburisti, entrambi decisi a spingere sul governo affinché adotti le indicazioni del parlamento in tempi stretti, già in autunno, prima delle elezioni del prossimo marzo.
Impianto a carbone nell’area industriale di Maasvalkte in Olanda
Paesi Bassi in linea con l’Accordo di Parigi sul clima
La vicepresidente del parlamento e deputato liberale, Stientje van Veldhoven, ha spiegato al quotidiano britannico Guardian il significato del documento: “Chiudere grandi centrali a carbone, anche se entrate in funzione da poco, è il modo più efficace per centrare gli obiettivi sottoscritti con l’Accordo di Parigi sul clima, e tutti i paesi dovranno adottare misure di vasta portata. Non possiamo continuare a usare il carbone come fonte energetica più economica quando, in realtà, si tratta della più dispendiosa fonte di energia se si valutano i costi per il clima”.
Il voto parlamentare olandese non era affatto certo, come dimostra la stretta maggioranza (77 favorevoli, 72 contrari) con cui è stato approvato, ma rappresenta bene il dibattito sui cambiamenti climatici che i Paesi Bassi stanno affrontando negli ultimi tempi.
L’anno scorso, un gruppo di 886 cittadini, uniti nell’organizzazione Urgenda, avevano avviato una causa legale contro il governo accusandolo di non fare abbastanza per evitare i cambiamenti climatici. A giugno, il tribunale dell’Aia ha stabilito in primo grado che il governo ha il dovere di curare anche l’interesse dei suoi cittadini rispetto al clima, senza nascondersi dietro la giustificazione che i Paesi Bassi siano solo una piccola parte di un più vasto processo globale. Così il governo olandese è stato invitato a ridurre entro il 2020 le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 25 per cento rispetto ai valori del 1990 per arrivare a una riduzione del 55 per cento entro il 2030 ed essere in linea con gli accordi internazionali.
Chiudere le centrali a carbone conviene
Al di là di misure di risparmio energetico nel settore industriale, nella mobilità e nel settore agricolo e a quelle di stoccaggio dell’anidride carbonica sotto terra, il modo relativamente più economico per raggiungere gli obiettivi sarebbe quello di chiudere una o due centrali a carbone. È quanto stabilito, sulla base della sentenza, dalla società di consulenza CE Delft che, su commissione di Eneco società olandese produttrice di energia rinnovabile, ha cercato di comprendere quali siano le azioni da intraprendere nei Paesi Bassi per far fronte agli impegni sul clima. Un intervento che costerebbe alle famiglie 30 euro l’anno, contro gli 80 euro che mediamente dovrebbero pagare le famiglie per finanziare misure di compensazione delle emissioni di CO2 prodotte dalle centrali, come ad esempio un’imposizione fiscale più elevata sul carburante e sui pedaggi stradali o un aumento del prezzo dell’energia per sovvenzionare ulteriori parchi eolici. I dati però non tengono conto di eventuali richieste di risarcimento danni avanzate dai proprietari delle centrali a carbone.
In un momento in cui la transizione energetica sta accelerando e le energie rinnovabili sono in crescita, la produzione di petrolio negli Stati Uniti non si ferma.
Tra gennaio e giugno in Italia la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ha segnato un +27,3 per cento rispetto allo stesso periodo del 2023.
Un gruppo di associazioni chiede a Eni di sospendere il contratto con chi occupa i Territori palestinesi. E il governo della Colombia ha fermato l’invio di carbone.
Tra i sistemi di accumulo di energia, la batteria agli ioni di litio è sicuramente la tecnologia con più mercato. Ma altre formule più efficienti si stanno lentamente affermando.
L’1 luglio il governo ha consegnato il nuovo Piano nazionale integrato energia e clima. Purtroppo però non rappresenta la realtà che servirebbe all’Italia.