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Le mestruazioni rimangono ancora oggi un tabù, uno stigma e un ostacolo economico in tutto il mondo. Sconfiggere la “period poverty” garantendo l’accesso ai prodotti sanitari è parte del raggiungimento della parità di genere.
Kerry vive in Scozia e quando era adolescente si è dovuta far carico dei fratellini, perché i genitori erano alcolizzati ed entravano e uscivano da centri di recupero. Di soldi in casa non ce n’erano e le necessità più impellenti erano il cibo e i vestiti con cui coprirsi nei freddi inverni scozzesi. Quando aveva le mestruazioni Kerry utilizzava quello che c’era: calzini, stoffa vecchia, carta igienica, perché per lei gli assorbenti erano troppo cari. A scuola aveva la paura costante che non proteggessero abbastanza. Quando la sorellina più piccola iniziò ad avere il ciclo Kerry sentì ancora più vergogna: non poteva aiutarla ad avere un’igiene adeguata e aveva paura a chiedere aiuto agli insegnanti o ai servizi sociali, perché si sarebbero resi conto delle condizioni disastrose della famiglia e forse li avrebbero separati mettendoli in istituti. Kerry adesso è un’attivista dell’associazione Community food initiatives north east ad Aberdeen, che distribuisce assorbenti gratuiti alle ragazze più povere.
La parità di genere non è un traguardo da raggiungere solo nell’ambito lavorativo, ma passa sicuramente dalla possibilità per le bambine e le ragazze di potersi informare sulla fisiologia del proprio corpo, poter gestire il ciclo mestruale in tranquillità e non essere ostacolate da questo nei loro studi e, più tardi, nel lavoro. Per essere raggiunto nei prossimi dodici anni il quinto Obiettivo di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030, quello sulla parità di genere, è necessario un forte impegno dei governi per l’eliminazione dello stigma mestruale e l’accesso a tutte le ragazze e donne del mondo a prodotti sanitari di qualità e a prezzi contenuti, come Terre des Hommes continua a segnalare da anni nel suo blog Indifesa.
Ma se nella nostra Italia del 2018 le parole mestruazioni e ciclo vengono ancora bisbigliate perché ritenute sgradevoli, è facile immaginare come questo fenomeno fisiologico in molti Paesi e in molte culture continui ad essere considerato un vero e proprio tabù. Al punto che le donne e le ragazze “in quei giorni”, vengono considerate contaminate, sporche, impure. Non possono mangiare determinati cibi (succede in Afghanistan), non possono cucinare (in Nepal) non possono partecipare alle funzioni religiose (in Nepal e in alcuni stati dell’India). Nel Gujarat, sempre in India, alle donne e alle ragazze è vietato lavarsi durante i giorni del ciclo. In alcune delle aree più remote del Nepal le donne e le ragazze sono obbligate ad allontanarsi da casa quando hanno le mestruazioni, nonostante questa prassi sia stata vietata per legge. Nel corso degli anni sono state diverse le vittime, dal momento che le donne e ragazze sono costrette a trascorrere anche la notte all’aperto o in luoghi poco riparati e in generale in un territorio dove spesso si raggiungono temperature molto rigide.
Per le ragazze più giovani, che ancora frequentano la scuola secondaria, le mestruazioni possono rappresentare un serio ostacolo alla frequenza scolastica. Secondo le stime di Unicef, nel mondo una scuola su tre non ha bagni adeguati per garantire alle studentesse e alle insegnanti di gestire in maniera igienica e discreta le proprie esigenze quando hanno le mestruazioni. E nei Paesi a basso reddito il rapporto è di una a due. Oltre alla mancanza di servizi igienici il problema è amplificato dal fatto che nelle fasce più povere della popolazione molte ragazze non hanno i soldi per acquistare gli assorbenti e ricorrono ad abiti vecchi, stracci, in alcuni casi anche a pelli animali, erba e foglie, esponendosi così al rischio di contrarre gravi infezioni. L’emancipazione femminile sicuramente deve molto all’utilizzo di sistemi sicuri per l’igiene durante le mestruazioni, come assorbenti interni ed esterni e coppette mestruali, uno dei metodi più sostenibili dal punto di vista ambientale.
Un’indagine condotta in Bangladesh nel 2013 ha rivelato che il 41 per cento delle studentesse tra gli 11 e i 17 anni perde almeno 2,8 giorni di scuola per ogni ciclo mestruale proprio per la mancanza di questi prodotti. In Etiopia, il 51 per cento delle ragazze perde tra uno e quattro giorni di scuola al mese. Per contro, uno studio condotto in Uganda dalla School of oriental and african studies dell’Università di Londra mette in evidenza come la distribuzione gratuita di assorbenti lavabili e riutilizzabili abbia un impatto davvero positivo sulla frequenza scolastica delle ragazze. Nel corso di 24 mesi sono stati distribuiti assorbenti riutilizzabili a 1.008 ragazze di otto scuole della provincia di Kamuli, in Uganda. In media nel periodo dell’indagine le ragazze hanno aumentato la frequenza scolastica di 3,4 giorni ogni 20. In India imprese sociali come la Boondh stanno offrendo a prezzi accessibili alle ragazze più svantaggiate le coppette mestruali.
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L’impossibilità di acquistare assorbenti perché non si hanno soldi a sufficienza per affrontare questa spesa ha anche un nome: period poverty. Ma non si tratta di un problema che riguarda solo i Paesi più poveri: anche in nazioni come l’Inghilterra una ragazza su dieci non può permettersi di comprare gli assorbenti o altri prodotti sanitari per gestire le mestruazioni. È quanto emerso da una ricerca condotta da Plan international Uk su un campione di mille ragazze di età compresa tra i 14 e i 21 anni. Il 15 per cento delle intervistate ha riferito di avere difficoltà ad acquistare assorbenti, mentre il 14 per cento ha dichiarato di averli chiesti in prestito ad un’amica perché non poteva permetterseli.
C’è da scommettere che se fosse condotta un’indagine simile nel nostro Paese i risultati non sarebbero migliori. Occorre tenere a mente che in Italia gli assorbenti interni ed esterni vengono tassati con l’Iva al 22 per cento, quella per i beni di lusso, mentre per i rasoi con i quali ragazzi e uomini si radono l’Iva è al 4 per cento. Nonostante un tentativo di porre la questione all’attenzione del nostro Parlamento due anni fa, la questione purtroppo è caduta nel vuoto.
In vari paesi del mondo la tampon tax, la tassa sugli assorbenti, è stata abbassata o addirittura annullata. Il Canada, ad esempio, nel 2015 ha eliminato del tutto questa tassa su assorbenti e coppette mestruali, anche a seguito delle oltre 74mila firme raccolte da una petizione online. La Francia, invece, ha abbassato l’imposta dal 20 al 5 per cento. Ma sono le Canarie il primo territorio europeo ad aver eliminato completamente la tassazione su questo prodotto.
La più recente novità in questo campo viene dall’India, dove a seguito di una campagna popolare a fine agosto il governo ha deciso di cancellare la tassa del 12 per cento su questi prodotti e quindi renderli più accessibili al 43 per cento delle ragazze dai 15 ai 24 anni che, secondo un’indagine, non li potevano usare. Nello stesso periodo il governo della Scozia, anche grazie alle pressioni di attiviste come Kerry, ha deciso di distribuire gratuitamente assorbenti a tutte le studentesse.
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