Con Raimondo Orsini, direttore della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, abbiamo esplorato i temi chiave degli Stati generali della green economy 2024 il 5 e 6 novembre.
Un viaggio nel mondo della materia prima del futuro
Un viaggio nel mondo del legno, un prodotto straordinario e affascinante che è materia prima del passato e materiale innovativo per un futuro sostenibile, e alleato nella lotta contro la crisi climatica.
con la collaborazione di Giorgio Vacchiano, Luigi Torreggiani (Compagnia delle Foreste), Francesco Negro (Università di Torino), Marco Togni (Università di Firenze) e Davide Pettenella (Università di Padova)
Immaginatevi un team di giovani scienziate e scienziati – “gli eroi son tutti giovani e belli”, cantava Francesco Guccini – in grado di presentare al mondo della ricerca e al tessuto produttivo internazionale un nuovo materiale con le seguenti, sbalorditive, caratteristiche: rinnovabile; biodegradabile; adatto a costruire manufatti di piccola taglia ma anche imponenti strutture, resistenti ai terremoti più violenti; fonte di energia termica ed elettrica; durevole anche per centinaia di anni; creato a partire dal carbonio presente in atmosfera e in grado, di conseguenza, di assorbire al suo interno una parte importante delle emissioni di CO2 responsabili della crisi climatica.
Immaginate che questo materiale sia pure bello esteticamente, induca benessere e buon umore e che sia producibile, in modo diffuso, su quasi tutto il Pianeta, anche attraverso filiere corte e locali. Pensate che da esso si possano derivare anche carta, cartone, tessuti e composti chimici per svariati utilizzi. Immaginate, infine, che per la sua produzione e trasformazione possano trovare lavoro decine di milioni di persone in tutto il mondo.
Questo team di ricerca vincerebbe, senza ombra di dubbio, una sfilza di premi Nobel: per la fisica, per la chimica, per l’economia e, molto probabilmente, anche quello per la pace.
Ma è chiaro, questo gruppo di scienziati non esiste. Esiste invece quel materiale, c’è da tempo immemorabile e ha accompagnato, fin dai suoi albori, la storia dell’umanità. Si chiama legno ed è prodotto dagli alberi – “Ogni cosa che puoi immaginare la natura l’ha già creata” diceva Albert Einstein.
Il legno è una materia prima complessa e straordinaria, in continua evoluzione tecnologica
L’antico, rivoluzionario legno
Ai ricercatori e ai tecnici, sgravati da madre natura dal dover investire enormi energie per concepire e realizzare questa incredibile invenzione, rimane allora il compito di studiarla, immaginarne e testarne nuovi usi, capire come produrla senza lasciare le generazioni future prive di alberi. Già, perché per produrre legno gli alberi vanno tagliati. Si può produrre legno attraverso piantagioni dedicate su terreni agricoli (arboricoltura da legno) oppure tramite la selvicoltura, che si attua nelle foreste. Ma dovrà pur sempre arrivare il momento in cui alcuni alberi saranno da abbattere, anche se questa immagine, al giorno d’oggi, può risultare raccapricciante.
Rimane il compito di studiarla, immaginarne e testarne nuovi usi, capire come produrla senza lasciare le generazioni future prive di alberi
Ma tagliare alberi non significa distruggere foreste: è possibile farlo creando le condizioni che permettano, al posto di una pianta abbattuta, la ricrescita o la nascita di nuovi alberi. E questo senza alterare in modo impattante gli ecosistemi forestali, che non sono fatti solo di organismi arborei, ma di delicate connessioni tra numerosi esseri viventi e con il suolo, le rocce, le nevi, le acque, tutti elementi la cui tutela è di primario interesse pubblico.
Benvenuti nel mondo del legno, un prodotto straordinario e affascinante, che è al tempo stesso materia prima del passato (pensate agli utensili di Ötzi, la mummia del Similaun, alle coperture delle grandi navate delle antiche chiese, al violino di Stradivari, alla Gioconda di Leonardo, dipinta su una tavola di pioppo) e materiale innovativo per un futuro sostenibile, “centro di gravità permanente”, direbbe Franco Battiato, della tanto auspicata green economy.
