Popoli indigeni

Guaranà, la prima Denominazione d’origine brasiliana dell’Amazzonia

Un riconoscimento che lega questa pianta al suo territorio nativo e al popolo indigena che la coltiva. Per una produzione unica.

Si chiama waranà, più conosciuta come guaranà, ed è una pianta autoctona dell’Amazzonia brasiliana. I suoi frutti, caratterizzati da una sorta di buccia rossa e dalla polpa bianca, contengono semi che vengono cotti e grattugiati e poi utilizzati in cucina con usi diversi tra cui, il più celebre, la produzione di una bevanda energizzante. Il guaranà è anche utilizzato nel campo degli integratori naturali, e, più recentemente, in quello della cosmesi. Ora, il waranà di Andirá Marau, nel nord del Brasile, e i Sateré-Mawé della Foresta Amazzonica, la comunità indigena che più di duemila anni fa ha addomesticato questa liana facendo sì che potesse venire coltivata, hanno ottenuto la Denominazione di origine brasiliana.

Il primo riconoscimento a un popolo indigeno del Brasile e all’Amazzonia brasiliana

È la prima volta che questo importante riconoscimento, che certifica i prodotti sancendo il legame tra le qualità peculiari e il luogo di origine, viene assegnato a un popolo indigeno del Brasile. Non solo: il waranà dei Sateré-Mawé è anche il primo prodotto dell’Amazzonia brasiliana a ottenerla. “Ottenere la Denominazione di origine significa certificare che il prodotto, con quelle determinate caratteristiche legate a fattori umani e naturali, esiste solo in quella determinata area geografica” – spiega Maurizio Fraboni, socioeconomista dello sviluppo che da 25 anni lavora al fianco dei Sateré-Mawé. “Nel caso del waranà c’è però molto di più: il bacino idrografico formato dal corso dei fiumi Andirá e Marau è la banca genetica in sito del guaranà, l’unica al mondo. Un santuario ecologico e culturale costruito nel corso dei secoli”.

Un ecosistema unico per il guaranà

La denominazione di origine brasiliana apre le porte verso la Denominazione di origine protetta (Dop), il marchio di tutela giuridica attribuito dall’Unione europea agli alimenti le cui peculiari caratteristiche qualitative dipendono essenzialmente o esclusivamente dal territorio in cui sono stati prodotti. Per i prodotti extraeuropei, vantare un’indicazione geografica locale è infatti requisito indispensabile per poter accedere alla Dop comunitaria. La pianta è nativa dell’Andirá Marau, un lembo di terra di circa ottomila chilometri quadrati nel mezzo dell’Amazzonia: solo lì, dove le api locali garantiscono l’impollinazione incrociata tra i guaraneti e le liane della foresta, si conserva tutta la varietà genetica primitiva e se ne preserva la tradizione. Gli indigeni (sono duecento le famiglie produttrici) accolgono le piantine nate dai semi caduti ai piedi delle liane e le trapiantano in radure dove crescono a cespuglio e divengono produttive.

Gli indigeni, custodi della biodiversità

Con il recente successo commerciale del guaranà, l’industria agroalimentare ha cominciato a imporre a molti contadini, nelle produzioni esterne alla terra indigena, l’universalizzazione dell’uso di cultivar, ottenute mediante clonazione. In questo quadro, la Dop assume un valore in più. “La Denominazione di origine è il riconoscimento a una lotta lunga decenni in difesa di un prodotto che non deve essere ridotto a una commodity” – spiega Fraboni. “Non è solo un riconoscimento al prodotto ma si inquadra in un progetto integrato di eco-etnosviluppo che mira a realizzare quanto stabilito dalla Costituzione brasiliana del 1988, cioè la possibilità per le comunità indigene di gestire il proprio territorio secondo i loro usi, costumi e tradizioni, usufruendo in modo ecologico delle risorse della biodiversità di cui dispongono per i propri bisogni fondamentali. Valorizzandole, facendone uno strumento di autonomia economica, possono trarne una garanzia di autonomia politica e culturale”.

Guaranà
I semi del guaranà vengono cotti e grattugiati, quindi destinati a vari utilizzi in cucina o in cosmetica © Slow Food

Guaranà, il Presidio Slow Food protagonista di Terra Madre Brasil

Il guaranà è da quasi vent’anni Presidio Slow Food: “Abbiamo creduto nel waranà fin dall’inizio degli anni Duemila” – ricorda Serena Milano, segretaria generale della Fondazione Slow Food per la biodiversità onlus. “Nel 2002 abbiamo lanciato il Presidio Slow Food, portandolo a Torino in occasione di quell’edizione del Salone del gusto“. In questi giorni invece il guaranà è protagonista della terza edizione di Terra Madre Brasil, il più importante evento organizzato dalla rete Slow Food in Brasile, che, inaugurato il 17 novembre proseguirà con eventi online fino al 22 del mese. In una puntata del format Slow Food Come si fa, è possibile vedere la produzione del waraná Sateré-Mawé.

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