Rapporto Asvis 2018, l’Italia faticherà a raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile entro il 2030

L’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile presenta i dati del rapporto annuale: peggiorano povertà, disuguaglianze e qualità dell’ambiente. “Il governo adotti con la legge di bilancio misure per la sostenibilità economica e sociale del paese”.

Si sono persi già tre anni e il 2030 è più vicino di quanto sembri. Andando avanti di questo passo, l’Italia rischia seriamente di perdere la sfida per lo sviluppo sostenibile. È un quadro grigio quello che emerge dal rapporto 2018 dell’Asvis, l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, nata due anni e mezzo fa per diffondere la conoscenza dei temi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite (Onu); un impegno in 17 obiettivi – gli Obiettivi di sviluppo sostenibile – sottoscritto dall’Italia il 25 settembre del 2015, e al momento molto lontano dall’essere raggiunto.

I 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile e i relativi indicatori compositi

Presentato questa mattina alla Camera dei deputati, il rapporto dà conto del crescente interesse della società italiana per il tema dello sviluppo sostenibile: sul tema sono partiti programmi educativi nelle scuole e nelle università, insieme a iniziative finalizzate a coinvolgere imprese, comunità locali e persone singole sulle diverse questioni dell’Agenda 2030; al contempo gli indicatori compositi elaborati dagli oltre 300 esperti dell’Asvis forniscono una visione chiara – e decisamente preoccupante – delle tendenze in atto rispetto a molti obiettivi.

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L’andamento italiano in merito ai primi otto Obiettivi di sviluppo sostenibile © Asvis

In particolare, tra il 2010 e il 2016 l’Italia è peggiorata in cinque aree: povertà (goal 1), condizione economica e occupazionale (goal 8), disuguaglianze (goal 10), condizioni delle città (goal 11) ed ecosistema terrestre (goal 15). Per quattro, la situazione è rimasta invariata: acqua e strutture igienico-sanitarie (goal 6), sistema energetico (goal 7), condizione dei mari (goal 14) e qualità della governance, pace, giustizia e istituzioni solide (goal 16). Segni di miglioramento si registrano, invece, per alimentazione e agricoltura sostenibile (goal 2), salute (goal 3), educazione (goal 4), parità di genere (goal 5), innovazione (goal 9), modelli sostenibili di produzione e di consumo (goal 12), lotta ai cambiamenti climatici (goal 13), cooperazione internazionale (goal 17).

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L’andamento italiano in merito agli Obiettivi di sviluppo sostenibile 9-16 © Asvis

In sostanza servono azioni urgenti, concrete e coordinate, perché rischiamo di non raggiungere i target prefissati anche negli ambiti in cui si registrano miglioramenti. “Ciò che manca – evidenzia il portavoce dell’Asvis Enrico Giovannini – è una visione coordinata delle politiche per costruire un futuro dell’Italia equo e sostenibile. Il confronto tra le forze politiche nelle ultime elezioni non si è svolto intorno a programmi chiari e con un orientamento in tal senso. L’imminente legge di bilancio deve cogliere le enormi opportunità, anche economiche, offerte dalla transizione allo sviluppo sostenibile. Il fattore tempo è cruciale”.

Negli ultimi mesi sono state adottate delle importanti politiche, come l’introduzione del reddito di inclusione per ridurre la povertà, ma è lungo l’elenco delle occasioni mancate, “come l’interruzione degli iter legislativi in tema di riduzione del consumo del suolo, di commercio equo, del diritto all’acqua, o la mancanza di provvedimenti attuativi della riforma del terzo settore”.

Le proposte dell’Asvis al mondo politico

Il rapporto dell’Asvis – che con i suoi i suoi 200 aderenti rappresenta la più grande rete di organizzazioni della società civile mai creata in Italia – non si limita a fotografare la situazione attuale, ma propone misure concrete per far sì che il nostro paese migliori le proprie condizioni economiche, sociali e ambientali attraverso un cambiamento del proprio paradigma di sviluppo.

“Il nostro messaggio – spiega il presidente dell’Asvis Pierluigi Stefanini – è di forte preoccupazione per i ritardi accumulati dalla politica, che in questi tre anni non ha affrontato in modo integrato i tanti problemi del paese. Tuttavia, il rapporto è anche portatore di speranza perché dà conto delle iniziative di numerosi soggetti economici e sociali, nonché di tantissime persone, che stanno cambiando i modelli di business, di produzione, di consumo, di comportamento, con evidenti benefici, anche economici”.

Le proposte avanzate dall’Alleanza al mondo politico si traducono in un piano d’azione urgente in nove punti:

  • introdurre lo sviluppo sostenibile tra i principi fondamentali della nostra Costituzione;
  • attivare a palazzo Chigi la Commissione nazionale per lo sviluppo sostenibile prevista dalla direttiva della presidenza del Consiglio del 16 marzo;
  • dotare la legge di bilancio di un rapporto sull’impatto atteso sui 12 indicatori di Benessere equo e sostenibile (Bes) entrati nella programmazione finanziaria;
  • trasformare il Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) in “Comitato interministeriale per lo sviluppo sostenibile”;
  • adottare un’Agenda urbana nazionale basata sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile che si proponga l’articolazione della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile nelle aree metropolitane;
  • istituire presso la presidenza del Consiglio un organismo permanente per la concertazione con la società civile delle politiche a favore della parità di genere;
  • predisporre linee guida per le amministrazioni pubbliche affinché applichino standard ambientali e organizzativi che contribuiscano al raggiungimento degli obiettivi;
  • intervenire con la legge di bilancio o con altro strumento normativo agile per assicurare il conseguimento dei 22 target che devono essere raggiunti entro il 2020;
  • allargare l’insieme di imprese soggette all’obbligo di rendicontazione non finanziaria, strumento ormai indispensabile per accedere al crescente flusso di investimenti attivati dalla finanza sostenibile.

Un piano decisamente ambizioso, ma quanto mai necessario. Per dirla con le parole di Giovannini, “si sono già persi tre anni per dotarsi di una governance che orienti le politiche allo sviluppo sostenibile. Il 2030 è vicino e molti target vanno raggiunti entro il 2020”. Il domani, insomma, è dietro l’angolo e l’Italia non può permettersi di perdere il treno.

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