Prende una piega positiva la vicenda di Disha Ravi, la 22enne che era stata arrestata per aver dato visibilità alle proteste degli agricoltori indiani.
Ha fatto il giro del mondo il caso di Disha Ravi, la ventiduenne indiana che era stata arrestata per il semplice fatto di aver diffuso un documento che esprime solidarietà con gli agricoltori in rivolta. Martedì 23 febbraio la corte le ha concesso la libertà su cauzione, descrivendo come “scarse e imprecise” le prove contro di lei.
I motivi dell’arresto della giovane attivista Disha Ravi
Disha Ravi, 22 anni, era nota per essere tra i fondatori del gruppo locale dei Fridays for future. In quello che è stato ribattezzato come “toolkit case”, la polizia l’ha prelevata dalla sua casa di Bangalore e l’ha condotta in carcere a Delhi (a migliaia di chilometri di distanza) con l’accusa di sedizione e associazione a delinquere.
Il gesto che le è stato contestato? Aver diffuso informazioni sui motivi per cui gli agricoltori indiani stanno protestando da settimane, invitando la popolazione a manifestare sostegno nei loro confronti. Il documento aveva attirato l’attenzione soprattutto dopo la condivisione da parte di Greta Thunberg. Disha Ravi era stata anche stata tacciata di legami con il movimento separatista Khalistan, un’ipotesi che il giudice ha smentito a chiare lettere.
Considerata la durezza del trattamento che è stato riservato alla giovane, la vicenda ha suscitato parecchio clamore. Mentre la notizia rimbalzava tra giornali e social network, sono stati organizzati alcuni cortei di protesta.
Climate activist Disha Ravi, and India’s shrinking space for dissent https://t.co/n8wFT6i0k5
Le parole del giudice che ha disposto la scarcerazione
“In qualsiasi paese democratico, i cittadini sono i custodi della coscienza del governo. Non possono essere messi dietro le sbarre solo perché scelgono di non essere d’accordo con le politiche statali”, ha dichiarato il giudice Dharmendra Rana, secondo quanto riportato dalla testata indiana The Wire. Citando una sentenza del 1942, ha aggiunto che “il reato di sedizione non può essere invocato per curare la vanità ferita dei governi”, ricordando che la libertà di opinione (anche quando prende le forme del dissenso) è legittima e, anzi, preziosa. “Una cittadinanza consapevole e assertiva, a differenza di una cittadinanza indifferente o arrendevole, è indiscutibilmente un segno di una democrazia sana e vivace”.
Questa libertà di parola e di espressione – ha ribadito – è un diritto riconosciuto dai padri fondatori e messo nero su bianco nell’articolo 19 della Costituzione indiana. A suo giudizio, esso include anche il diritto a cercare di raggiungere un pubblico globale, visto che “non ci sono barriere geografiche alla comunicazione” e “un cittadino ha il diritto fondamentale di usare i metodi migliori per divulgare e ricevere messaggi”, se si mantiene entro il perimetro della legge.
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