In viaggio tra le cellule
Qual è il segreto che consente al legno di eccellere in così tanti impieghi? Per svelarlo, immaginiamo di viaggiare, chiusi una microscopica navicella, al suo interno.
Entriamo dunque nella complessa struttura anatomica del legno dalla sua sezione trasversale (quella in cui gli anelli di accrescimento annuale appaiono concentrici), inoltrandoci in una delle molte cellule che troveremo affiancate. Dirigendoci poi in direzione assiale, potremmo inoltrarci in un “tunnel” di cellule ben allineate, visibili ad esempio nella sezione longitudinale tangenziale, in cui la nostra navicella si muoverà galleggiando, proprio come in un fiume: non di acqua, ma di linfa.
Ma le differenti cellule del legno non svolgono solo il compito di trasportare il liquido vitale della pianta, accumulano anche sostanze nutritive di riserva e forniscono sostegno meccanico dell’albero. Guardando dagli oblò della nostra navicella ci accorgeremmo che le pareti di queste gallerie sono fatte non da una, ma da differenti molecole strutturali: lignina, cellulosa, emicellulose, pectine ed estrattivi. In particolare, la lignina, disponendosi soprattutto all’interfaccia tra cellule adiacenti, agisce da legante e dà rigidezza, mentre la cellulosa fornisce resistenza a trazione ed è capace di assorbire le forze meccaniche; le emicellulose invece conferiscono elasticità. Se la nostra navicella andasse a sbattere contro la parete, l’urto non sarebbe poi così forte, perché attutito dalla flessibilità complessiva della struttura.
La struttura unica del legno
Nelle cavità cellulari e negli interstizi delle pareti, con il processo chiamato di “duramificazione”, si depositano poi le sostanze chimiche non strutturali, chiamate estrattivi, che danno al legno il colore, l’odore e la durabilità naturale caratteristiche di ogni specie arborea; essi, seppur poco presenti, influiscono enormemente sulle caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche del legno.
Se il legno esplorato dalla nostra navicella fosse stato essiccato, avremmo potuto osservare le cavità cellulari vuote, cioè piene d’aria: ciò ne fa un materiale estremamente leggero rispetto ad esempio a materiali da costruzione alternativi come il cemento e l’acciaio.
Questa sintesi lascia intuire come il legno racchiuda in sé una struttura articolata e complessa, leggera ma rigida, che ne determina le proprietà fisiche e meccaniche. In più, il modo in cui le molecole del legno si combinano tra loro è diverso in ciascuna delle numerose specie legnose presenti sul Pianeta. Basti pensare che, a umidità normale, il legno più “leggero”, la balsa, ha una densità di circa 150 chili per metro cubo, mentre quelli più “pesanti”, come il Lignum vitae (il legno proveniente dalla pianta del Guaiaco, dell’America centrale) raggiungono anche 1.250 chili per metro cubo (cioè affondano in acqua).
Ma c’è di più. L’elevato contenuto di carbonio (circa il 50 per cento della massa del legno), prelevato dalla CO2 atmosferica tramite la fotosintesi, rende il legno un materiale prezioso ai fini della mitigazione della crisi climatica. Immaginatevi una grande trave del duomo della vostra città, costruito diversi secoli fa: essa contiene ancora oggi il carbonio accumulato nei cento e oltre anni di vita di quella pianta abbattuta per ricavarne legname da opera.
L’elevato contenuto di carbonio, prelevato dalla CO2 atmosferica tramite la fotosintesi, rende il legno un materiale prezioso ai fini della mitigazione della crisi climatica
Secondo uno studio della University of Wisconsin, i prodotti in legno potrebbero arrivare ad intrappolare annualmente circa 440 milioni di tonnellate di CO2 a scala globale, una cifra pari alle emissioni annue di un Paese come il Brasile. Aumentando la quantità di manufatti durevoli in legno, in sostituzione di altri materiali non rinnovabili e senza queste caratteristiche, potremmo quindi immagazzinare per secoli grandi quantità di carbonio dall’atmosfera mitigando il riscaldamento globale. Per dare un’idea, in un recente articolo scientifico si stima che una tonnellata di legno impiegato per sostituire altri materiali riduca da 0,25 a 5,6 t il carbonio emesso in atmosfera.
