I diritti messi in discussione in Italia nel 2023, secondo Amnesty International

Secondo Amnesty alcuni diritti in Italia, nel 2023, hanno subito contrazioni: dall’aborto alla libertà di espressione, passando per quelli dei migranti.

  • Dalle torture nelle carceri, all’aborto, dalla tutela dei migranti all’ambiente: secondo Amnesty International alcuni diritti in Italia sono a rischio.
  • Permane lo stillicidio della violenza di genere, mentre per la ong è evidente il restringimento del diritto alla protesta.
  • E per il 2024 è già a rischio la trasparenza sul commercio di armi dall’Italia all’estero verso paesi in guerra.

Dal rinnovato allarme sulle torture nelle carceri agli ancora troppo frequenti casi di violenza di genere, passando per la (mancata) accoglienza delle persone migranti e la tendenza a rendere difficile l’esigibilità del diritto delle donne all’aborto. Il tutto con sullo sfondo il diritto a un ambiente sano, e quello alla protesta, ultimamente compressa con provvedimenti restrittivi e talvolta anche con la forza.

Pur rimanendo nell’ambito di quell’Occidente culla della democrazia, con livelli alti di diritti garantiti, anche lo stato dei diritti in Italia non è esente da pecche, vulnus e gravi violazioni dei diritti umani e civili: la denuncia arriva da Amnesty International, che nell’ambito del rapporto 2023 sui diritti umani nel mondo si sofferma anche su quello che accade nel nostro Paese. Sottolineando la necessità di un impegno costante e coerente da parte delle istituzioni, della società civile e dei cittadini per garantire una società giusta, inclusiva e rispettosa dei diritti di tutti.

L’attacco al reato di tortura, sulla carta e nei fatti 

Solamente da qualche anno, con molta fatica e qualche lacuna, l’Italia si è dotata di una legge contro la tortura, ma già negli ultimi mesi un progetto di legge per l’abrogazione di quella legge ha suscitato il timore che l’Italia si stesse preparando a fare marcia indietro sugli obblighi internazionali. Una preoccupazione che si riflette nei fatti: lo scorso giugno, ricorda Amnesty, cinque agenti di polizia di Verona sono stati posti agli arresti domiciliari nell’ambito di un’indagine su atti di tortura aggravati dall’odio razziale, per lo più contro persone con cittadinanza non italiana. Anche altri agenti sono stati indagati per reati violenti, mentre un numero ancora maggiore è stato trasferito per non aver denunciato gli abusi commessi dai colleghi, compresa la questora.

A proposito di diritti in Italia, a marzo sono stati sospesi oltre 20 agenti penitenziari indagati per presunta tortura nel carcere di Biella (alla fine il giudice preliminari ha derubricato il fatto ad abuso di autorità). È proseguito inoltre il processo contro 105 agenti penitenziari e altri funzionari accusati di molteplici reati, inclusa la tortura, in seguito alla repressione di una protesta nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, nell’aprile 2020. Altri due agenti che avevano scelto il rito abbreviato sono stati assolti a giugno.

Le limitazioni alla libertà di manifestazione 

Per rispondere ai blitz dimostrativi dei giovani attivisti ambientalisti, in particolare di Ultima Generazione, nel 2023 governoha varato il cosiddetto decreto ecovandali, poi convertito in legge dal parlamento, per punire con il carcere o con multe pesanti la deturpazione o il danneggiamento di edifici e manufatti storici.

Una norma soroporzionata, e che attenta alla libertà di espressione e riunione, non solo per Amnesty, ma anche per il relatore speciale delle Nazioni Unite sui difensori dell’ambiente ai sensi della Convenzione di Aarhus, che monitora l’accesso alla giustizia in materia ambientale, ha criticato il disegno di legge. A novembre, un altro disegno di legge sostenuto dal governo ha proposto sanzioni più severe per chi partecipava all’organizzazione di blocchi stradali: anche in questo caso, i destinatari erano gli attivisti ambientali, e anche questo è un caso di messa in discussione dei diritti in Italia.

