L’uso dei sottoprodotti dell’agricoltura nei mangimi animali può permettere un risparmio ecologico e una via diversa per l’ecosostenibilità ambientale.
Unesco, 5 siti in acque internazionali per la prima volta patrimonio dell’umanità
Lo sguardo dell’Unesco sta volgendo verso alcune aree oceaniche lontane dalle coste, luoghi ameni e non appartenenti al territorio di alcuno stato sovrano. Si sta concretizzando una nuova generazione di patrimoni dell’umanità che comprenderà cinque aree particolarmente preziose per la biodiversità, alcune per la presenza di specie rare di coralli e altre perché sono luogo di
Lo sguardo dell’Unesco sta volgendo verso alcune aree oceaniche lontane dalle coste, luoghi ameni e non appartenenti al territorio di alcuno stato sovrano. Si sta concretizzando una nuova generazione di patrimoni dell’umanità che comprenderà cinque aree particolarmente preziose per la biodiversità, alcune per la presenza di specie rare di coralli e altre perché sono luogo di ritrovo per gli squali bianchi. Nel mondo, ci sono attualmente 1.052 siti, tra cui figurano anche alcuni habitat sottomarini come la Grande barriera corallina australiana.
La candidatura a patrimonio dell’umanità
Le aree in alto mare che non ricadono sotto la responsabilità di alcuno stato e vengono comprese nelle cosiddette “acque internazionali”, hanno sempre rappresentato una zona grigia per l’Unesco. Questo perché solitamente sono i governi a chiedere l’introduzione di un determinato sito nella lista del Patrimoni; le acque internazionali costituiscono un caso a parte.
Lontane dalle nostre coste, queste sono minacciati da fattori come il cambiamento climatico, l’inquinamento e i rischi connessi al traffico navale. In un rapporto uscito a inizio agosto, l’Unesco ha finalmente nominato i primi cinque siti ubicati in oceano aperto.
La designazione di un luogo come patrimonio dell’umanità comporta dei trasferimenti dal World heritage fund dell’Unesco allo stato che ha il dovere di tutelare e preservare il sito. Non è ancora chiaro come l’Unesco abbia intenzione di agire nei confronti di quelli in acque internazionali. La preoccupazione è che ondate di turisti possano invadere questi habitat, compromettendone i fragili ecosistemi.
I primi 5 siti in acque internazionali
- Il Costa Rica thermal dome, un sito oceanico ricco di sostanze nutritive, popolato da balene blu e tartarughe marine.
- Il White shark café, un tratto del Pacifico situato tra il Nord America e le Hawaii, incontaminato habitat degli squali bianchi.
- Il Mar dei Sargassi, nell’oceano Atlantico, sito d’eccellenza per le alghe fluttuanti.
- Lost City, un ricco sistema di bocche termali e formazioni carobonatiche che si trova nell’oceano Atlantico.
- L’Atlantis Bank, un’isola fossile affondata nell’area sub-tropicale dell’oceano Indiano, sede di preziose specie di coralli e anemoni.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Torna il 19 e 20 aprile lo sciopero globale per il clima, che in Italia vede coinvolte 25 città. Giovani in piazza anche per Gaza.
I lavori del ponte sullo stretto di Messina dovrebbero iniziare a dicembre 2024 e concludersi nel 2032. Ma i cittadini si ribellano.
L’Agenzia per la protezione dell’ambiente ha imposto di rimuovere quasi del tutto alcuni Pfas dall’acqua potabile negli Stati Uniti.
La Corte europea per i diritti dell’uomo dà ragione alle Anziane per il clima: l’inazione climatica della Svizzera viola i loro diritti umani.
Dopo i rilievi nell’acqua potabile del Veneto e della Lombardia, sono state trovate tracce di Pfas nei delfini, tartarughe e squali spiaggiati sulle coste della Toscana.
Un nuovo rapporto di Wri e università del Maryland fa il punto sulla deforestazione. Miglioramenti in Brasile e Colombia, ma passi indietro altrove.
Sabato 6 aprile, il settimanale porta in edicola e online le tematiche del “vivere verde”. Con un’intervista a Simona Roveda.
A distanza di un mese dall’annuncio dello Zambia, anche il Malawi ha dichiarato lo stato di calamità a causa della siccità prolungata da El Niño.