Si può dunque affermare che il segreto del legno è avere non uno, ma mille segreti. La sua struttura, così complessa, e la sua variabilità, così vasta, lo rendono in grado, se prodotto in modo sostenibile e impiegato con competenza, di garantire prestazioni straordinarie nei più svariati impieghi e di aiutarci nella lotta contro la crisi climatica, non solo perché esso è un “magazzino di carbonio”, ma anche perché può essere utilizzato in alternativa a materie prime non rinnovabili e certamente inquinanti.
Aumentando la quantità di manufatti durevoli in legno potremmo immagazzinare per secoli grandi quantità di carbonio dall’atmosfera
Il legno che non ti aspetti
Per millenni l’uomo ha utilizzato il legno per scaldarsi e costruire manufatti, ma nell’ultimo secolo questa materia prima è stata oggetto di vivaci e dinamiche innovazioni tecnologiche che ne stanno svelando usi talvolta sbalorditivi: avreste mai pensato a un legno trasparente? Dopo aver ascoltato decine di volte, da bambini, la “Favola dei tre porcellini”, avreste mai immaginato a un palazzo in legno resistente a fortissimi terremoti?
L’evoluzione tecnologica ininterrotta che abbiamo vissuto e stiamo vivendo negli ultimi decenni in tutti i campi, dal settore chimico a quello meccanico fino al digitale, si sta riflettendo anche sugli impieghi del legno, sulla ricerca e sui processi produttivi che lo coinvolgono.
L’innovazione nell’uso del legno si sta diffondendo in tutti i settori, anche quelli che prima non conoscevano e neppure immaginavano l’impiego di tale materiale
L’impiego di questo materiale cresce anzitutto nei settori “classici”, come l’edilizia, con trend positivi in controtendenza rispetto alle altre tipologie di costruzioni: solo in Italia, nel 2018, sono stati costruiti oltre 3.200 nuovi edifici residenziali in legno. Non si tratta di tipiche baite di montagna, ma soprattutto di moderne villette e condomini estremamente performanti dal punto di vista strutturale, energetico e di benessere abitativo. Queste caratteristiche stanno inducendo molti Paesi ad investire con forza nelle costruzioni in legno: la Francia, ad esempio, ha stabilito che tutti i nuovi edifici pubblici finanziati dallo stato dovranno essere in legno per almeno il 50 per cento a partire dal 2022.
E non serve abbattere alberi monumentali per costruire queste strutture: i vari prodotti che vanno sotto la definizione di legno ingegnerizzato, ad esempio, possono essere assemblati anche a partire da tronchi di piccola o media grandezza e hanno prestazioni meccaniche superiori di 2 o 3 volte quelle del legno massiccio e del legno lamellare.
Ma l’innovazione nell’uso del legno si sta diffondendo in tutti i settori, anche quelli che prima non conoscevano e neppure immaginavano l’impiego di tale materiale. Alcuni esempi? Legni stabilizzati che non si rovinano, non si deformano e non marciscono anche se tenuti a contatto con il terreno e l’acqua piovana; prodotti modellabili a piacere con curvature bidimensionali o tridimensionali; compositi di tranciati di legno e stoffa per realizzare tessuti per la moda e accessori come borsette, scarpe, cinture o anche filati di cellulosa dal legno (già, il legno si può anche indossare); pannelli compositi con funzioni combinate che uniscono la leggerezza del legno alle proprietà di altri materiali e permettono ad esempio l’abbattimento dei rumori, lo schermo ai raggi X, l’isolamento termico; polimeri naturali a base di legno in sostituzione dei polimeri di sintesi; composti chimici estratti dal legno con potenzialità farmacologiche e molto altro.
Il percorso creativo e generativo è inarrestabile e l’odierna sensibilità ai temi ecologico-ambientali non fa che accelerarlo. Le possibilità, data l’enorme varietà dei legnami del mondo e le loro caratteristiche, sono innumerevoli e la maggior parte è ancora tutta da scoprire.
Il percorso creativo e generativo è inarrestabile e l’odierna sensibilità ai temi ecologico-ambientali non fa che accelerarlo
Il legno nell’economia mondiale
Ma quanto legno viene prodotto annualmente nel mondo? Con quali scopi e con quali rischi?
