La Guinea sta costruendo la diga di Souapiti che fa parte della centrale idroelettrica da 450 megawatt sul fiume Konkouré, a 224 chilometri dalla capitale Conakry. È il progetto energetico più “innovativo” portato avanti dal governo del presidente Alpha Condé, il quale crede fermamente in questo tipo di progetto per aumentare significativamente l’accesso all’elettricità in un paese in cui solo una parte della popolazione può disporne in modo corrente.
Una critica mossa a questo progetto riguarda, però, il trattamento riservato dal governo agli abitanti della regione ai quali non sarebbe stata fornita sufficiente terra per trasferirsi, né risarcimenti o altri tipi di compensazione per le persone che hanno perso i principali mezzi di sostentamento.
Chi c’è dietro la costruzione della diga di Souapiti
La costruzione della diga è iniziata nel 2015 e l’impianto dovrebbe iniziare a produrre elettricità entro la fine di quest’anno. La diga nasce da un partenariato pubblico-privato tra il governo della Guinea e la China international water & electric corporation, una consociata della China Three Gorges corporation di proprietà statale, a cui è stato assegnato il bando di costruzione. Il finanziamento viene invece dalla banca statale Export-Import Bank of China. Questa banca, che peraltro ha concesso prestiti per oltre 150 miliardi di dollari per sostenere la Belt and road Initiative di Pechino, sta finanziando l’impianto con un prestito di ben 1,2 miliardi di dollari al governo guineano.
Migliaia di persone sono state sfrattate
Malgrado le affermazioni del governo guineano, secondo cui la diga migliorerà sensibilmente la fornitura di energia del paese, la sua costruzione per ora ha causato il trasferimento forzato di più di sedicimila persone e l’inondazione di 253 chilometri quadrati di terra. Le autorità hanno trasferito diversi villaggi nel 2019 e ne stanno spostando a decine nel corso del 2020.
L’organizzazione Human rights watch (Hrw) mostra preoccupazione per il destino delle persone trasferite. “Il governo guineano ha spostato 51 villaggi nel 2019 e ha affermato di avere in programma di trasferire i restanti villaggi nel giro di un anno. Le comunità trasferite sono state costrette ad abbandonare le proprie case e la terra ereditata dagli antenati (in molti casi già allagata) e ora si trovano in una situazione di difficoltà nel sostenersi economicamente e a ripristinare le fonti, i mezzi per vivere dignitosamente”, afferma la ong per i diritti umani.
Nessuna delle comunità rimosse con cui abbiamo parlato ha ricevuto dei risarcimenti per la perdita della terra, solo per la perdita di raccolti e alberi. La Souapiti Agency aveva promesso di aiutarle a coltivare in modo più efficiente le terre restanti e di trovare nuove fonti di guadagno per le comunità. Ma per ora le persone trasferite non hanno ricevuto questo tipo di assistenza.
Mariama Barry, attivista guineiana
The Souapiti hydroelectric dam in Guinea has devastated the livelihoods & food security of thousands of people.
Nel frattempo, l’agenzia governativa Souapiti Agency, a capo del programma dei trasferimenti, dichiara che “siccome la terra in questione era di proprietà per tradizione, gli abitanti non hanno diritto a un risarcimento, una posizione che viola gli standard internazionali“, afferma l’attivista guineana Mariama Barry in una intervista rilasciata a Hrw. Inoltre, “le terre scelte per i trasferimenti forzati appartengono ad altre comunità. Le famiglie trasferite non ricevono nessun diritto legale sulle nuove terre, viene dato loro solo un documento che registra il consenso alla concessione della terra da parte delle comunità ospitanti.
Ma considerata la scarsità di terra e la dimensione dell’area che verrà inondata, questo sistema potrebbe portare a conflitti. Le comunità trasferite già stanno facendo notare che non hanno abbastanza terra coltivabile per far fronte alle proprie necessità”.
L’impoverimento delle persone coinvolte
“Non hanno previsto nulla per noi, la nostra gente è estremamente povera”, afferma Oumar Aissata Camara, portavoce dell’associazione Souapiti victims. “Questo governo ci ha mentito sui risarcimenti, fino ad ora non abbiamo ricevuto nessun supporto, tutto ciò è disumano”.
“La gente ha fame, a volte non mangio per lasciare il cibo ai miei figli. Questo fa male perché abbiamo dovuto abbandonare tutto“, dice una donna trasferita dal villaggio Tahiré Center nel 2019. Abitanti provenienti da diversi villaggi hanno spiegato che mentre prima potevano coltivare quello che mangiavano, dopo essere stati trasferiti devono guadagnare per comprare il cibo nei mercati locali. “Ora che i campi non ci sono più, stiamo pian piano vendendo il bestiame per arrivare a fine mese”, spiega un mandriano e contadino. “Siamo fragili come uova a causa della sofferenza qui”, afferma un leader della comunità trasferito l’anno scorso.
Le richieste non vengono prese in considerazione
Le persone trasferite hanno scritto molte lettere di protesta sia alle autorità locali che a quelle nazionali, ma non sono servite a nulla. La Souapiti Agency ammette che durante il processo iniziale di trasferimento non erano presenti meccanismi formali per esprimere reclami, e che le persone interessate non avevano accesso a una consulenza legale indipendente.
Negli ultimi anni l’amministrazione della diga ha tentato di capire le comunità, ascoltarne le richieste e i bisogni principali, ma viene criticata perché non sono stati fatti sforzi concreti per affrontare i problemi causati dai trasferimenti forzati.
I guineani trarranno beneficio dalla diga?
La Guinea ha bisogno di un maggiore accesso all’elettricità perché alcune aree residenziali hanno a disposizione energia per poche ore al giorno e nelle aree rurali la disponibilità è ancora più scarsa. Ma non è chiaro come la popolazione potrà trarre beneficio dal progetto Souapiti, visto che l’energia prodotta è destinata ad alimentare l’industria mineraria in espansione nel paese e parte dell’energia verrà persino esportata. In particolare, non è chiaro se le comunità trasferite avranno accesso all’energia prodotta dalla diga perché, per ora, le zone di trasferimento non sono connesse alla rete energetica della Guinea.
“La Guinea ha un bisogno disperato di elettricità, ma questa non è una buona scusa per calpestare i diritti delle persone trasferite a causa della costruzione della diga Souapiti”, afferma Yasmin Dagne, ricercatrice africana parte di Human rights watch. “Il governo della Guinea deve assicurarsi che le comunità trasferite abbiano accesso alla terra e alle risorse di cui hanno bisogno per ricostruire le loro vite“.
Considerando l’impatto dei progetti idroelettrici in Guinea sui diritti umani, sull’ambiente e sulla società, è fondamentale che il governo valuti prima se le dighe in progettazione siano necessarie e sensate. E quando lo sono, è altrettanto importante che vengano rispettate tutte le normative e gli standard nazionali e internazionali durante il processo di trasferimento forzato delle comunità.
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