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Lewis Hamilton ha vinto il settimo titolo mondiale. L’ambiente, i diritti umani, gli animali: biografia dell’unico pilota nero nella storia della Formula 1.
“Quest’anno a spingermi non è stato solo il mio desiderio di vincere in pista, ma anche la volontà di rendere questo sport, e questo mondo, più inclusivi”. Così Lewis Hamilton, fra i migliori piloti nella storia della Formula 1, ha commentato il suo primo posto al Gran premio di Turchia, che gli ha permesso di vincere il suo settimo campionato mondiale. “Aver eguagliato il record di Michael Schumacher accende i riflettori su di me, ma so che non durerà a lungo. Perciò, finché posso vi chiedo di fare la vostra parte per contribuire a creare una società più giusta. Dobbiamo essere più tolleranti e gentili nei confronti degli altri. Facciamo in modo che le opportunità non dipendano dal proprio background o dal proprio colore della pelle. Nulla è impossibile. Molti mi hanno detto che non avrei realizzato il mio sogno, e invece eccomi qua. Voglio che sappiate che voi potete fare lo stesso”. Un messaggio potente, che riassume in poche parole chi è Lewis Hamilton: un amante delle corse come dell’ambiente, un difensore dei diritti umani come di quelli animali, un appassionato di cucina vegana e di moda sostenibile.
Hamilton è nato in Inghilterra nel 1985. La sua famiglia paterna proviene dall’America centrale, più precisamente dallo stato di Grenada, nel mar dei Caraibi sudorientale. I suoi genitori si sono separati quando aveva solo due anni, ma lui adorava trascorrere il proprio tempo col papà, soprattutto quando andavano insieme alle piste di go-kart. Il padre ha fatto di tutto per assecondare la passione del figlio. Svolgeva quattro lavori diversi e la notte restava in piedi per ore in garage a riparare vecchi kart. È anche grazie a lui che a dieci anni Lewis Hamilton ha vinto il suo primo campionato nazionale. Avendo addirittura la fortuna di conoscere il fondatore e presidente della McLaren, Ron Dennis. Un incontro che gli ha cambiato la vita: solo due anni dopo ha firmato un contratto con la scuderia britannica e da quel momento in poi non ha fatto altro che inanellare un successo dopo l’altro. Il suo ingresso in Formula 1 è avvenuto nel 2007. Già l’anno dopo, a soli 23 anni, ha ottenuto la sua prima vittoria nel campionato, con Ron Dennis come team principal.
Ha vinto gli altri sei Gran premi nel 2014, 2015, 2017, 2018, 2019 e 2020 con la Mercedes. Hamilton è anche il pilota che può vantare più vittorie (94 su 263 gare disputate), podi (163) e pole position (97) nella storia della competizione. A lui appartiene anche il primato di essere l’unico pilota nero: nonostante alcuni ritengano spetti al principe Bira, quest’ultimo era originario della Thailandia.
Proprio a causa delle sue origini, Lewis Hamilton si è fatto portavoce del movimento Black lives matter che si batte per i diritti civili delle persone di colore. Dopo la morte negli Stati Uniti di Breonna Taylor e di George Floyd, afroamericani uccisi quest’anno dalla polizia, il pilota si è diverse volte presentato in gara indossando magliette recanti messaggi contro il razzismo. “Un giorno spero che saremo tutti guardati nello stesso modo”, ha rivelato il campione, che in pista si è anche inginocchiato in onore delle vittime. “Non importa se preferite rimanere in piedi, ma dobbiamo far vedere al mondo che la Formula 1 è unanime nella decisione d’impegnarsi per l’uguaglianza e l’inclusione. Dobbiamo fare di più. Non c’è una soluzione rapida contro la discriminazione razziale, ma è certamente qualcosa che non possiamo ignorare. Dobbiamo restare concentrati, continuare a mettere in luce i problemi e fare in modo di poter contare su chi detiene il potere”. Anche se alcuni credono che la politica non debba entrare nello sport, Hamilton ritiene che la questione Black lives matter vada ben oltre, perché riguarda i diritti umani. Vuole sfruttare il fatto che a seguire la Formula 1 siano persone di nazionalità e culture diverse per mandare loro dei messaggi positivi.
