La proposta di togliere la scadenza all’autorizzazione delle sostanze attive dei pesticidi è contenuta in un pacchetto semplificazione della Commissione. Per gli ambientalisti in questo modo il profitto dell’industria prevale sulla salute.
Il governo danese ha annunciato l’introduzione di una tassa sulle emissioni agricole e del bestiame. Lo storico accordo prevede anche una riconversione dei terreni agricoli in zone umide e foreste.
Il 18 novembre il governo danese ha dichiarato che i principali partiti del Paese hanno raggiunto l’accordo sul piano per introdurre la tassa sulle emissioni del settore agricolo. Si tratta di un importante passo avanti per l’approvazione del provvedimento che dovrà essere votato dal Parlamento.
“La natura danese cambierà in un modo che non abbiamo mai visto da quando le zone umide furono prosciugate nel 1864 – ha affermato Jeppe Bruus, nominato ministro del Tripartito verde lo scorso agosto –. Quando si viaggerà attraverso il paese, la differenza sarà visibile e percepita”. Secondo un rapporto del Parlamento danese, circa il 60 percento del territorio della Danimarca è attualmente coltivato, una percentuale che ne fa il paese con la più alta quota di terreni coltivati, insieme al Bangladesh.
Il governo della Danimarca ha annunciato che introdurrà a partire dal 2030 una tassa climatica sulla CO2 prodotta dall’agricoltura con l’obiettivo di contribuire a ridurre le emissioni di gas serra del 70 per cento rispetto al 1990. Il provvedimento, il primo al mondo di questo genere, dovrà essere approvato dal parlamento danese ma, intanto, è stato raggiunto un accordo sui contenuti dopo mesi di trattative tra agricoltori, industria, sindacati e gruppi ambientalisti.
Tutte le parti si sono dette soddisfatte del compromesso, un passo storico verso la tutela della biodiversità e il futuro dell’agricoltura. “Saremo il primo paese al mondo a introdurre una vera tassa sulla CO2 in agricoltura. Altri paesi ne trarranno ispirazione”, ha detto Jeppe Bruus, ministro del Fisco danese, che ha definito la misura un grande passo verso la neutralità climatica.
L’accordo prevede una tassa, nel 2030, di 300 corone danesi (circa 40 euro) per tonnellata di CO2 proveniente da allevamenti, uso di fertilizzanti e altre attività agricole, che aumenterà a 750 corone (circa 100 euro) entro il 2035. Per facilitare la transizione, per i primi cinque anni gli agricoltori avranno diritto a una detrazione d’imposta sul reddito del 60 per cento.
Per l’Associazione danese per la conservazione della natura, si tratta di un accordo “storico”. La tassa fa parte di un vasto piano agricolo chiamato Tripartito verde che punta a ridurre anche le emissioni di azoto di 13.780 tonnellate all’anno a partire dal 2027. Oltre alla tassa, il governo stanzierà infatti 40 miliardi di corone danesi (oltre 5 miliardi di euro) per iniziare “la più grande conversione fondiaria nella storia della Danimarca”. I fondi serviranno per ricostruire le zone umide del Paese che sono importanti serbatoi di carbonio e per creare 250mila ettari di nuova foresta grazie alla conversione di terreni agricoli. Ed entro il 2030 saranno definiti cinque nuovi grandi parchi naturali nazionali. “Siamo riusciti a ridurre la superficie agricola in modo da avere spazio per la natura, proteggere il clima, l’ambiente e i nostri fiordi”, ha detto la presidente dell’associazione Maria Gjerding.
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