Secondo il dossier Stop Pesticidi nel piatto 2025 di Legambiente, su 4.682 campioni di alimenti, il 48 per cento contiene residui di sostanze chimiche.
A livello globale, il cibo sprecato equivale a un miliardo di pasti al giorno, mentre sono 783 milioni le persone che soffrono la fame.
Ogni giorno nel mondo vengono sprecati un miliardo di pasti, equivalenti a un quinto del cibo prodotto nel mondo: a rivelarlo è il Food waste index report 2024 dell’Unep che fornisce la stima globale più accurata sullo spreco alimentare a livello di vendita al dettaglio e di consumo, offrendo ai paesi indicazioni su come migliorare la raccolta dei dati e le pratiche per contrastarlo, in linea con l’obiettivo di sviluppo sostenibile 12.3 di dimezzare lo spreco di cibo entro il 2030.
Il rapporto, che precede la Giornata internazionale dello spreco zero del 30 marzo, mette subito a confronto il dato sullo spreco con il numero di persone sul Pianeta che soffrono ancora la fame, ben 783 milioni. Facendo un facile calcolo, si evince come, con il cibo gettato quotidianamente, si potrebbero sfamare tutti coloro che non hanno da mangiare e anche di più.
Nel 2022 sono andate sprecate 1,05 miliardi di tonnellate di cibo con un terzo dell’umanità che affronta l’insicurezza alimentare a vari livelli. Si tratta del 19 per cento del cibo a disposizione dei consumatori andato perso complessivamente a livello di commercio al dettaglio, servizi di ristorazione e famiglie. La maggior parte degli sprechi alimentari nel mondo avviene a livello domestico, per un totale di 631 milioni di tonnellate – ovvero fino al 60 per cento – del cibo totale sprecato, seguono i settori della ristorazione e del commercio al dettaglio che hanno prodotto rispettivamente 290 e 131 milioni di tonnellate di spreco. In media, ogni persona spreca 79 chilogrammi di cibo all’anno che equivale a 1,3 pasti al giorno per ogni persona nel mondo colpita dalla fame.
Ai dati calcolati dal rapporto si aggiunge un 13 per cento circa relativo al cibo perso lungo la catena di approvvigionamento, dal post-raccolta fino al punto vendita, arrivando così a uno spreco che riguarda un terzo del cibo prodotto globalmente.
Non si tratta solo di un problema dei paesi ricchi: il divario di spreco con i paesi poveri si è accorciato a soli sette chilogrammi di cibo sprecato pro capite all’anno. La differenza maggiore riguarda le variazioni tra popolazioni urbane e rurali. Nei paesi a reddito medio, ad esempio, le aree rurali generalmente sprecano meno probabilmente perché gli avanzi vengono utilizzati per sfamare gli animali o per fare il compostaggio domestico.
“Lo spreco alimentare è una tragedia globale. Milioni di persone soffriranno la fame oggi perché il cibo viene sprecato in tutto il mondo”, ha dichiarato Inger Andersen, direttore esecutivo dell’Unep, spiegando che questo non ha solo un impatto sull’economia globale, ma aggrava anche i cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità e l’inquinamento.
Secondo il rapporto, esiste infatti una correlazione diretta tra le temperature medie e i livelli di spreco alimentare. I paesi più caldi sembrano avere più sprechi alimentari pro capite nelle famiglie, potenzialmente a causa dell’aumento del consumo di alimenti freschi e della mancanza di efficaci soluzioni di refrigerazione e conservazione.
Temperature stagionali più elevate, eventi di caldo estremo e siccità rendono più difficile la conservazione, la lavorazione, il trasporto e la vendita degli alimenti in modo sicuro, portando spesso allo spreco o alla perdita di un volume significativo di cibo. Poiché le perdite e gli sprechi alimentari generano fino al 10 per cento delle emissioni globali di gas serra, intervenire su questo problema è fondamentale per rallentare il riscaldamento globale.
Il rapporto nelle conclusioni evidenzia come le partnership fra pubblico e privato, che sono sempre più diffuse, possano contribuire a ridurre lo spreco, una missione possibile se si guarda al Giappone e alla Gran Bretagna che hanno ridotto lo spreco di cibo rispettivamente del 18 e del 31 per cento.
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