10 aziende che hanno contribuito a ridurre lo spreco alimentare

Abbattere lo spreco alimentare è una delle principali sfide cui il pianeta deve far fronte. Ecco l’esempio di dieci aziende che hanno provato a farlo con metodi innovativi.

Lo spreco alimentare rappresenta un problema globale e assurdo, secondo l’Unep, il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, circa un terzo del cibo prodotto annualmente per il consumo umano, pari a 1,3 miliardi di tonnellate viene perso o sprecato. Allo stesso momento sono circa 805 milioni le persone afflitte da malnutrizione cronica. La strada per invertire questa tendenza è lunga e richiede interventi decisi, ecco qualche esempio di aziende, piccole e grandi, che hanno adottato un approccio innovativo per combattere lo spreco.

 

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1. Panera Bread

Panera Bread è una catena di panetteria-caffetteria diffusa negli Stati Uniti e in Canada. I locali servono prodotti da forno freschi tutti i giorni, tutti i prodotti invenduti devono essere pertanto essere scartati al momento della chiusura. Anziché gettare pane, dolci e ciambelle ancora perfettamente commestibili Panera Bread li invia alle organizzazioni no profit locali. Così facendo dona ogni anno prodotti alimentari per un valore di circa 100 milioni di dollari.

 

2. Rude Food

Questa società di catering svedese ha completamente ripensato il concetto di rifiuti alimentari. Circa il 95 per cento degli alimenti serviti da Rude Food proviene da prodotti “scaduti” o superficialmente danneggiati, ottenuti da supermercati, aziende e mense.

 

3. Original Unverpackt

Il supermercato berlinese è il primo al mondo senza imballaggi. Un intero negozio che offre ai propri clienti prodotti sfusi, niente sacchetti di plastica, contenitori monouso, buste usa e getta. I clienti possono acquistare la quantità di prodotto di cui hanno bisogno, riducendo così gli sprechi alimentari a casa. Original Unverpackt è il negozio di alimentari del futuro.

 

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4. Darden Restaurants

La società statunitense proprietaria di numerosi ristoranti ha avviato un  programma di soccorso alimentare, il Darden Harvest food rescue program, più di dieci anni fa. L’iniziativa prevede l’invio delle derrate alimentari scadute, ma ancora buone, organizzazioni umanitarie locali. Dalla sua nascita il programma ha donato oltre 77 milioni di chili di eccedenze alimentari, per un totale di più di 100 milioni di pasti.

 

5. Sainsbury

La terza catena di supermercati nel Regno Unito ha ridotto in maniera efficace lo spreco alimentare dei propri punti vendita. Le eccedenze commestibili vengono donate ad associazioni umanitarie, mentre il cibo avariato viene trasformato in energia pulita per alimentare i supermercati. Oltre che sostenibile questa scelta è anche vantaggiosa, Sainsbury risparmia infatti così la spesa necessaria per inviare i rifiuti alle discariche.

 

6. Loblaw

Quasi la metà dei rifiuti alimentari, circa il 40 per cento, nasce perché i prodotti, per quanto buoni, possono avere imperfezioni che ne alterano l’aspetto. Loblaw, la più grande catena di negozi al dettaglio del Canada, ha deciso di vendere tali prodotti ad un prezzo inferiore per far sì che non restino sugli scaffali.

 

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7. AgriDust

Nato da un’idea della designer italiana Marina Ceccolini, AgriDust rivoluziona il mondo della stampa 3D. È un’alternativa a basso impatto ambientale per la plastica nel settore dello stampaggio. AgriDust utilizza infatti scarti alimentari come bucce di mandarino, fondi di caffè, gusci di arachidi, baccelli di fagiolo, bucce di pomodoro, di limoni e di arance. Mescolati con fecola di patate attraverso una combinazione del 64,5 per cento di rifiuti e del 35,5 per cento di amido, questi prodotti di scarto molto comuni si sono rivelati degli efficaci materiali stampabili in 3D.

 

8. Zero Percent

Rajesh Karmani prima ha preso atto del problema dei rifiuti alimentari dell’America mentre frequentava l’Università dell’Illinois, dopo la laurea ha deciso di fare qualcosa al riguardo. Ha creato la piattaforma Zero Percent che, rivolgendosi ai punti vendita, consente loro in maniera facile ed efficiente di donare le eccedenze alle mense e ai rifugi. Volontari aderenti a associazioni senza scopo di lucro vengono informati attraverso e-mail alert su pc o smartphone quando il cibo invenduto diventa disponibile.

 

9. Kroger

Come la maggior parte catene di negozi alimentari, la statunitense Kroger produce una quantità impressionante di rifiuti alimentari, circa 150 tonnellate al giorno. Anche per evitare le costose tasse di smaltimento Kroger ha optato per una soluzione più innovativa installando un sistema di digestione anaerobica nel proprio centro di distribuzione: il cibo in eccesso viene trasformato in biogas.

 

10. Intermarché

La catena di supermercati francese Intermarché, attraverso una brillante campagna pubblicitaria, ha convinto gli acquirenti ad acquistare i prodotti meno belli esteticamente facendo leva sul loro lato buffo e lanciando la campagna Inglorious Fruits and Vegetables. Le vendite di tali prodotte sono aumentate grazie anche a testimonial come “la mela grottesca”, “la patata ridicola” e “la brutto carota”.

 

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