Hamilton ha sostenuto anche le proteste, soprattutto giovanili, che nel mese di ottobre hanno infiammato la Nigeria contro la Sars, reparto speciale della polizia accusata di brutalità e torture, di abuso di potere e violazioni dei diritti umani. La violenta repressione delle manifestazioni ha provocato decine di vittime.
“Siamo piloti di Formula 1. Il nostro impatto ambientale, di certo, è superiore rispetto al cittadino medio che vive nella nostra stessa città. Ma questo non vuol dire che dobbiamo avere paura di usare la nostra voce per parlare di cose che possano portare a dei cambiamenti positivi”.
Hamilton è stato più volte criticato, soprattutto sui social media, per quella che molti definiscono “ipocrisia”, dal momento che dice di voler proteggere l’ambiente nonostante il suo lavoro e il suo stile di vita siano considerati tutt’altro che sostenibili. “Correre è la mia passione, per il momento non ho intenzione di smettere”, ha dichiarato con sincerità il campione. C’è da dire che si sta impegnando molto: è vegano, ha deciso di eliminare la plastica sia in ufficio che a casa e quando può va a raccogliere i rifiuti in spiaggia. Ha venduto il suo aereo privato e cerca di volare meno durante l’anno, compensando sempre le emissioni emesse. Guida soltanto Mercedes ibride o elettriche. La sua scuderia ha promesso di diventare carbon neutral entro la fine di quest’anno, mentre la Formula 1 – che già, ricorda Hamilton, è molto cambiata nel tempo tanto che le vetture utilizzano un terzo del carburante rispetto al passato – lo diventerà nel 2030.
Il pilota, che si è complimentato con le giovani attiviste per il clima come Greta Thunberg, Jamie Margolin e Alexandria Villaseñor, è attivo anche sul fronte della moda sostenibile. Ha lavorato insieme allo stilista Tommy Hilfiger per ideare la collezione più green del marchio, ricca di tessuti organici o riciclati, pelle vegana e cotone 100 per cento sostenibile. La linea firmata da Hamilton è basata sull’idea di creare dei capi per tutti, a prescindere dal genere, dall’età, dalla corporatura o dall’etnia. Il valore della diversità trova espressione anche nelle sfilate.
Il pilota inglese ama gli animali: come accennato prima è vegano dal 2017, scelta che ritiene utile anche per la salute e per l’ambiente; condanna gli allevamenti intensivi, che definisce “una crudeltà”; ha investito in un ristorante a Londra che propone piatti a base vegetale e ha un bulldog di nome Roscoe che può vantare quasi 250mila follower su Instagram.
L’Oipa (Organizzazione internazionale protezione animali) si è congratulata con Hamilton per l’ultima vittoria in Turchia, ricordando alcune delle cause da lui sposate: non solo ha donato mezzo milione di dollari per la cura di canguri e koala vittime degli incendi in Australia, ma ha lanciato anche un appello per arrivare alla chiusura delle scuole di toreri e mettere fine alla corrida.
“Cerco sempre di capire in quali ambiti posso agire per migliorare il mio impatto sulla società. Sto imparando piano piano, è un processo che richiede tempo, non è una cosa che si risolve dall’oggi al domani”, ha spiegato Hamilton, che invita tutti a provare a fare la differenza prima di gettare la spugna credendo che sia tutto perduto, che ormai sia troppo tardi per cambiare la situazione. È vero, questo ragazzo non sarà un santo. Ma se fosse capace d’insegnarci che tutti, ma proprio tutti, possono comunque contribuire alla tutela del Pianeta? Non importa chi tu sia. Non importa da dove vieni, quanto guadagni, quali siano le tue passioni. E non importa che tu sia perfetto. Anche se commetti degli errori, anche se ti serve un po’ di tempo, è di te che il mondo ha bisogno.
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