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Anis Amri, fermato per un controllo a Sesto San Giovanni, ha sparato contro un agente. Poco dopo è stato freddato da un altro poliziotto.
Anis Amri, il probabile attentatore di Berlino, è stato ucciso a Milano nella notte tra il 22 e il 23 dicembre, dopo aver attraversato l’Europa in fuga dalla capitale della Germania. Sono passati poco più di tre giorni dalla strage che è costata la vita a 12 persone, travolte dal camion che si è scagliato a tutta velocità contro il mercatino di Natale della Breitscheidplatz, nel cuore del centro storico berlinese.
Nelle ore successive all’attentato, Amri non era ancora finito nel mirino degli inquirenti tedeschi, che inizialmente avevano bloccato un pachistano. Dopo ore di interrogatori, però, la procura federale di Karlsruhe aveva deciso di non tramutare il fermo in arresto, per mancanza di prove a carico dell’uomo. A quel punto è ripartita la caccia all’uomo, ma il presunto killer, intanto, aveva potuto varcare le frontiere della Germania. Forse era già in Francia nel momento in cui le analisi effettuate dalla polizia scientifica di Berlino hanno consentito di individuarlo come il probabile responsabile della strage, rivendicata dall’organizzazione Isis.
L’uomo ha raggiunto quindi la città di Chambery, in Savoia, a un centinaio di chilometri dalla frontiera di Modane. Qui si è recato alla stazione dei treni, salendo su un convoglio diretto in Italia: dapprima a Torino, quindi a Milano, dove è arrivato alla stazione Centrale attorno all’una di notte. Di lui, intanto, i media internazionali avevano cominciato a tracciare l’identikit: un ragazzo di 24 anni, tunisino, sospettato numero uno per i 12 morti e 48 feriti di Berlino.
Mentre il treno attraversava le Alpi da ovest a est, la polizia tedesca aveva già rintracciato le sue impronte digitali nell’abitacolo del camion utilizzato per la strage. Il ritrovamento di un suo documento d’identità ha quindi chiuso ancor più il cerchio attorno al presunto attentatore. Nessun sapeva però dove stesse portando la fuga. Quando il treno ha raggiunto la stazione, a Milano, Amri ha deciso di recarsi a Sesto San Giovanni. Qui una pattuglia delle forze dell’ordine, che stava effettuando dei controlli, lo ha fermato, chiedendogli di mostrare dei documenti.
Sono le tre di notte e siamo in piazza Primo Maggio, non lontano dalla stazione ferroviaria. Il ragazzo non ha alcuna esitazione: estrae una pistola calibro 22 e fa fuoco contro uno degli agenti, ferendolo alla spalla. Tenta quindi la fuga, si nasconde dietro un’auto. Ma viene ucciso. Poco dopo, i controlli permettono di identificarlo.
Resta da chiarire per quale ragione Amri abbia cercato rifugio in Italia. Forse nel nostro paese poteva godere di una rete di protezione, che l’uomo potrebbe aver creato durante la detenzione in alcune carceri siciliane, tra il 2011 e il 2015. L’amministrazione penitenziaria aveva segnalato alcuni comportamenti sospetti, che indicavano “profili di radicalizzazione”.
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