Stop al carbone in tutta Europa. È questo l’appello lanciato dai ricercatori del Climate Analytics nell’ultimo rapporto “A stress test for coal in Europe under the Paris Agreement”. Per riuscire a rispettare gli impegni presi con la ratifica dell’Accordo di Parigi e mantenere quindi l’aumento della temperature entro i 2 gradi centigradi, dovremmo gradualmente rinunciare
Stop al carbone in tutta Europa. È questo l’appello lanciato dai ricercatori del Climate Analytics nell’ultimo rapporto “A stress test for coal in Europe under the Paris Agreement”. Per riuscire a rispettare gli impegni presi con la ratifica dell’Accordo di Parigi e mantenere quindi l’aumento della temperature entro i 2 gradi centigradi, dovremmo gradualmente rinunciare al carbone: del 25 per cento entro il 2020, del 70 entro il 2025, fino a spegnere tutte le centrali entro il 2030.
“L’Ue possiede oltre 300 centrali elettriche con 738 unità distinte”, scrive il team di ricerca sul sito ufficiale. “Queste non sono equamente distribuite tra i singoli Stati membri e quelli che fanno più affidamento sul carbone sono la Polonia, la Germania, la Bulgaria, la Repubblica Ceca e la Romania. Germania e Polonia, da sole, hanno il 51 per cento della capacità installata in Europa”. In pratica le due nazioni sono responsabili della metà delle emissioni provenienti dal carbone in tutta l’Ue.
Non solo, non basterebbe nemmeno mantenere le centrali attive fino alla fine della loro vita utile, perché questo significherebbe eccedere dell’85 per cento il proprio bilancio di carbonio, ovvero la soglia da non superare per rispettare gli accordi internazionali. Il rapporto redige una dettagliata lista delle centrali in questione, due sono italiane: quella di Brindisi Sud e di Torrevaldaliga Nord.
Ma qualcosa in Europa si sta muovendo. Il Governo olandese, lo scorso settembre, ha votato una delle leggi più ambiziose in materia di clima in Europa e ha deciso di chiudere tutte le centrali entro il 2030. Decisione che permetterà di tagliare di oltre la metà le emissioni di CO2. Segue la Francia, che a novembre ha deciso di abbandonare il carbone come fonte per la produzione di elettricità ancora prima, nel 2023. Il Paese d’oltralpe d’altronde produce oggi il 75 per cento della propria energia elettrica dalla fissione nucleare. A seguire anche il Regno Unito, che avrebbe in agenda di abbandonare il combustibile fossile in questione entro il 2025.
Il carbone in Italia
Ha fatto discutere la richiesta delle scorse settimane da parte del ministero dello Sviluppo Economico di “congelare” lo smantellamento di alcune vecchie centrali a carbone italiane. In particolare quelle di Genova Lanterna e di Bastardo in Umbria. La prima era già inserita tra le 23 centrali da dismettere e di fatto già in spegnimento. Secondo Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia si tratta però di “scuse rese risibili dalla enorme sovra capacità italiana: siamo in grado di produrre quasi 117 GW di energia elettrica a fronte del massimo picco di domanda interna di 60,5 GW. In realtà, si riapre al carbone dopo che erano venute prese di posizione e impegni formali per l’abbandono di questa fonte pericolosa sia per la salute che per l’ambiente e letale per il clima”.
In un momento in cui la transizione energetica sta accelerando e le energie rinnovabili sono in crescita, la produzione di petrolio negli Stati Uniti non si ferma.
Tra gennaio e giugno in Italia la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ha segnato un +27,3 per cento rispetto allo stesso periodo del 2023.
Un gruppo di associazioni chiede a Eni di sospendere il contratto con chi occupa i Territori palestinesi. E il governo della Colombia ha fermato l’invio di carbone.
Tra i sistemi di accumulo di energia, la batteria agli ioni di litio è sicuramente la tecnologia con più mercato. Ma altre formule più efficienti si stanno lentamente affermando.
L’1 luglio il governo ha consegnato il nuovo Piano nazionale integrato energia e clima. Purtroppo però non rappresenta la realtà che servirebbe all’Italia.
Secondo i dati dell’Energy Institute, quello passato è stato l’anno che ha “bruciato” più energia di sempre: crescono sia il fossile che le rinnovabili.