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Il biologico è definitivamente uscito dalla nicchia: gli acquisti bio sono cresciuti anche nel periodo dell’emergenza coronavirus. Un riflesso del desiderio di un mondo più sostenibile, ma anche della consapevolezza di quanto il bio sia sicuro per la salute umana e dell’ambiente.
Lo scorso marzo, in piena emergenza coronavirus, le vendite di biologico nella grande distribuzione sono aumentate del 19,6 per cento, nei discount del 23,7 per cento e nei piccoli supermercati di quartiere del 26,2 per cento. Sono i dati diffusi da Assobio in collaborazione con Nielsen, secondo i quali la crescita è stata ancora maggiore nei negozi specializzati dove, da rilevazioni su un campione di circa 500 attività, si è registrato un incremento degli acquisti del 28,8 per cento.
Una riprova della maggiore attenzione dei consumatori alla salute, alla qualità e alla sicurezza dei prodotti che acquistano, ma anche un cambio di paradigma verso un rapporto qualità-prezzo più soddisfacente.
Passata l’emergenza, molti consumatori che hanno apprezzato gli alimenti biologici potrebbero continuare ad acquistarli, consolidando le quote di mercato acquisite dal comparto bio.
Secondo Assobio, il trend favorevole di mercato è stato favorito dalla costanza della produzione di alimenti biologici anche in tempo di Covid, poiché, a differenza del convenzionale, l’agricoltura biologica non dipende dai pesticidi e non ha quindi risentito di problematiche connesse alla mancata fornitura di questi elementi.
Se nell’agricoltura biologica si applicano rigorose restrizioni all’uso di pesticidi chimici di sintesi, la conseguenza più diretta è che mangiando cibo biologico non si assumano tali sostanze.
Un effetto dimostrato anche scientificamente, da uno studio pubblicato nel 2019 su Environmental Research effettuato dai ricercatori dell’Università della California. Lo studio ha preso in considerazione quattro famiglie di diverse etnie residenti in diverse zone degli Stati Uniti (Oakland, Minneapolis, Baltimora e Atlanta), composte da tre a cinque persone ciascuna.
A queste famiglie è stato chiesto di passare a una dieta biologica. Gli scienziati hanno quindi analizzato diversi campioni, rilevando una diminuzione o un azzeramento di pesticidi e composti progenitori nelle urine dei giorni in cui le famiglie avevano assunto cibo biologico rispetto a quelle dei sei giorni precedenti l’adozione della dieta.
In particolare gli organofosfati si erano ridotti del 70 per cento, il clorpyrifos del 61 per cento e il malathion del 95 per cento, mentre l’erbicida 2,4 D del 37 per cento. Anche i piretroidi (insetticidi e acaricidi) sono risultati dimezzati e un neonicotinoide trovato era diminuito dell’84 per cento. Sono tutte sostanze che diversi studi hanno associato a malattie e disturbi anche gravi.
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