Perché dobbiamo avere paura se non rispettiamo la montagna

La montagna è un luogo fragile e vulnerabile. Se vogliamo preservarla, e preservarne le risorse, occorre farlo anche quando la si visita per turismo.

L’acqua è un bene prezioso. Il più prezioso per la vita sulla Terra. Il consumo in aumento, l’inquinamento, l’incremento demografico e i cambiamenti climatici la stanno tuttavia minacciando sempre più. L’acqua potabile, in particolare, rischia di diventare via via più rara, soprattutto in alcune aree della Terra: da quelle a rischio desertificazione fino a quelle più remote, ad esempio in alta montagna. Per questo è fondamentale utilizzarla in modo responsabile.

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Quel che resta del ghiaccio della Marmolada © Georg Tappeiner

La campagna “Dolomeyes: Paura a prima vista!”

È sulla base di tale principio che è nata la campagna “Dolomeyes: Paura a prima vista!”. Un’iniziativa promossa dalla Fondazione Dolomiti Unesco, in collaborazione con le associazioni alpinistiche e dei rifugisti della regione dolomitica, il cui obiettivo è di invitare gli escursionisti ad una frequentazione consapevole della montagna in alta quota. E ad un utilizzo razionale dell’acqua in tale contesto. Le risorse idriche divengono più rare, infatti, non soltanto nelle regioni più calde della Terra: anche i rifugi montani, spesso, hanno a disposizione quantitativi molto limitati. E per alcuni di essi l’approvvigionamento risulta anche particolarmente costoso.

Chi frequenta la montagna sa che numerose baite e rifugi già da anni invitano la clientela ad evitare gli sprechi. Rispettare la montagna, e più in generale la natura, significa infatti anche riflettere sull’uso delle risorse che essa mette a disposizione. Adattando i propri comportamenti al contesto: soprattutto chi vive abitualmente in zone che non presentano problemi di approvvigionamento idrico è chiamato ad uno sforzo prima di tutto intellettuale. L’alta quota non può evidentemente offrire le comodità della grande città.

“Servono più educazione e istruzione sulla montagna”

“Il turismo nel corso degli ultimi decenni è aumentato notevolmente – spiega Roberta Silva, che gestisce il rifugio Roda di Vaèl, in provincia di Trento, nel cuore del Catinaccio -. Sono 17 anni che lavoro qui e la modalità di fruizione da parte dei turisti è cambiata. Non credo serva imporre freni all’afflusso, ma penso che servano più educazione e istruzione. Anche per quanto riguarda la sicurezza e la conoscenza dei percorsi, così come in merito al rispetto della natura”.

Ma attenzione: tutto ciò non significa sacrifici e rinunce. Al contrario, è possibile vivere i “limiti” imposti dall’ambiente montano come occasioni per un’esperienza autentica e unica. Si può imparare a conoscere la fragilità delle zone d’alta quota, la delicatezza dell’equilibrio dell’ecosistema alpino. E apprezzare la soddisfazione nel sapere di stare facendo la propria parte per limitare l’impatto del turismo, contribuendo così a preservare luoghi magnifici, come quelli che offrono le Alpi.

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Il rifugio Tosa Pedrotti, dietro Bocca di Brenta, Cima Brenta Bassa a sinistra e Cima Tosa, a destra Cima Brenta Alta © Georg Tappeiner

“Allo stesso tempo – spiega Fondazione Dolomiti Unesco – la maggiore consapevolezza degli ospiti può rappresentare un concreto aiuto nell’attività quotidiana del gestore del rifugio, perché riduce le occasioni di conflitto e rende l’uso delle risorse più efficiente”. D’altra parte, la frequentazione – in particolare nelle Dolomiti – risulta in continua crescita, con un afflusso importante di origine internazionale. E capita che chi si presenta in un rifugio incastonato tra guglie e forcelle si aspetti lo stesso servizio che può ricevere in pieno centro nella propria città.

I “limiti” che occorre rispettare in montagna

Per questo la campagna Dolomeyes: Paura a prima vista!” – che è possibile seguire sui social network attraverso l’hashtag #dontbeamonster – punta a innescare un processo culturale di rispetto e di approccio consapevole. A trasmettere la necessità di accettare i limiti, sia dell’ambiente che della sua frequentazione, a far comprendere l’unicità e la vulnerabilità dell’ambiente montano. E ad informare, in particolare, in merito al problema della scarsità dell’acqua in alta quota, innescando un cambiamento virtuoso tra gli escursionisti.

“Mi è capitato – prosegue Silva – di dover chiedere ad alcuni clienti di non fare la doccia due volte al giorno. E io ho la fortuna di essere allacciata all’acqua comunale, ma noi gestori di rifugi dobbiamo essere solidali. Per alcuni l’approvvigionamento è ben più difficile. Per questo dobbiamo spiegare sempre ai clienti quanto siano preziose le risorse idriche in alta montagna”. In che modo? L’idea è di ricordare che in montagna ci si innamora del paesaggio, dei suoi colori, del verde dei suoi boschi, delle acque limpide e incontaminate, dei laghi e dei tramonti.

Occorre capire che i pericoli sono imminenti

Allo stesso modo, però, dovremmo anche essere terrorizzati all’idea di rovinare tutto ciò. Anche con i nostri comportamenti. Di qui lo slogan “Paura a prima vista!”: “Quello che vediamo ci spaventa solamente nel momento in cui siamo in grado di riconoscerne il pericolo imminente”, spiegano i promotori della campagna di sensibilizzazione. Così nasce la figura di Dolomeyes, letteralmente “Gli occhi delle Dolomiti”.

Un essere spaventoso che vive tra le rocce e le nevi delle Dolomiti, creatura misteriosa che abita le foreste innevate e che difende le vette più alte. Protagonista di un cortometraggio nel quale assume, appunto, il ruolo della paura che dovremmo provare se comprendessimo in che modo il nostro modo di fare, troppo spesso, nuoce a luoghi incontaminati nei quali a regnare dev’essere la natura. “Il vero mostro non è quindi Dolomeyes – spiega la Fondazione Dolomiti Unesco – ma sono i gesti irresponsabili degli esser umani… il vero mostro è chi non rispetta la montagna e le sue risorse”.

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