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Un popolo straordinario che possedeva una buona conoscenza della flora nativa e di quella che oggi viene definita medicina naturale, sono i maori
Il regno vegetale dal quale i Maori potevano attingere era così ricco e vario che presto impararono a riconoscere caratteristiche e proprietà terapeutiche di moltissime piante. Ma anche nella loro cultura, il respiro del mondo naturale si confondeva con la superstizione.
Ogni malattia, infatti, aveva due cause: una dovuta ad un’azione compiuta nel passato che spesso era da imputare alla violazione del tapu (tabù) o di qualche legge tribale; l’altra era l’effetto di un incantesimo ai danni del malato. Quest’ultima altro non era che l’esistenza, nella parte inferma, di spiriti maligni ognuno dei quali aveva il controllo di una zona del corpo. Era così che Titi provocava malattie respiratorie, Rongomai e Taparitapua causavano la tisi e la lebbra, Titihai infliggeva dolori agli arti inferiori e Tu-Tangata-Kini scatenava violente coliche. A seconda della colpa commessa essi infierivano impietosamente sul malato. I sacerdoti, quindi, disponevano di due rimedi: uno spirituale, o Karakia (preghiere), e l’altro materiale, con la somministrazione di erbe medicinali.
Molto usato era un decotto di foglie di Hokehoke (hartighsia spectabilis) dal sapore forte e amaro, apprezzato per le sue proprietà curative e tonificanti. Sempre con le stesse foglie si otteneva un infuso che arrestava la secrezione del latte nelle donne che avevano perduto i neonati. Decotti di Pua, Ruruhau, Nani e di Toru erano usati per malanni di lieve entità (febbre, raffreddore). Per liberarsi del mal di denti i maori masticavano la radice di Kawakawa (piper Excelsum). Su ferite da trauma (distorsioni, slogamenti, fratture) venivano applicati impacchi di foglie di Harakeke (formium tenax) e radici di Rengareuga riscaldate al fuoco. Fra le tante varietà di formio venivano raccolti i fiori di quello di colore rossiccio per ricavarne una sostanza dolce molto simile al miele, prediletta dai bambini ma usata anche come ottimo ricostituente. Infine, le numerosissime sorgenti minerali, sulfuree e i fanghi termali erano un antidoto ai malanni di tipo reumatico, paralisi, sciatiche, gotta e malattie della pelle.
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