Regno Unito, vietate per greenwashing tre pubblicità di Shell

L’Advertising standards authority (Asa) ha bloccato tre pubblicità di Shell: presentavano in modo fuorviante la transizione energetica dell’azienda.

  • L’Advertising standards authority del Regno Unito ha bloccato tre pubblicità di Shell.
  • Avrebbero fatto intendere ai consumatori che la compagnia si dedicasse in modo preponderante alle energie pulite.
  • Ad oggi, però, non è così: anzi, la società continuerà per tutto il decennio a estrarre petrolio come ha fatto in passato.

Nella foto, il celebre ponte sospeso di Clifton. A caratteri cubitali, una scritta: Bristol (la città inglese dove si trova, ndr) è pronta per l’energia pulita. Il logo in alto a destra è quello di Shell, colosso dell’energia grazie al quale – si legge sempre nel manifesto – “nel sudovest (dell’Inghilterra) 78mila case usano elettricità 100 per cento rinnovabile”. Questa è una delle tre pubblicità che sono state vietate dall’Advertising standards authority (Asa), l’ente che regolamenta il settore pubblicitario del Regno Unito.

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Il logo della Shell © Matthew Horwood/Getty Images

Perché le autorità hanno bloccato le pubblicità di Shell

L’Advertising standards authority si è concentrata su tre pubblicità, tutte di Shell e tutte risalenti al 2022: oltre all’affissione, dunque, ci sono anche uno spot televisivo e un video su YouTube. Lo slogan è sempre lo stesso: il Regno Unito è pronto per l’energia pulita.

È vero, riconosce l’Asa, che Shell è entrata nel settore dell’energia pulita e si è impegnata per il net zero, cioè l’azzeramento delle sue emissioni nette di gas a effetto serra, entro il 2050. Ma è vero anche che “gli investimenti e l’estrazione di gas e petrolio su larga scala costituivano la grande maggioranza del suo modello di business nel 2022 e continueranno a farlo nel prossimo futuro”, scrive. Tant’è che le sue operazioni hanno generato emissioni di gas serra pari a 1.375 tonnellate di CO2 equivalente nel 2021.

A giudicare dalle pubblicità, però, i consumatori potrebbero essere portati a pensare che Shell si occupi quasi solo di energie rinnovabili. In mancanza di informazioni di contesto, dunque, quegli annunci rischiano di risultare fuorvianti. Facendo quello che, in gergo, si definisce greenwashing. Per questo, vanno cancellati.

Shell non ci sta (ma continua con il petrolio)

“Siamo in forte disaccordo con la decisione dell’Asa che potrebbe rallentare la spinta del Regno Unito verso le energie rinnovabili”, dichiara un portavoce di Shell tramite una nota. “Le persone sono già ben consapevoli del fatto che Shell produca il gas e il petrolio da cui oggi dipendono. Quando fanno rifornimento alle nostre stazioni di benzina nel Regno Unito, lo fanno sotto il logo di Shell, immediatamente riconoscibile”. Aggiungendo: “Nessuna transizione energetica può avere successo se le persone non conoscono le alternative che hanno a disposizione. Questo è ciò che i nostri annunci vogliono mostrare, e questo è il motivo per cui siamo preoccupati per questa decisione miope”.

Pochi giorni dopo questo duro comunicato, la stessa Shell ha però rivisto i suoi piani per il futuro. Annacquando ulteriormente l’impegno per il clima. In precedenza, infatti, aveva dichiarato di aver raggiunto nel 2019 il picco della produzione petrolifera che, quindi, da lì al 2030 sarebbe calata dell’1-2 per cento all’anno. Mercoledì 14 giugno, però, ha fatto sapere che non andrà così. La produzione di petrolio rimarrà stabile fino alla fine di questo decennio. In aperto contrasto con le richieste delle massime autorità scientifiche internazionali.

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