Come l’Italia deve attuare la transizione energetica, in 5 punti

Il ministro Roberto Cingolani ha presentato le linee programmatiche della transizione energetica. Vediamo se corrispondono ai suggerimenti delle principali organizzazioni ambientaliste e imprenditoriali.

Una seria transizione ecologica, basata a sua volta su una rapida transizione energetica che abbandoni definitivamente i combustibili fossili, in favore delle energie rinnovabili, non è più rinviabile. Il 12 febbraio Roberto Cingolani si è insediato a capo del ministero della Transizione ecologica. A distanza di circa un mese, pubblichiamo una lista di suggerimenti che alcune tra le principali organizzazioni ambientaliste e industriali hanno raccolto, utili ai fini del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che l’Italia deve presentare entro la fine di aprile 2021.

1 Per la transizione energetica, aumentare le fonti rinnovabili

In audizione alla Commissione industria, commercio, turismo del Senato, Cingolani ha riferito che la transizione ecologica deve coniugare ​ambiente, energia e sviluppo. Secondo Greenpeace e Legambiente, per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 fissati dalla Commissione europea al 2030 bisogna raggiungere il 70 per cento di produzione di energia da fonti rinnovabili sulla rete elettrica, mentre l’attuale Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) ne prevede solo il 55 per cento. Dunque, senza un aumento degli investimenti nelle rinnovabili e interventi sulla rete elettrica non sarà possibile raggiungere gli obiettivi europei.

Aumento degli investimenti nelle rinnovabili e aggiornamento del Pniec sono due dei temi che Cingolani ha già dimostrato di aver preso in considerazione. Dal momento, però, che il Pnnr è ancora work in progress, non si conosce l’elenco dei progetti che potranno essere sviluppati, “delle modalità di finanziamento, delle tempistiche di sviluppo, della loro collocazione geografica”, fanno presente i vertici di Confindustria elettricità futura, associazione di categoria del mondo elettrico italiano. “Non meno importante, l’introduzione delle riforme strutturali che dovrebbero stimolare la produttività del nostro Paese. Mi riferisco in particolare alla riforma del sistema amministrativo del nostro Paese e al necessario processo di digitalizzazione”.

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In Italia si avrebbe entro il 2030 la creazione di 163 mila nuovi posti di lavoro grazie alle rinnovabili © Nicholas Doherty, Unsplash

Inoltre, su questo punto, Greenpeace ha già consegnato al governo guidato da Mario Draghi il rapporto Italia 1,5, commissionato dall’organizzazione ambientalista all’Institute for sustainable future di Sydney, e che contiene uno scenario di transizione energetica all’insegna della totale decarbonizzazione del paese. “Secondo i nostri calcoli” spiega Luca Iacoboni, responsabile campagna clima ed energia di Greenpeace, “in Italia si avrebbe entro il 2030 la creazione di 163 mila nuovi posti di lavoro: un aumento del 65 per cento circa dell’occupazione diretta nel settore energetico”.

2 Snellimento degli iter autorizzativi

Il ministro della transizione ecologica ha già parlato di transizione burocratica, ovvero di snellire l’iter di approvazione degli impianti da fonti rinnovabili. Un punto accolto con favore dalle organizzazioni ambientali e a maggior ragione del mondo delle imprese. “Attualmente, ci vogliono 8 anni per autorizzare un impianto eolico. Troppi” precisa Iacoboni di Greenpeace. Sulla stessa linea Elettricità futura, il cui direttore Andrea Zaghi aggiunge: “L’eccesso di burocrazia nella fase di permitting è infatti il principale ostacolo alla transizione ecologica. Fondamentale che la pubblica amministrazione formi in numero e professionalità le risorse che saranno chiamate a esaminare le nuove istanze autorizzative volte a realizzare i 65 gigawatt di nuove rinnovabili da qui al 2030 e centrare il Green deal”.

3 Potenziare tutti i tipi di fonti rinnovabili per la transizione energetica

Nel suo documento di osservazioni inviato alla Commissione industria, commercio, turismo del Senato, Elettricità futura fa notare che le iniziative previste dalla bozza di Pnnr in favore della transizione energetica sembrano limitate a poche tecnologie e aree d’intervento, mentre “si trascurano le opportunità di investimenti per il recupero di aree industriali dismesse e di aree agricole abbandonate” aggiunge Zaghi. “Dobbiamo sviluppare 50 gigawatt di nuovi impianti fotovoltaici di cui 35 necessariamente a terra. Per garantire lo sviluppo omogeneo del solare in queste aree, chiediamo anche per questi impianti l’accesso alle aste del decreto rinnovabili”. Ciò che propone l’associazione, dunque, è promuovere lo sviluppo degli impianti fotovoltaici a terra anche su terreni agricoli, “a partire da quelli non utilizzabili o non utilizzati in ambito rurale, e le nuove iniziative di agrovoltaico caratterizzate da una forte sinergia tra produzione agricola e produzione energetica”.