In base ai dati Fao aggiornati al 2018, la produzione e il commercio globali dei principali prodotti in legno hanno raggiunto un livello record da quando l’organizzazione, nel 1947, ha iniziato a registrare le sue statistiche sulle foreste: 3.971 milioni di metri cubi.
Difficile immaginarsi questa grandezza? Sono circa 1.500 piramidi di Cheope messe assieme. Considerando l’estensione delle foreste sul nostro Pianeta, un indicatore interessante è il dato che ci mostra come, annualmente, venga prelevato in media un metro cubo di legname per ogni ettaro di foresta quando, ogni anno, la maggior parte dei boschi mondiali cresce ben più di questa cifra. Un saldo positivo insomma, che ci farebbe pensare che la produzione di legno su scala globale sia sostenibile e le foreste in continua crescita, poiché si preleva soltanto una parte di quanto esse crescono.
Non è così, purtroppo. Dietro questo numero si nascondono situazioni molto diverse tra loro: in alcuni luoghi del mondo le foreste vengono totalmente distrutte, in altri esistono piantagioni di alberi che producono, in forme più o meno sostenibili, 20 e più metri cubi annui di legno ad ettaro, in altri ancora resistono le foreste primarie mai intaccate dall’uomo (e giustamente protette), mentre altrove quelle seminaturali utilizzate in passato versano in stato di abbandono. Già in un precedente articolo abbiamo mostrato come l’estensione delle foreste mondiali stia cambiando a due velocità: diminuiscono nel Sud del mondo, con notevoli squilibri ambientali e socio-economici, mentre aumentano nelle aree più ricche del pianeta.
I prelievi di legname a scala globale sono distinti in due categorie, quasi paritarie in termini di volumi: quelli a fini energetici (1.943 milioni di metri cubi nel 2018, pari al 48,9 per cento) e quelli da industria (2.028 milioni di metri cubi nel 2018, pari al 51,1 per cento).
In Italia, invece, prevale nettamente, con l’83,9 per cento, la produzione di legname ad uso energetico (principalmente legna da ardere).
Per quanto riguarda la produzione energetica un dato è davvero impressionante: le foreste forniscono circa il 40 per cento dell’energia rinnovabile mondiale, un valore pari a quello dell’energia solare, idroelettrica ed eolica messe insieme. Su questo tema è importante sottolineare come il nostro Paese veda il legno come componente fondamentale delle proprie energie rinnovabili: il 65,5 per cento dei consumi di energia termica da rinnovabili in Italia è infatti imputabile alle biomasse legnose. A fronte di una produzione interna relativamente alta (circa 10,8 milioni di metri cubi, probabilmente sottostimati) l’Italia è stata comunque nel 2018 il quarto importatore al mondo di pellet, con 2,2 milioni di tonnellate, e il più grande importatore mondiale di legna da ardere, con 0,8 milioni di metri cubi.
Le foreste forniscono circa il 40% dell’energia rinnovabile mondiale, un valore pari a quello dell’energia solare, idroelettrica ed eolica messe insieme
Per quanto riguarda il legname grezzo ad uso industriale, esso a livello globale ha manifestato una dinamica di crescita accentuata negli ultimi decenni: dal 1990 la produzione è aumentata di circa il 19 per cento.
L’Italia, al contrario, ha visto diminuire dal 1990 la produzione di legname da industria del 52,3 per cento (-21,9 per cento dal 2010). Il nostro Paese, nel 2018, a fronte di una produzione interna di soli circa 2,1 milioni di metri cubi (per di più con un grande peso del pioppo da piantagioni), ha importato 2,4 milioni di metri cubi di legname grezzo da industria (tronchi) e l’equivalente di circa 24,1 milioni di metri cubi di legname semilavorato (segati, travi, pannelli, paste ad uso cartario).
Da ultimo può essere interessante rilevare che, anche in applicazione dei principi dell’economia circolare, sta assumendo un peso rilevante la raccolta e il commercio internazionale di scarti e prodotti in legno a fine ciclo di vita per numerosi impieghi nella bioeconomia (pannelli, biocarburanti, bioplastiche, biotessuti), oltre che per produrre carta e cartoni. Secondo la Fao nel 2018 il consumo mondiale di legname recuperato ha superato 27 milioni di tonnellate Mt. L’Italia è, in questo settore, un paese modello per capacità interna di recupero e valorizzazione industriale, con circa 3 milioni di metri cubi equivalenti di scarti e legname post consumo riutilizzati. Ed è davvero curioso sottolineare come all’industria italiana arrivi più legno dal riciclo che dalla produzione interna.
