![Rapporto Asvis 2022, l’Italia è in ritardo per gli obiettivi di sviluppo sostenibile](https://cdn.lifegate.it/ImV7fklfZOAtOiJmVMbpy9W93UE=/470x315/smart/https://www.lifegate.it/app/uploads/2022/10/agenda2030-1.jpg, https://cdn.lifegate.it/3KMoOIEjs3AfNGEjIRl6bhVPLWk=/940x630/smart/https://www.lifegate.it/app/uploads/2022/10/agenda2030-1.jpg 2x)
Pandemia, guerra e cambiamenti climatici rallentano il raggiungimento dell’Italia degli obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030.
L’Italia è ancora in forte ritardo nel raggiungimento dell’Agenda 2030. I dati nel Rapporto 2023 dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis).
“L’Italia è uno dei paesi fondatori dell’Unione europea ed è membro del G7. Al di là dei ruoli formali, un grande paese si caratterizza anche per il rispetto degli impegni che assume nei consessi internazionali e per la continuità dell’azione politica attraverso la quale cerca di conseguire quegli obiettivi che ha liberamente scelto di raggiungere”. Sono severe le parole che aprono la sintesi del Rapporto 2023 dell’Asvis, l’Alleanza italiana sullo sviluppo sostenibile. Uno studio che, dati alla mano, ci mostra il bilancio di metà percorso del nostro paese.
Era infatti il 2015 quando i 193 paesi membri delle Nazioni Unite si sono impegnati a raggiungere 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdgs) entro il 2030. Esattamente a metà cammino, il nostro paese ha fatto qualche passo avanti su alcuni specifici obiettivi, ma su altri è rimasto fermo. Su altri ancora, è tornato indietro. “Al di là di scelte errate, quello che è mancato è stato un impegno esplicito, corale e coerente da parte di tutta la società, di tutto il mondo delle imprese e di tutte le forze politiche che si sono alternate alla guida del governo per trasformare il nostro paese all’insegna della sostenibilità”, si legge nel documento che porta la firma del direttore scientifico Enrico Giovannini.
Gli Obiettivi di sviluppo sostenibile sono 17, suddivisi a loro volta in 169 target. L’Asvis svolge un monitoraggio puntuale, basandosi sui dati dell’Istituto nazionale di statistica (Istat) e di altre fonti ufficiali. Su alcuni, invece del miglioramento auspicato, si segnala un peggioramento rispetto al 2010.
A cominciare dal primo, Sconfiggere la povertà. Tra il 2015 e il 2019, a dire la verità, era visibilmente diminuita la percentuale di persone in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale (dal 12,1 per cento al 6,4 per cento) e che vivevano in case con problemi strutturali e di umidità (dal 24,1 al 14 per cento). Ma, innanzitutto, la situazione generale restava comunque peggiore rispetto al 2010. Nel 2020, poi, lo scoppio della pandemia ha portato a un’impennata del livello di povertà assoluta, che ha raggiunto il 9,4 per cento. Stiamo parlando di quasi due milioni di famiglie, al cui interno vivono 1,4 milioni di minori. Nell’ultimo biennio si assiste a qualche segnale di miglioramento, ma le disuguaglianze tra regioni restano tangibili.
Male anche il Goal 6, Acqua pulita e servizi igienico-sanitari: nel 2022 il 9,7 per cento delle famiglie non è soddisfatto per la continuità dell’erogazione di acqua e nel 2020 appena il 57,8 per cento dell’acqua immessa in rete viene effettivamente erogata agli utenti. Entrambi i dati peggiorano rispetto al 2014. Anche qui, le disuguaglianze territoriali si fanno sentire.
Per quanto riguarda il Goal 14, Vita sott’acqua, preoccupa il fatto che l’80,4 per cento degli stock ittici sia sovrasfruttato, un dato che va di pari passo con un +34,5 per cento dell’attività della pesca tra il 2010 e il 2018. Non va troppo meglio per il Goal 15, Vita sulla terra. Mentre la superficie di aree protette resta stabile al 21,7 per cento, l’asfalto e il cemento continuano a mangiarsi il nostro territorio: nel 2021 l’impermeabilizzazione del suolo da copertura artificiale raggiuge il 7,1 per cento. Lo stato ecologico del 41,7 per cento di fiumi e laghi non è buono.
L’indice composito che monitora il Goal 17 (Partnership per gli obiettivi) sprofonda durante la pandemia, trascinato dal debito pubblico in aumento per reggere alla crisi sanitaria. Nell’ultimo biennio, però, si risolleva fino a tornare quasi ai livelli del 2010.
I dati, insomma, parlano da sé. Ma non per questo devono generare disfattismo, chiarisce l’Asvis. Perché il vantaggio degli Obiettivi di sviluppo sostenibile sta nel fatto che tutti gli attori della società possono contribuire a raggiungerli: governi, istituzioni, imprese, mondo della cultura e della ricerca, anche singoli cittadini.
Senza dubbio serve una brusca accelerazione, ma sappiamo anche quali sono i fronti più urgenti su cui lavorare. Per esempio il Piano nazionale integrato energia-clima (Pniec) e il Piano nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc), ancora in stato di bozza. O una legge per il clima, di cui alcuni paesi europei si sono già dotati, ma non l’Italia. Il governo si è impegnato ad adottare un piano di accelerazione per quegli obiettivi (in sostanza, quasi tutti) per cui il paese è più indietro. Un impegno che l’Asvis accoglie con favore, a patto che sia seguito da azioni concrete.
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