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“È stato un agguato, ma non ci arrendiamo”, la testimonianza dei due italiani a bordo della nave di Sea Shepherd
Due volontari italiani, Francesca Santaniello e Giovanni Cappa, erano a bordo della nave Farley Mowat durante l’attacco dei bracconieri nel Golfo della California. Gli abbiamo chiesto di raccontarci la vicenda.
La conservazione degli oceani non è un pranzo di gala, potremmo dire parafrasando la celebre frase di Mao Zedong. Lo sa bene Sea Shepherd, organizzazione che si batte per proteggere gli ecosistemi marini e che per anni ha cercato di impedire alle baleniere giapponesi di cacciare balene nel santuario dei cetacei nell’oceano Antartico, tra inseguimenti e speronamenti. L’attivismo di Sea Shepherd ha ottenuto in 40 anni risultati straordinari, salvando migliaia di cetacei, ma presenta dei rischi. L’ultimo episodio in tal senso risale a pochi giorni fa, lo scorso 9 gennaio l’imbarcazione Farley Mowat è stata infatti vittima di un attacco da parte di barche di pescatori di frodo mentre si trovava nel Golfo della California, nel santuario della vaquita. A bordo della nave si trovavano anche due volontari italiani, Giovanni Cappa e Francesca Santaniello, gli abbiamo chiesto di raccontarci le loro impressioni.
Avete avuto l’impressione che l’attacco fosse premeditato e avesse una funzione intimidatoria?
Sea Shepherd crede fermamente che l’attacco sia stato premeditato con lo scopo di allontanare la nostra nave dal santuario della vaquita e interferire con le attività di recupero delle reti illegali per la pesca del totoaba.
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Avete temuto che l’attacco potesse avere gravi conseguenze per l’incolumità dei membri dell’equipaggio?
Sea Shepherd ha uno specifico protocollo anti pirateria per queste situazioni con l’obiettivo primario di garantire la sicurezza di tutto l’equipaggio. Tutti i membri dell’equipaggio sono sottoposti ad addestramento intensivo e vengono svolte costantemente simulazioni in modo che qualsiasi attacco possa essere affrontato in massima sicurezza.
Considerato l’elevato valore economico delle vesciche natatorie di totoaba, la posta in gioco nel Golfo della California è alta. Credete sia possibile arginare la piaga del bracconaggio e provare ad impedire l’estinzione della vaquita?
La minaccia maggiore per la vaquita sono le reti illegali per la pesca del totoaba situate nel santuario. Ad oggi, il modo più diretto ed efficace per impedire l’estinzione di questo raro cetaceo è rimuovere le reti illegali. È largamente riconosciuto, anche dalla comunità scientifica, che se Sea Shepherd non avesse operato nell’area durante gli scorsi quattro anni, la vaquita sarebbe ora estinta.
Continuerete a prestare servizio come volontari sulle imbarcazioni di Sea Shepherd nonostante l’accaduto?
L’attacco che abbiamo subito è un chiaro segnale che Sea Shepherd sta combattendo in maniera efficace la pesca di frodo nel Golfo della California. Solo dal punto di vista economico abbiamo inferto un grave danno ai bracconieri, recuperando materiale da pesca illegale per il valore di un milione di dollari. Sea Shepherd protegge con successo gli oceani da più di 40 anni e noi siamo orgogliosi di far parte di questa organizzazione. Continueremo a lottare per la conservazione degli ecosistemi marini in prima linea malgrado l’accaduto, che ci ha anzi motivati ancora di più.
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