
L’etichetta di un alimento deve riportare la data di scadenza o il termine minimo di conservazione. Ecco la differenza e come comportarsi davanti a un cibo scaduto.
Lo dice uno studio che ha indagato il rapporto tra l’aderenza a un regime alimentare sano e l’adesione a pratiche anti-spreco.
C’è un nesso tra la cultura della sostenibilità alimentare e quella ambientale? In occasione della Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare celebrata il 5 febbraio, il progetto Fao Waste, finanziato dal ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, ideato e coordinato dall’Osservatorio sulle eccedenze, recuperi e sprechi alimentari del Crea alimenti e nutrizione, ha promosso un’indagine-studio sul rapporto tra aderenza alle linee guida per una sana alimentazione e comportamenti di spreco alimentare nelle famiglie italiane.
Lo studio è stato condotto dalle ricercatrici del Crea Laura Rossi e Federica Grant che hanno utilizzato gli indicatori Aidgi (Adherence to italian dietary guidelines index), un indice che misura quanto vengono seguite le raccomandazioni nutrizionali), e Hfwbs (Household food waste behaviours) un indice che misura quanto i comportamenti dei consumatori sono attenti alla riduzione e prevenzione dello spreco alimentare.
Dai risultati dello studio, effettuato su un campione di 2.869 maggiorenni in leggera maggioranza femminile (52 per cento), è emerso che circa il 30 per cento degli italiani mostra una scarsa adesione alle raccomandazioni nutrizionali, il 21,5 per cento medio-bassa, il 25,5 per cento bassa e il 24 per cento elevata. Tra i sottogruppi di popolazione, una bassa aderenza è stata riscontrata tra gli uomini (34,4 per cento), i giovani (40 per cento) e chi vive in famiglie numerose (42,3 per cento), mentre un’alta aderenza tra le donne (29,6 per cento), i più anziani (34,9 per cento) e chi vive in famiglie con due componenti (29,3 per cento).
Una successiva analisi più approfondita ha stabilito che esiste un rapporto direttamente proporzionale tra un’elevata conformità alle raccomandazioni dietetiche e una positiva propensione dei consumatori ad attuare comportamenti che mirano ad una riduzione degli sprechi di cibo. In particolare, circa il 35-40 per cento del campione con maggiore adesione alle raccomandazioni sembra avere anche elevate abilità nel programmare la spesa e l’utilizzo del cibo, nel valutare bene le quantità da cucinare, nell’evitare acquisti di impulso e nel riciclare gli avanzi, prolungando la shelf-life (vita a scaffale) di un prodotto mediante una cucina creativa. Al contrario, chi ha dimostrato di seguire poco o nulla le raccomandazioni sembra non aver ricevuto alcun tipo di educazione a prevenire lo spreco di cibo.
“Dai dati risulta evidente che chi ha a cuore la sostenibilità alimentare e le raccomandazioni nutrizionali è attento anche a quella ambientale e sociale, ma, nel prossimo futuro, è necessario identificare i sottogruppi di popolazione con minore attenzione a questi temi e pensare a campagne di sensibilizzazione tarate ad hoc su di loro per accrescere il tasso di adesione a stili di vita più sani e aumentare la consapevolezza in termini generali di sostenibilità”, ha spiegato la coordinatrice del progetto Laura Rossi. La convinzione dei promotori dell’analisi è che un approfondimento su questi temi può essere propedeutico al perseguimento degli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, in particolare, l’obiettivo 12 che comprende la prevenzione e la riduzione dello spreco alimentare domestico e la diffusione di una dieta sostenibile e responsabile.
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