Il governo di Vladimir Putin ha deciso di interrompere totalmente il flusso di gas attraverso le pipeline Yamal e Turkish Stream.
Gazprom ha interrotto le forniture di gas a Polonia e Bulgaria.
Per Varsavia si trattava di una decisione attesa, per Sofia molto meno.
Ufficialmente, si tratta di una misura di ritorsione per il mancato pagamento in rubli, come chiesto da Mosca.
A partire da ieri, mercoledì 27 aprile, le forniture di gas russo alla Polonia e alla Bulgariasono state sospese. Il colosso Gazprom ha interrotto il flusso attraverso il gasdotto Yamal, che collega la nazione euro-asiatica all’Europa centrale e occidentale e il Turkish Stream, che passa attraverso il mar Nero.
Per la Polonia la decisione di Mosca era attesa
Si tratta di una misura di ritorsione da parte di Mosca che era nell’aria per quanto riguarda il governo di Varsavia. Quest’ultimo, infatti, fin dall’inizio del conflitto in Ucraina ha concesso un’assistenza strategia per il transito di armi e forniture militari a sostegno dell’esercito di Kiev. Per Sofia si tratta invece di una decisione non così attesa, poiché l’impegno della Bulgaria a fianco del governo di Volodymir Zelensky è stato decisamente più limitato. Basti pensare che l’esecutivo, diviso al proprio interno, ha deciso di non fornire alcun aiuto militare all’Ucraina. Ciò nonostante, i rubinetti del Turkish Stream sono stati chiusi.
Ufficialmente, la decisione da parte di Gazprom è stata presa dopo che Varsavia si è rifiutata, come le altre nazioni europee, ad eccezione dell’Ungheria di Viktor Orbán, di pagare il gas russo in rubli. La società polacca che si occupa di distribuzione del gas, la Pgnig, ritiene tuttavia che la sospensione dell’erogazione da parte di Mosca sia ingiustificata sulla base del contratto in essere tra le parti. Che la Polonia, in ogni caso, aveva già annunciato di non voler rinnovare (la scadenza è alla fine dell’anno in corso).
Gazprom’s decision to suspend natural gas supplies to Poland and Bulgaria is not likely to have a major impact on the overall European gas market, analysts say. But it comes as a warning that further, more serious cutoffs of fuel from Russia are possible.https://t.co/rYvHEPeKaF
Una posizione identica a quella di Bulgagaz, società di distribuzione bulgara, secondo la quale la richiesta di pagare in rubli “è incompatibile con gli accordi esistenti e pone rischi importanti per il nostro paese”, in particolare per via delle marcate oscillazioni nei tassi di cambio.
Il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha assicurato che il suo paese “si era già preparato a diversificare le fonti di approvvigionamento. Saremo in grado di proteggere la nostra economia e le famiglie di fronte a questa decisione drastica assunta dalla Russia”. Da parte sua, la Bulgaria ha dichiarato di avere a disposizione riserve per rispondere alla domanda per circa un mese. Il ministro dell’Energia, Alexander Nikolov, ha tuttavia scongiurato – almeno per ora – l’introduzione di misure di razionamento.
La Bulgaria ha ancora riserve per un mese
È chiaro che la mossa di Mosca dovrà in ogni caso spingere a rivedere immediatamente le politiche energetiche da parte di Sofia. La Bulgaria dipende infatti al 90 per cento dalle importazioni di gas russo. E la stagione attuale, alla fine del periodo invernale, fa sì che la principale riserva sul territorio della nazione europea sia quasi a secco.
Per la popolazione delle due nazioni, oltre ai rischi legati alle forniture, si prospetta una possibile, ulteriore crescita dei prezzi dell’energia. Anche la Polonia è fortemente dipendente dalla Russia per il gas (le importazioni da Mosca rappresentano il 47 per cento del totale). Ma per Varsavia il problema è circoscritto alle industrie e al riscaldamento delle abitazioni, poiché il gas russo non viene quasi per nulla utilizzato per la produzione di energia elettrica.
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