Venezuela, la nave Nabarima carica di petrolio rischia di ribaltarsi
La nave Nabarima al largo del Venezuela. Immagine tratta dall'account Twitter della Ong Fishermen and Friends of the Sea (Ffos)
In panne da ormai venti mesi al largo delle coste del Venezuela, la nave Navarima ha a bordo 300 milioni di litri di petrolio.
La nave Nabarima al largo del Venezuela. Immagine tratta dall'account Twitter della Ong Fishermen and Friends of the Sea (Ffos)
Trecento milioni di litri di petrolio rischiano di fuoriuscire dalla nave unità di stoccaggio e trasbordo galleggiante (Ust), la Nabarima, nel Golfo di Paria, al largo delle coste del Venezuela. L’imbarcazione, battente bandiera venezuelana è ferma da ben venti mesi al largo, a causa di un guasto. Il settimanale Newsweek ha recentemente pubblicato immagini che mostrano la nave in forte pendenza, con la possibilità che possa riversare il suo carico nel golfo, devastando l’industria della pesca regionale e delicati ecosistemi.
⚠️ PLEASE RETWEET ⚠️
THE FSO NABARIMA IS SINKING.
THE SHIP IS FILLED WITH 55 MILLION GALLONS OF CRUDE OIL. IF THIS SHIP CAPSIZES, THERE WILL BE PERMANENT CONSEQUENCES– AND NOBODY IS DOING ANYTHING ABOUT IT. [thread] pic.twitter.com/xt22sHaRKT
— ♛⛓️ ROACH (READ MOST RECENT TWEET) (@KINGOFTRAGEDIES) October 19, 2020
Coinvolta anche la compagnia petrolifera italiana Eni
La Nabarima è gestita dalla compagnia Petrosucre, una joint venture tra la compagnia petrolifera statale venezuelana Petroleos de Venezuela (Pdvsa) e il colosso petrolifero italiano Eni, che detiene una quota del 26 per cento. Petrosucre ha congelato l’estrazione di petrolio nel gennaio 2019 dopo essere stata sanzionata dall’amministrazione del presidente Donald Trump, lasciando 1,3 milioni di barili di petrolio greggio, circa 300 milioni di litri, a bordo della Nabarima.
Secondo gli analisti, un’eventuale fuoriuscita potrebbe causare un disastro petrolifero peggiore di quello, devastante, della Exxon Valdez, la superpetroliera incastratasi nello stretto di Prince William, in Alasaka, nel 1989. Ad oggi è considerata la peggiore catastrofe della storia per la quantità di danni ambientali causati da una petroliera: in quel caso furono rilasciati 40,9 milioni di litri di petrolio.
L’ambasciata americana a Trinidad e Tobago ha rilasciato una dichiarazione in cui esprime il suo disagio per la situazione di Nabarima. “Gli Stati Uniti rimangono preoccupati per il potenziale rischio per la sicurezza e l’ambiente rappresentato dalla nave battente bandiera venezuelana, Nabarima, nel Golfo di Paria”, si legge nel comunicato. «Sosteniamo fortemente azioni immediate per portare il Nabarima agli standard di sicurezza internazionali ed evitare possibili danni ambientali, che potrebbero avere un impatto negativo non solo sul popolo venezuelano ma anche su quelli nei paesi vicini. Pdvsa ha la responsabilità di agire per evitare un disastro ambientale in acque venezuelane»
Le sanzioni americane al Venezuela complicano le eventuali operazioni di recupero del petrolio
La situazione però è complessa e la posizione dell’ambasciata non combacia con quella del dipartimento di Stato, guidato dal falco Mike Pompeo. A ostacolare le potenziali operazioni sono le sanzioni imposte dagli Stati Uniti al Venezuela e le mancate risposte da Washington. Dal gennaio 2019 infatti gli Stati Uniti hanno imposto un pacchetto di sanzioni durissimo contro la compagnia petrolifera Pdvsa, che ha visto un congelamento di 7 miliardi di dollari di fondi e perdite per 11 miliardi nel 2020, secondo fonti del dipartimento di Stato americano. Per estrarre il petrolio, infatti, servirebbe una nave appositamente attrezzata che non è in dotazione alla compagnia venezuelana. Ma allo stesso tempo le sanzioni statunitensi bloccano l’avvicinamento di navi di compagnie straniere alla Nabarima. E gli Usa non sembra siano intenzionati al momento a concedere luce verde alle operazioni di salvataggio.
“Eni è pronta a realizzare le attività necessarie per scaricare in sicurezza il petrolio dalla nave-deposito Nabarima, ancorata al largo del Venezuela, usando le soluzioni più avanzate”, ha spiegato a Lifegate un portavoce della compagnia petrolifera. “L’azienda potrà però procedere solo dopo l’approvazione da parte di Pdvsa (che è azionista di maggioranza nonché operatore di Petrosucre), e in seguito ad assicurazioni formali da parte delle autorità statunitensi competenti, del fatto che le suddette attività non comportino rischi sanzionatori per Eni e per i propri contractor”.
Nuove immagini della nave Nabarima preoccupano le ong
Al momento di pubblicare questo articolo, Lifegate non è riuscita a contattare il dipartimento di Stato americano per un commento. Le autorità venezuelane invece accusano la stampa di “propaganda”, definendo la situazione della petroliera “non critica” e sotto controllo. Sebbene la situazione non sia in effetti di immediato pericolo, la situazione rimane grave, come confermano varie fonti. Secondo l’associazione di Trinidad and Tobago Fishermen and friends of the sea (Ffos) “nelle nostre fotografie, scattate il 16 ottobre c’è un’enorme macchia di ruggine sul lato sinistro dello scafo della nave, che non è evidente nelle immagini inviateci dal nostro contatto venezuelano il 19 ottobre».
This is *five times* the Exxon Valdez spill. The Caribbean Sea would never be the same. https://t.co/BOOH2h9kOO
Una storia che su internet ha già preso la via delle fake news tra smentite e conferme, per una storia che sa di tatticismi geopolitici. “Quello che conta è mettere in sicurezza la Nabarima”, spiega Serena Giacomin, presidente di Italian Climate Network. “Questo incidente dimostra ancora una volta come il petrolio rimane un pericolo per l’ambiente. L’amministrazione Trump sappiamo che non è interessata a questi temi. Ma non possiamo aspettare un disastro ecologico per intervenire, come prevedono le sanzioni”.
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