L’associazione dei consumatori, analizzando otto campioni di riso basmati, ha rilevato la presenza di pesticidi in circa la metà dei campioni, e aflatossine in cinque di essi.
In Italia lo spreco di cibo è cresciuto, basterebbe però che ognuno di noi lo tagliasse di 50 grammi ogni anno per raggiungere l’obiettivo dell’Agenda 2030.
In Italia aumenta lo spreco di cibo: dimenticate le buone abitudini messe in pratica durante gli anni della pandemia Covid, oggi si gettano nella spazzatura 88,2 grammi di alimenti ogni giorno, ovvero 617,9 grammi settimanali. Sono i dati del rapporto Il caso Italia 2025 consegnato dall’Osservatorio Waste Watcher International in occasione della 12^ Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare del 5 febbraio.
La frutta diventa l’alimento più sprecato (24,3 grammi settimanali), seguono pane, verdura, insalata, cipolle, aglio e tuberi. Lo spreco alimentare domestico ammonta a 8.242 miliardi di euro (130,71 euro pro capite ogni anno) e rappresenta il 58,55 per cento dello spreco totale di cibo, dai campi alla tavola, pari a 4.513 milioni di tonnellate per un costo complessivo di 14.101 miliardi di euro.
Si spreca di più mentre sempre meno persone hanno accesso al cibo sano e sostenibile: l’indice Fies di insicurezza alimentare 2025 sale del 13,95 per cento (era + 10,27 per cento nel 2024), in uno scenario generale in cui la povertà assoluta è aumentata in Italia dal 7,7 per cento all’8,5 per cento (5,7 milioni di persone nel 2023) e addirittura è salita del 28,9 per cento per le famiglie straniere.
Il paradosso è che l’insicurezza alimentare va di pari passo con lo spreco: il sud e il centro Italia sono le aree dove si registra più impoverimento e anche dove si getta più cibo. Questo fenomeno viene spiegato da Andrea Segrè, fondatore della Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare e direttore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher International: chi ha meno possibilità di acquisto, abbassa la qualità degli alimenti comprati e questi prodotti spesso sono più vicini alla scadenza o deperiscono più facilmente perché non sono freschi.
In occasione del 5 febbraio viene lanciata una sfida a tutti gli italiani: per arrivare nel 2030 a uno spreco pro capite di 369,7 grammi settimanali, ovvero la metà dei 737,4 grammi registrati dieci anni fa al momento dell’adozione dell’Agenda 2030 che ha tra gli obiettivi il dimezzamento dello spreco alimentare, dobbiamo tutti diminuire di circa 50 grammi la quantità di cibo sprecato settimanalmente, e farlo di anno in anno, dal 2025 al 2029, riducendo di 50 grammi la quota dell’anno precedente.
L’86 per cento degli italiani dichiara di avere a cuore e prestare molta o parecchia attenzione al cibo e alla sua preparazione e in molti attivano strategia anti spreco: sei italiani su dieci consumano pritoma i cibi che considerano a ridosso di scadenza o congelano i cibi che non potranno mangiare a breve. Il 56 per cento testa il cibo prima di buttarlo, anche se è già scaduto: se è buono lo utilizza comunque, ma solo un italiano su dieci dona il cibo cucinato in eccesso a parenti o amici, e non aumenta la percentuale di italiani che chiede al ristorante una bag per portarsi a casa il cibo avanzato: 28 per cento.
Un italiano su tre ammette anche di non pensare al rischio dello spreco e dimenticarsene. Per il 23 per cento la prevenzione degli sprechi richiede troppo tempo, secondo l’11 per cento è troppo costoso o troppo faticoso. Un italiano su dieci si scoraggia pensando che il contributo personale non faccia la differenza o che sia troppo difficile. Secondo cinque italiani su cento lo spreco semplicemente “non è importante”.
Per rovesciare lo stato delle cose, un italiano su due è disponibile a mangiare prima il cibo che rischia di guastarsi, il 45 per cento a congelare i cibi che non si possono mangiare a breve, il 40 per cento a utilizzare comunque il cibo appena scaduto, se è ancora buono, il 37 per cento a valutare attentamente le quantità prima di cucinare, il 32 per cento a fare la lista della spesa e a comprare sempre frutta e verdura di stagione. Solo il 6 per cento pensa di donare il cibo cucinato in più a parenti o vicini.
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