La produzione e il commercio internazionale di legno sono, in termini di valore, fortemente dominati dai paesi occidentali: Europa e Nord America controllano i tre quarti del valore delle merci scambiate internazionalmente, con Stati Uniti, Canada, Germania, Finlandia e Svezia nella graduatoria dei primi cinque paesi esportatori. Se nelle statistiche internazionali di settore venisse incluso anche il comparto mobile-arredo (non compreso in quanto utilizza anche materie prime non legnose, pensate ad esempio ai divani), l’Italia comparirebbe certamente come uno dei più grandi produttori ad esportatori mondiali di prodotti in legno.
Il nostro Paese produce ed esporta quindi tantissimi oggetti in legno, realizzati però con materia prima perlopiù importata dall’estero, con spesso forti dubbi sulla sua origine sostenibile.
La “fabbrica sostenibile” del legno
Il legno è una materia prima complessa e straordinaria, in continua evoluzione tecnologica e in costante crescita di utilizzo in tutto il mondo. Secondo alcune stime la domanda di legno aumenterà notevolmente nei prossimi anni, in particolare se, come umanità, vorremo davvero combattere la crisi climatica e attuare una transizione verso l’utilizzo di materie prime rinnovabili e fonti di energia rinnovabile. Johan Rockström, Direttore del Potsdam-Institut für Klimafolgenforschung e dello Stockholm resilience centre, importante scienziato impegnato nei temi della sostenibilità globale, sogna un mondo dove il cemento venga gradualmente sostituito dal legno, sia per gli edifici che per le infrastrutture, in modo da sequestrare carbonio per centinaia di anni.
Di certo non è tutto oro quello che luccica: la deforestazione nel sud del mondo e il commercio illegale di legname sono problemi gravi e urgenti. Ma a livello internazionale si stanno registrando importanti segnali, come l’attuazione della Timber regulation dell’Unione europea e la diffusione di schemi di certificazione che permettono di riconoscere prodotti a base legno provenienti da foreste gestite in modo sostenibile (Fsc e Pefc).
Ecco le tre “parole magiche”: gestione forestale sostenibile, ovvero utilizzo delle foreste non solo per produrre legname e con la garanzia che questa straordinaria risorsa rinnovabile sia mantenuta per le generazioni future, prelevata nel rispetto degli ecosistemi, del clima e dei diritti delle popolazioni locali.
Le tre parole magiche sono: gestione forestale sostenibile
In Europa e in Italia le foreste sono in costante aumento ed il background scientifico, tecnico, e politico-normativo è maturo per un cauto incremento del prelievo di legno, da realizzare nel rispetto di tutti i criteri di sostenibilità, con l’obiettivo di diminuire le importazioni, cogliere un’opportunità di sviluppo per i nostri territori rurali, spesso in stato di abbandono, e aumentare, ove possibile, l’uso “a cascata” di questa grandiosa materia prima, per realizzare prioritariamente prodotti di lunga durata e destinare gli scarti per la produzione di energia rinnovabile o in processi di bioraffineria, altra grande sfida del domani.
La nuova strategia forestale nazionale che è stata posta in consultazione pubblica da pochi giorni, riconosce il contributo attivo del settore forestale e delle sue filiere nel perseguimento degli impegni internazionali in ambito climatico ed energetico, di tutela e conservazione della biodiversità, di sviluppo della bioeconomia e di mantenimento dell’occupazione nelle aree rurali.
Manca ancora un passaggio, quello culturale: la consapevolezza diffusa, da parte di tutti i cittadini, di quanto sia necessario, più che in passato, produrre legno attraverso la gestione forestale sostenibile e una selvicoltura climaticamente intelligente (Climate smart forestry), strategia che ci permetterà non solo l’approvvigionamento della “materia prima del futuro”, ma anche di altri numerosi servizi ecosistemici che potranno garantirci benessere, in armonia con l’ambiente.
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