In diverse occasioni, sempre più frequenti in questo inizio di 2024, soprattutto in relazione alla causa palestinese, la polizia ha fatto uso eccessivo della forza contro chi aveva partecipato alle manifestazioni. A luglio, in Piemonte, durante una protesta in gran parte pacifica contro un progetto di ferrovia ad alta velocità, la polizia ha fatto un uso non necessario e indiscriminato di gas lacrimogeni.

La violenze di genere non si ferma mai

Solamente nell’anno scorso in Italia i sono verificati 97 omicidi di donne in episodi di violenza domestica; di queste, 64 sono state uccise dai loro partner attuali o ex. Nel 2024, ai primi di aprile le donne uccise erano già 29. Sono state proposte misure di protezione rafforzate per prevenire le aggressioni, anche in risposta all’uccisione di una giovane donna da parte del suo ex fidanzato a novembre, nella provincia di Pordenone, in Friuli-Venezia Giulia. Senza dimenticare ovviamente l’eco mediatica destata dalla vicenda di Giulia Cecchettin, risalente alla scorsa estate.

A dicembre, dopo la visita effettuata a giugno, la Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa ha criticato la carenza di centri anti-violenza, in alcuni casi messi anche sotto sfratto dalle istituzioni come nel caso di Lucha y Siesta a Roma, e la scarsità di fondi per chi fornisce loro servizi. Il parlamento non è riuscito ad allineare le leggi sullo stupro alla Convenzione di Istanbul.

L’odissea di migranti e rifugiati

Quella del Mediterraneo centrale è rimasta la rotta migratoria più pericolosa al mondo, ricorda Amnesty International, lungo la quale 2.498 persone sono annegate o scomparse nel corso dell’anno, nel tentativo di raggiungere l’Europa, un aumento drammatico rispetto alle 1.417 vittime del 2022. La maggior parte era partita dalla Libia e dalla Tunisia. Più di 157.600 persone sono arrivate in modo irregolare via mare, tra cui oltre 17.300 minori non accompagnati, rispetto alle circa 105mila persone del 2022.

Le migliaia di persone sbarcate in Italia sono state soccorse dalle autorità italiane. Si è temuto, tuttavia, che l’Italia non avesse sempre adempiuto ai propri obblighi di ricerca e salvataggio. A febbraio, almeno 94 persone, tra cui 34 bambini, sono annegate vicino alla spiaggia di Steccato di Cutro, in Calabria, nelle acque territoriali italiane. Sei ore prima che l’imbarcazione affondasse, ricorda Amnesty, Frontex, l’Agenzia della guardia di frontiera e costiera dell’Ue, aveva condiviso le informazioni sulla barca con le autorità italiane, che però non avevano avviato immediatamente un’operazione di salvataggio.

Proprio a seguito di quell’evento, il governo ha inasprito le regole per le ong che soccorrono le persone in mare (e che con la tragedia di Cutro non avevano nulla a che fare): ora sono soggette a obblighi aggiuntivi, tra cui quello di richiedere un porto per lo sbarco e di recarvisi immediatamente dopo ogni salvataggio, limitando la possibilità di salvare più persone in un’unica operazione.

In alcuni casi, le autorità hanno costretto le navi di soccorso delle Ong a percorrere oltre mille chilometri per raggiungere i porti assegnati per lo sbarco, quando erano disponibili porti idonei più vicini. Molto spesso le navi delle ong, una volta attraccate, sono sottoposte a lunghi fermi amministrativi.  A gennaio e di nuovo a dicembre, la Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa ha chiesto al governo di ritirare le misure.

A marzo, il governo ha aggiornato l’elenco dei “paesi di origine sicuri”, aggiungendo la Nigeria e confermando la Tunisia, nonostante le prove di diffuse violazioni dei diritti umani in entrambi i paesi. A maggio, il parlamento ha abolito i permessi di protezione speciale, una forma complementare di protezione per chi fa richiesta di asilo e per altre persone che sarebbero a rischio se rimpatriate, e ha significativamente limitato i permessi basati su altri motivi. Ha inoltre introdotto procedure accelerate di frontiera per esaminare le domande d’asilo di persone provenienti da paesi considerati “sicuri”. Alcune delle nuove norme violavano gli standard internazionali. Anche l’accordo siglato a novembre con l’Albania per la creazione di due strutture di detenzione per richiedenti asilo e migranti sul territorio albanese, per Amnesty, suscita preoccupazioni circa la detenzione arbitraria, i respingimenti e l’effettivo accesso all’asilo.

