Ogni anno si spendono almeno 1.800 miliardi di dollari in sussidi dannosi per l’ambiente che causano la distruzione di ecosistemi e l’estinzione di specie.
Ogni anno nel mondo si spendono almeno 1.800 miliardi di dollari in sussidi dannosi per l’ambiente (Sad, environmentally harmful subsidies, ndr), pari al 2 per cento del pil globale che stanno contribuendo a causare la distruzione degli ecosistemi e l’estinzione delle specie. In altre parole, il denaro pubblico sta finanziando la nostra estinzione.
Government action to redirect, repurpose and eliminate subsidies is critical to support the transition to a #NaturePositive economy.
È l’analisi di un nuovo studio condotto dagli esperti Doug Koplow e Ronald Steenblik e co-finanziato dal collettivo The B Team e la coalizione Business for Nature. Questa analisi è la prima da oltre dieci anni a fornire una stima del valore dei Sad in tutti i settori chiave.
I numeri da sapere sui sussidi dannosi per l’ambiente
Nel rapporto, Koplow e Steenblik hanno fornito una suddivisione dei Sad per settore. Secondo l’analisi, i settori che ricevono più dell’80 per cento di Sad all’anno sono quello delle energie da fonti fossili, quelli agricolo e acquifero. In particolare:
640 miliardi di dollari di sussidi all’anno finanziano l’industria di combustibili fossili la cui attività è tra le principali cause dell’aumento delle emissioni di gas serra e del riscaldamento globale, dell’inquinamento dell’aria, dell’acqua e dello sfruttamento delle risorse;
520 miliardi di dollari di sussidi all’anno sono destinati all’agricoltura la cui attività risulta in erosione del suolo, inquinamento, deforestazione, perdita di biodiversità e aumento delle emissioni di gas serra;
350 miliardi di dollari all’anno sono incanalati nella gestione dell’acqua e delle infrastrutture acquifere che contribuisce ai rischi per gli ecosistemi nei corsi e nei bacini d’acqua dolce e nell’oceano.
Secondo il rapporto, un’analisi della Banca mondiale sui sussidi a più di 1.500 servizi idrici e di trattamento delle acque ha rivelato che più del 50 per cento dei sussidi beneficiano il 20 per cento più ricco della popolazione, mentre solo il 6 per cento dei sussidi forniti ha sostenuto il 20 per cento più povero. Questo, sostiene il rapporto, esacerba le disuguaglianze globali e non supporta le comunità più vulnerabili.
In maniera simile, il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha scoperto che solo il 7 per cento dei sussidi a benzina, cherosene e gpl raggiunge il 20 per cento più povero della popolazione in 20 paesi. La maggior parte dei benefici di questi sussidi va alle famiglie ad alto reddito, rafforzando ulteriormente le disuguaglianze sociali.
Anche le attività di allevamenti per la produzione di carne di manzo e di soia beneficiano di sussidi e sono una delle principali cause della perdita di foreste in Brasile. Il rapporto evidenzia che questo produce una pressione continua sull’ecosistema forestale per la conversione delle terre.
I Sad, evidenzia il rapporto, oltre ad essere in opposizione agli obiettivi dell’Accordo di Parigi, sottoscritto dai 195 paesi che hanno partecipato alla Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite (Cop21) nel 2015, stanno contribuendo allo sfruttamento delle risorse naturali, alla degradazione degli ecosistemi globali e al rafforzamento di livelli di produzione e di consumo insostenibili, oltre che all’esacerbamento delle disuguaglianze globali.
🌿 80% of all environmentally harmful subsidies fund fossil fuels, water and harmful agriculture – accelerating the destruction of our planet.
Uno dei problemi principali dei sussidi ai combustibili fossili nello specifico è che contribuiscono al “carbon lock-in”, il radicamento di un sistema che dipende dai combustibili fossili. In altre parole, quando i combustibili fossili “perpetuano, ritardano o impediscono” la transizione verso alternative a basse emissioni di carbonio.
