L’amministrazione americana sceglie di proteggere l’Alaska dall’espansione dell’industria petrolifera e mineraria.
Il predatore è tornato
Dopo aver rischiato l’estinzione negli anni Settanta il lupo è tornato a popolare il nostro Paese. Bracconaggio e ibridazione però ne mettono a rischio la sopravvivenza.
Nelle gelide notti invernali, con tanta pazienza e fortuna è possibile udire un verso profondo e struggente, un suono che viene dalla notte dei tempi. È l’ululato del predatore per eccellenza dei boschi italiani, il lupo (Canis lupus italicus). Oggi sono circa un migliaio i lupi presenti in Italia, un risultato sorprendente se si pensa che la specie aveva rischiato l’estinzione, si stima infatti che nella metà degli anni Settanta sopravvivessero solo cento esemplari.
Grazie anche alle leggi di protezione, come il decreto Marcora del 1976, che ne sancì la tutela integrale e il divieto di caccia totale, il lupo sta riconquistando quegli spazi che gli erano stati sottratti tornando a frequentare vecchie zone di caccia e diffondendosi anche in nuove aree, in virtù della sua straordinaria adattabilità. A favorire il ritorno del lupo, a dispetto delle leggende che vogliono i lupi paracadutati dagli elicotteri dagli ambientalisti, ha contribuito in maniera decisiva anche l’abbandono delle montagne e delle aree pedecollinari da parte dell’uomo. Lo spopolamento ha consentito alla natura di rifiorire e agli animali selvatici di proliferare. Cinghiali, caprioli, daini e cervi sono tornati in gran numero e con loro i lupi che si nutrono di questi ungulati e hanno riconquistato il vertice della catena alimentare.
Fino a pochi decenni fa i lupi riscuotevano poche simpatie ed erano considerati belve feroci e infestanti, nonostante non ci siano segnalazioni di attacchi ai danni dell’uomo. Fino al secolo scorso sopravviveva la figura del “luparo”, cacciatore che per mestiere ammazzava i lupi per poi appenderne le carcasse all’ingresso dei villaggi ed essere ricompensato dagli abitanti. Perfino ambientalisti e guardie forestali ne incoraggiavano la caccia. Anche il Parco Nazionale d’Abruzzo, prima roccaforte della natura italiana, ne incentivava l’eliminazione.
Oggi sono due le minacce principali per il lupo: il bracconaggio e il fenomeno dell’ibridazione causato dal randagismo canino. Il ritorno del lupo ha infastidito soprattutto gli allevatori, disabituati alla presenza del predatore, che vedono minacciata la sopravvivenza del proprio bestiame. Numerosi sono infatti gli attacchi ai danni di pecore, capre e cavalli e gli allevatori si lamentano per indennizzi lenti e insufficienti. La situazione si è esacerbata a tal punto che il bracconaggio ha trovato terreno fertile: bocconi avvelenati e lacci di ferro si stanno diffondendo sempre di più riportando la situazione indietro di mezzo secolo. Basti pensare ai lupi decapitati e impalati per ritorsione rinvenuti recentemente in Toscana. Il fenomeno dell’ibridazione è altrettanto preoccupante, i cani randagi che si accoppiano con i lupi stanno infatti alterando il patrimonio genetico della specie e potrebbero in futuro minarne la sopravvivenza. Nel nostro Paese il fenomeno del randagismo canino è molto più diffuso che in altri stati europei. I dati diffusi dal Ministero della Salute parlano di 600mila cani randagi ma si teme che siano almeno il doppio considerando anche i cani padronali poco controllati.
Già una volta questo splendido e misterioso predatore, dipinto come il male assoluto, ha rischiato di scomparire, oggi le leggi di protezione ci sono ma non vengono fatte rispettare. Anche in virtù del suo importante ruolo ecologico non possiamo permetterci di perdere il lupo e speriamo che il suo ululato possa riecheggiare ancora a lungo nella notte.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Fare pressione sui governi affinché si arrivi ad una diminuzione del 60 per cento entro il 2040 è l’imperativo della Giornata della Terra, giunta oggi alla 54esima edizione.
L’uso dei sottoprodotti dell’agricoltura nei mangimi animali può permettere un risparmio ecologico e una via diversa per l’ecosostenibilità ambientale.
Torna il 19 e 20 aprile lo sciopero globale per il clima, che in Italia vede coinvolte 25 città. Giovani in piazza anche per Gaza.
I lavori del ponte sullo stretto di Messina dovrebbero iniziare a dicembre 2024 e concludersi nel 2032. Ma i cittadini si ribellano.
L’Agenzia per la protezione dell’ambiente ha imposto di rimuovere quasi del tutto alcuni Pfas dall’acqua potabile negli Stati Uniti.
La Corte europea per i diritti dell’uomo dà ragione alle Anziane per il clima: l’inazione climatica della Svizzera viola i loro diritti umani.
Dopo i rilievi nell’acqua potabile del Veneto e della Lombardia, sono state trovate tracce di Pfas nei delfini, tartarughe e squali spiaggiati sulle coste della Toscana.
Un nuovo rapporto di Wri e università del Maryland fa il punto sulla deforestazione. Miglioramenti in Brasile e Colombia, ma passi indietro altrove.