Ancora troppi discorsi d’odio e razzismo 

Ad agosto, nel suo rapporto annuale, il Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione razziale ha espresso preoccupazione per i discorsi d’odio razzista, la retorica politica razzista, anche da parte di membri del governo, la proliferazione di episodi di odio razzista e i numerosi casi di abusi e maltrattamenti di stampo razzista contro minoranze etniche e migranti da parte delle forze di polizia e sicurezza.

A novembre, un centro di monitoraggio ebraico ha segnalato un aumento significativo degli episodi di antisemitismo dal 7 ottobre in poi, in seguito all’inizio del nuovo conflitto in Israele e Territori Palestinesi Occupati. Inoltre Amnesty ricorda che, a causa delle mancate approvazioni del ddl Zan e di una legge sulla cittadinanza, le persone Lgbtqia+, con disabilità, o i minori nati o cresciuti in Italia con genitori stranieri permangono di fatto in una condizione di discriminazione, in un caso rispetto alla tutela dai crimini di odio, nell’altro rispetto ai diritti civili (sono oltre un milione i minori coinvolti).

Le minacce al diritto all’aborto 

In diverse regioni italiane (Marche e Umbria su tutte) sono perdurati ostacoli per accedere all’aborto, soprattutto a causa dell’elevato numero di medici e operatori sanitari che si rifiutano di fornire cure abortive, i cossidetti obiettori di coscienza. Amnesty ha espresso preoccupazione per la proliferazione di progetti di legge nazionali e regionali incentrati sulla protezione del feto. E solamente negli ultimi giorni, in pieno 2024, il governo ha aperto le porte dei consultori pubblici, già carenti su tutto il territorio nazionale, anche alle cosiddette associazioni ‘pro vita‘, con il rischio che le donne che vi si rivolgano in cerca di supporto per abortire possano subire pressioni psicologiche.

 

Il diritto a un ambiente salubre

Le temperature record della scorsa estate, molto probabilmente causate dai cambiamenti climatici, nel sud Italia hanno segnato un aumento della mortalità del 7 per cento rispetto alla media, secondo un report ufficiale del ministero della Salute. A giugno, il governo ha reso pubblico un nuovo piano nazionale integrato per l’energia e il clima, che secondo alcune persone esperte prevede riduzioni insufficienti delle emissioni. Il piano potrebbe comportare il rinvio dell’eliminazione del carbone al 2028 ma, secondo Amnesty, ha mostrato che il paese sta faticando a raggiungere l’obiettivo dell’Ue di ridurre le emissioni di carbonio entro il 2030, peraltro ribadito (ma con una coda al 2035 “al massimo”, anche dal recentissimo G7 Clima, energia e ambiente. In compenso, accusa l’associazione non governativa, il governo ha continuato a investire in progetti di combustibili fossili all’estero, infrangendo  l’impegno assunto internazionalmente nel 2021, e ha fortemente sovvenzionato l’uso di combustibili fossili.

Il tema delle esportazioni di armi

Per finire, le armi: a novembre il governo ha sospeso nuove licenze per l’esportazione di armi ed equipaggiamento militare verso Israele. Tuttavia, le esportazioni basate su licenze passate sono continuate, nonostante le prove crescenti di attacchi illegali su civili e beni civili da parte di Israele nella Striscia di Gaza occupata. E come anticipava Francesco Vignarca di Rete pace e disarmo, ora anche la la legge che regola l’export di armi italiane è a rischio, “e potrebbe essere l’ultima volta che abbiamo un quadro chiaro sull’export di armi”: dall’anno prossimo potremmo non essere più in grado di sapere chi vende armi, attraverso quali istituti bancari, e a quali Paesi. Un altro passo indietro per quanto riguarda trasparenza e diritto a essere informati.

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