Legambiente  aggiunge il tema dell’idrogeno. Rigorosamente verde. Su questo l’associazione ambientalista chiarisce: “È fondamentale che si concentrino le risorse europee solo sullo sviluppo di idrogeno verde, ovvero quello prodotto attraverso impianti da fonti rinnovabili. Nessun impianto di produzione di idrogeno grigio (da fonti fossili) o blu (da metano associato a impianti di stoccaggio della CO2 ) dovrebbe essere finanziato nel nostro paese. L’idrogeno prodotto attraverso le fonti fossili, anche se associato a sistemi di cattura e stoccaggio, non può ritenersi una soluzione sostenibile da un punto di vista ambientale ed economico”.

Dal canto suo, nell’audizione alla Commissione industria, commercio, turismo del Senato, Cingolani si è espresso a favore dell’idrogeno verde come “fonte di energia decisamente preferibile”, ma ha anche aggiunto che, per raggiungere l’obiettivo del 72 per cento di fonti rinnovabili entro il 2030, è necessario avere la capacità di pensare a un mix di vettori energetici, molto variabile nel corso degli anni.

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È fondamentale che si concentrino le risorse europee sullo sviluppo di idrogeno verde © Sean Gallup, Getty Images

4 Eliminare i sussidi alle fonti fossili nella produzione e consumo di energia

Per Legambiente, i contributi in vigore ancora oggi per le centrali di produzione di energia da fonti fossili in diverse forme e le esenzioni dalla fiscalità per i consumi di gas “non hanno più ragione di esistere, nel momento in cui le rinnovabili sono competitive e gli usi elettrici più efficienti”. Per questo, Legambiente sottolinea come il governo debba aggiornare il catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi, che ogni anno in Italia valgono 20 miliardi di euro.

Rivolgendosi alla bozza di Pnnr presentata il 12 gennaio (quindi prima dell’insediamento del governo Draghi), Asvis fa notare che alla riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi si dovrà pervenire attraverso una pianificazione pluriennale chiara, coerente e organica alle linee di azione del Green new deal in materia di politica ambientale, energetica e fiscale, “per evitare distorsioni tra stati membri, proporzionata e opportunamente comunicata”. Dovrà inoltre consentire alle imprese “il progressivo e graduale adattamento alla nuova realtà anche in relazione alle tecnologie concretamente disponibili e prevedere adeguato supporto alla riconversione produttiva”.

Insomma, per l’Alleanza va definito un percorso a scadenze per la riduzione e riconversione a favore dello sviluppo sostenibile dei sussidi ambientalmente dannosi (Sad) a partire dai combustibili per aviazione civile, autotrasporto, agricoltura e pesca. “Per favorire tale processo non bisogna elargire semplici compensazioni economiche ai settori interessati” aggiunge Asvis “quanto offrire alternative sistemiche e mezzi alternativi di trasporto e produzione, basati sulle fonti di energia rinnovabili e in particolare sull’idrogeno green”.

5 Riqualificare gli edifici

Infine, la transizione energetica passa anche dalla riqualificazione degli edifici. Attualmente, il Pnnr “manca di un piano per la decarbonizzazione del patrimonio edilizio”, sottolinea Pierluigi Stefanini, presidente di Asvis. Eppure, le abitazioni sono responsabili di oltre un quarto dei consumi nazionali di energia e nonostante la modesta crescita della popolazione, dal 1990 i consumi di energia del settore residenziale sono aumentati del 23 per cento.

Secondo la Fondazione per lo sviluppo sostenibile (Susdef), è necessario aumentare il tasso di riqualificazione del patrimonio edilizio residenziale esistente, estendendo il bonus del 110 per cento e riqualificando il 2 per cento di edifici ogni anno da qui al 2030. Dunque, nel decennio in corso bisognerà imprimere una grande accelerazione al processo di rinnovamento ed efficientamento del patrimonio edilizio esistente.

Le previsioni di Susdef, in questo senso, sono ottimistiche: la riqualificazione energetica del parco edilizio porterà per la prima volta a una importante riduzione dei consumi energetici, stimata da Susdef a circa il 21 per cento. Se allo stesso tempo, il consumo di combustibili fossili si dimezzerà e le fonti rinnovabili cresceranno di oltre il 70 per cento, il fabbisogno energetico del comparto edilizio passerà dall’attuale 17 per cento al 25 per cento entro il 2030 e le emissioni del settore, anche grazie alla crescita delle rinnovabili nel mix nazionale della generazione elettrica, saranno più che dimezzate.

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