
Quante imprese hanno i mezzi per far fronte a un danno all’ambiente? A dare una risposta è la rilevazione di Pool Ambiente su dati Ania.
Un guasto alla centrale termica di Baniyas, in Siria, ha causato lo sversamento di petrolio nel mar Mediterraneo. A rischio le coste settentrionali dell’isola di Cipro.
La rottura di un serbatoio della centrale termica di Baniyas, sulla costa centrale della Siria, ha portato allo sversamento in mare di grandi quantità di petrolio. L’area contaminata, che si estende su un raggio di 800 chilometri quadrati, un’area grande come la città di New York, sta arrivando a minacciare le coste di Cipro e Turchia.
La raffineria di Baniyas provvede al 20 per cento del fabbisogno di petrolio della Siria e nel paese ve ne sono altre quattro. Questa fuoriuscita rischia di avere conseguenze devastanti per la biodiversità marina e gli ecosistemi. Secondo le autorità locali, per capire gli effetti del disastro occorre attendere qualche mese ma considerate le dimensioni della perdita, si prevede che gli effetti persisteranno sull’ambiente per almeno 15 anni. Per l’agenzia di stampa statale siriana Sana, il serbatoio danneggiato conteneva tra le 15 e le 20mila tonnellate di petrolio.
Le unità turche di Cipro del Nord hanno intanto eretto una barriera lunga 400 metri all’estremità della penisola di Karpassia per impedire alla macchia nera di devastare alcuni tratti di costa incontaminata dell’isola. Cipro è storicamente divisa in due comunità dal 1974 e questo fatto non è certo di aiuto. Il governo della Repubblica di Cipro, membro dell’Unione europea, ha dichiarato di recente di non aver individuato alcun segno della fuoriuscita di petrolio nelle aree sotto il suo controllo e di aver espresso la propria disponibilità ad aiutare le autorità del nord nel contrasto all’inquinamento.
“Purtroppo, non abbiamo ricevuto alcuna informazione o risposta dalle autorità settentrionali, quindi rimaniamo vigili”, ha detto il ministro dell’ambiente Costas Kadis all’agenzia di stampa Cyprus news agency. Cipro del Nord, riconosciuto solo dalla Turchia, fa affidamento quasi esclusivamente sull’assistenza finanziaria di Ankara.
Karpassia è quindi il lembo di terra più a rischio: i satelliti hanno rilevato che la fuoriuscita avvenuta il 24 agosto, dopo una settimana si trovava ad appena sette chilometri dalla costa cipriota. Naturalmente, questo pone seri rischi per le comunità e le imprese che dipendono dal turismo e che utilizzano le risorse marine per la loro sopravvivenza. Già a una distanza di 14 chilometri dalla costa cipriota, le squadre di pulizia hanno pescato i corpi senza vita di diverse tartarughe marine. Anche sul versante siriano, diversi operai sono all’opera per ripulire la spiaggia sul luogo dell’incidente.
Intanto che Cipro e Turchia stanno disponendo l’invio di navi per recuperare il petrolio in mare, la Siria – il cui ministro dell’elettricità Ghassan al-Zamil ha inizialmente dichiarato che la quantità di petrolio sversato in mare è compresa tra due e quattro tonnellate – ha avviato un’inchiesta per accertare le cause dell’incidente.
Quello accaduto in Siria, è il secondo grave incidente che ha colpito il mar Mediterraneo nel 2021: a febbraio, infatti, decine di tonnellate di greggio si erano riversate sulle coste di Israele, interessando un tratto di costa lungo 170 chilometri.
“Quanto successo in Siria rappresenta un ulteriore richiamo sui grandi rischi associati all’estrazione e alla lavorazione degli idrocarburi nel bacino semichiuso del Mediterraneo”, ha detto Mauro Randone di Wwf Mediterranean marine initiative. “Un bacino caratterizzato da un pericoloso accumulo degli inquinanti petroliferi e dove le conseguenze di tali incidenti possono causare effetti negativi a lungo termine sugli ecosistemi e sulle comunità che vivono lungo le coste”.
Secondo l’associazione ambientale è necessario che tutti i paesi del mar Mediterraneo adottino misure forti per mettere in sicurezza le infrastrutture obsolete di petrolio e gas, eliminare gradualmente i progetti esistenti e vietare quelli nuovi relativi a esplorazione, estrazione e lavorazione degli idrocarburi. Questo, d’altronde, è il solo modo per rispettare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e garantire un futuro alle creature viventi di questo mondo.
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