La decisione del presidente Biden mette fine alla guerra più lunga della storia americana, ma posticipa la scadenza fissata precedentemente da Donald Trump.
Gli Stati Unitiritireranno tutte le truppe stanziate in Afghanistan entro il prossimo 11 settembre, data che segna il ventesimo anniversario dell’attentato terroristico alle Torri gemelle di New York. La notizia è stata anticipata dal quotidiano Washington Post il 13 aprile e poi confermata dal presidente Joe Biden il giorno successivo. “Non possiamo continuare a prolungare la nostra presenza militare in Afghanistan sperando di creare le condizioni ideali per il ritiro”, ha affermato nel corso della conferenza stampa che Biden ha tenuto alla Casa Bianca, aggiungendo: “Sono il quarto presidente americano a gestire le truppe americane in Afghanistan. Due erano repubblicani, e due democratici. Non passerò la responsabilità a un quinto”.
La decisione di ritirare completamente le forze militari dal paese islamico è stata accolta in modo controverso a Washington, a dimostrazione del carattere eternamente divisivo del conflitto.
La presenza statunitense in Afghanistan, cominciata nell’ottobre del 2001, rappresenta quello che è generalmente considerato come il conflitto più lungo della storia americana. L’obiettivo iniziale delle truppe – smantellare la rete di Al-Qaeda nel paese islamico – è stato raggiunto piuttosto rapidamente, ma ha contribuito a destabilizzare gli equilibri politici in un’area già di per sé estremamente complicata.
La missione americana di “nation-building”volta a instaurare un governo democratico stabile e indipendente in Afghanistan non è mai stata pienamente portata a termine: al momento i talebani, cioè i fondamentalisti, controllano un quinto dello stato e possono contare su 85mila soldati.
Le truppe statunitensi ufficialmente stanziate in Afghanistan sono 2.500, anche se il numero oscilla periodicamente. Altri 7mila soldati presenti rispondono invece a coalizioni internazionali, come la Nato. Nel maggio 2011, quando gli Usa hanno individuato e ucciso il terrorista Bin Laden nel confinante Pakistan, i soldati americani in Afghanistan erano circa 100mila.
Tra il 2001 e il 2020 gli Stati Uniti hanno speso 978 miliardi di dollari per finanziare il conflitto in Afghanistan. Secondo le Nazioni Unite la guerra ha ucciso o ferito più di 100mila civili.
La decisione di Biden posticipa l’impegno preso dalla precedente amministrazione Trump che, negli accordi di Doha siglati con i talebani nel febbraio 2020, aveva fissato il primo maggio 2021 come termine ultimo per il ritiro delle truppe americane. In cambio, i talebani avrebbero dovuto tagliare tutti i rapporti con Al-Qaeda o altri gruppi terroristici, e avviare trattative di pace con il governo democratico del paese guidato dal presidente Ashraf Ghani.
L’accordo non è mai stato pienamente rispettato dai talebani. Al contrario, gli attacchi e le violenze nei confronti di civili o del governo afghano sono aumentati negli ultimi tre mesi del 2020 rispetto allo stesso periodo nell’anno precedente. Dall’altra parte, il governo afghano è stato accusato di non aver rispettato le tempistiche decise per il rilascio di 5mila prigionieri talebani, in cambio di mille afghani.
Al momento il gruppo non ha commentato la scelta di Biden riguardo al rinvio della data limite per il ritiro delle truppe americane, ma in passato i talebani avevano minacciato ritorsioni nel caso in cui la scadenza del 1 maggio 2021 non fosse stata rispettata.
L’annuncio di Biden ha ricevuto risposte controverse a Washington. A sostenerlo si sono esposti, ad esempio, i suoi ex rivali nella corsa alle primarie democratiche Elizabeth Warren e Bernie Sanders, che hanno accolto positivamente la decisione di mettere fine a una guerra protrattasi ormai troppo a lungo.
Al contrario Liz Cheney – senatrice e figlia dell’ex vicepresidente Dick Cheney, tra i principali sostenitori degli interventi americani in Afghanistan e Iraq negli anni di George W. Bush – ha affermato: “Le guerre non finiscono quando una delle due parti smette di lottare. Ritirare le nostre forze dall’Afghanistan entro l’11 settembre non farà altro che rafforzare i jihadisti che hanno attaccato la nostra patria in quello stesso giorno, vent’anni prima”.
Nei giorni precedenti l’annuncio le agenzie di intelligence americane avevano lanciato un avvertimento: nel caso in cui gli Stati Uniti decidessero di lasciare il paese senza il raggiungimento di un accordo tra talebani e governo afghano, i primi potrebbero prendere il controllo del territorio nel corso di due o tre anni, aprendo potenzialmente la strada al ritorno di gruppi terroristici quali Isis o Al-Qaeda. Allo stesso tempo, secondo le agenzie il rischio di potenziali nuovi attacchi terroristici nei confronti degli Stati Uniti è attualmente limitato, almeno per il prossimo futuro.
Nel bilancio fiscale per il 2022 Biden ha aumentato il budget destinato al dipartimento della Difesa dai 704 miliardi di dollari approvati per il 2021 a 715. La cifra è comunque inferiore alle previsioni dell’amministrazione Trump, che ammontavano a 722 miliardi di dollari.
La Francia ha annunciato domenica 24 settembre che le atlete francesi non potranno indossare l’hijab ai giochi olimpici del 2024. Le Nazioni Unite condannano questa decisione.
Dal colpo di stato del 2021 in Myanmar ci sono stati oltre 4mila morti e la repressione va peggiorando. L’appello dell’Onu per mettere fine alla tragedia.
La battaglia della Germania contro l’estrema destra prosegue. Prima è stata messa fuori legge l’associazione Hammerskin, ora l’organizzazione Artgemeinschaft.
La condanna di un’adolescente per aver espresso sostegno ai prigionieri politici su X è l’ennesimo esempio della repressione di Riyadh contro qualsiasi forma di dissenso.
A New York ci sono 110mila migranti, ma la situazione è critica in molte città statunitensi per l’arrivo di migranti dal continente americano e non solo.
Si è riacceso il conflitto tra Azerbaigian e Armenia sul Nagorno Karabakh. C’è l’accordo per la tregua, ma non si sa cosa spetterà alla popolazione armena.
75mila persone hanno sfilato a New York contro i combustibili fossili. Si tratta delle più grande manifestazione per il clima degli ultimi cinque anni.