Inoltre, secondo l’organizzazione Oil change international, i sussidi ai combustibili fossili sostengono un’industria che causa impatti negativi sulla salute pubblica, inquinamento ambientale e cambiamenti climatici.
Un altro problema dei sussidi fossili è che ignorano il carbon budget, la quantità di CO2 che il mondo può ancora emettere per avere una possibilità di mantenere il riscaldamento globale entro gli 1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali.
Infine, i sussidi bloccano denaro pubblico che potrebbe essere destinato ad altro, a investimenti per il futuro più che a mantenere sussidi per tenere in vita un modello economico basato sui combustibili fossili. Il denaro pubblico che va ai combustibili fossili o altre attività inquinanti potrebbe invece essere reindirizzato per il sociale, la salute, l’energia pulita e lo sviluppo.
Fino a 11 milioni di dollari al minuto
È molto probabile, tra l’altro, che le cifre dello studio siano sottostimate, evidenzia il rapporto. Il valore totale dei Sad è probabilmente più alto a causa di una “mancanza di trasparenza” e di una “mancanza di circolazione” sui dati dei flussi di sussidi tra i governi e i beneficiari dei vari settori. Alcune delle stime (incluse quelle sui sussidi ai trasporti e all’edilizia), infatti, sono “illustrative”, a causa della mancanza di disponibilità di dati completi. I ricercatori, dunque, mettono in conto che il valore reale dei Sad sia “molto più elevato” del totale indicato dal rapporto.
Lo studio di Koplow e Steenblik si basa su analisi precedenti che hanno identificato i sussidi in diversi settori. Tra questi vi sono le stime del Fmi che ha calcolato i sussidi ai combustibili fossili a circa 5.900 miliardi di dollari nel 2020: circa 11 milioni di dollari al minuto.
Come eliminare i sussidi dannosi
Sono decenni che i governi dichiarano di impegnarsi per regolamentare i Sad, ma “il progresso rimane lento”, sostiene il rapporto. Gli autori evidenziano che una parte significativa degli 1.800 miliardi di dollari potrebbe essere riproposta per sostenere politiche di protezione ambientale e di transizione ecologica.
“Il rapporto mostra che reindirizzare, riproporre o eliminare i sussidi potrebbe dare un contributo importante per sbloccare i 711 miliardi di dollari necessari ogni anno per fermare e invertire la perdita della natura entro il 2030, così come i costi per raggiungere le emissioni nette zero”, ha detto Elizabeth Mrema, responsabile delle Nazioni Unite per la biodiversità.
🌏 @CFigueres, founder of @GlobalOptimism and former Executive Secretary of @UNFCCC, urges transitioning from environmentally harmful subsidies to investments #ForNature.
Prima della Cop15 sulla biodiversità, che si terrà a Ginevra dal 13 al 29 marzo, The B Team e Business for Nature chiedono che l’obiettivo di 500 miliardi di dollari all’anno sulla riforma dei sussidi nell’attuale bozza del Global biodiversity framework sia rafforzato e che rifletta le ultime analisi. Chiedono anche che i governi si impegnino a reindirizzare, riproporre o eliminare tutti i sussidi ambientalmente dannosi entro il 2030. Con il vertiginoso aumento delle emissioni di CO2 e della temperatura, è cruciale che il denaro pubblico venga reindirizzato verso attività non inquinanti.
Una stretta opera di sorveglianza anti-bracconaggio ha dato i suoi frutti: il parco nazionale di Kaziranga ha quasi azzerato le uccisioni di rinoceronti.
Approvato quasi due anni fa, il regolamento sulla forestazione importata dovrebbe entrare in vigore il 31 dicembre. Ma in tanti chiedono una revisione.
Dal 2015 i fondi sono aumentati del 136 per cento a livello globale, 25,8 miliardi l’anno. Ma la strada è ancora molto lunga, tra disparità e resistenze.