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Monini rafforza la sua alleanza con le api, coinvolgendo i consumatori

A riprova di una strategia che mette al centro l’agricoltura biologica e integrata, Monini aggiunge un altro tassello al suo percorso di tutela delle api.

Non c’è biodiversità senza le api, e non ci sono api senza biodiversità. La storica azienda olearia Monini lo sa bene e lo dimostra aggiungendo nuovi tasselli a un percorso che la vede da diversi anni al fianco di questi preziosi insetti e, più in generale, di un modello agricolo rispettoso dei ritmi della natura. Anche ai consumatori spetta un ruolo attivo: un nuovo concorso, infatti, offre loro l’opportunità di dare un sostegno tangibile a un progetto virtuoso.

Un milione di olivi per il futuro Bosco Monini

Nel 2020 Monini ha compiuto cent’anni. Un traguardo importante, festeggiato con un massiccio piano – ribattezzato A Hand for the Future – che descrive gli orizzonti di un futuro sostenibile per i prossimi dieci anni e investe 25 milioni di euro per realizzarli. La strategia ha convinto anche gli esperti del Sole 24 Ore-Statista che hanno incluso Monini, unico nome del comparto oleario, nella lista delle 150 imprese Leader della Sostenibilità 2021.

Nata nel cuore delle colline umbre, l’azienda promette di “non togliere nulla alla natura e al territorio” o, meglio ancora, di lasciare un’eredità positiva alle future generazioni. La piantumazione è una delle strategie più efficaci in questo senso, perché gli olivi assorbono CO2 dall’atmosfera mitigando i cambiamenti climatici, contrastano il dissesto idrogeologico, in combinazione all’inerbimento dei filari contribuiscono al mantenimento della biodiversità. Da qui la sfida di ampliare la superficie coperta a oliveti mettendo a dimora 1 milione di alberi in mille ettari entro il 2030.

Questo polmone verde, ribattezzato Bosco Monini, sarà distribuito tra l’Umbria, la Puglia e la Toscana, dove verrà costruito un nuovo impianto. In termini di emissioni, ciò significa passare da 2mila tonnellate di CO2 stoccate ogni anno a 50mila nell’arco di dieci anni; è all’incirca l’equivalente di togliere dalla circolazione 25mila auto.

monini olivi
La pacciamatura a protezione del filare verrà tolta al quarto anno di età degli olivi e avrà permesso di eliminare al 100 per cento l’uso di pesticidi e di lavorazioni meccaniche del sotto-fila. D’estate la pacciamatura mantiene l’umidità riducendo i consumi di acqua per irrigazione © Monini

Più agricoltura biologica e integrata nel piano A Hand for the Future

Oltre al quanto, anche il come fa la differenza. Oltre a scegliere ecosistemi naturalmente vocati all’olivicoltura, Monini sta introducendo sistemi di irrigazione di precisione che le hanno già consentito di superare gli obiettivi del piano umbro di tutela delle acque e, a tendere, sforbiceranno i consumi idrici fino all’80-90 per cento rispetto a quelli tradizionali. L’azienda assicura inoltre che alla fine di questo decennio tutti i suoi oliveti saranno coltivati secondo i princìpi dell’agricoltura integrata o biologica. Ma cosa significa nello specifico e qual è la differenza?

In materia di fertilizzazione del suolo, controllo delle piante infestanti, lavorazione del terreno e difesa delle coltivazioni, l’agricoltura integrata fa un’attenta valutazione delle varie opzioni e predilige quelle che garantiscono il risultato con il minimo impatto ambientale. Fra le altre cose, quindi, riduce l’uso di prodotti fitosanitari al minimo indispensabile, scegliendo quelli meno rischiosi per la salute umana e ambientale.

Oliveto biologico di Sismano
L’oliveto biologico di Sismano si estende su 180 ettari. Qui, in piena estate, la gestione della irrigazione sotto pacciamatura è preziosissima © Monini

L’agricoltura biologica traduce questa filosofia in un rigido disciplinare che per esempio bandisce gli ogm e limita fortemente diserbanti, fertilizzanti sintetici, antibiotici e altre sostanze. Su questo modello di agricoltura l’Unione europea spinge con decisione, con un piano d’azione che entro il 2030 vuole convertire a biologico il 25 per cento della superficie agricola del Continente (attualmente la quota è dell’8,5 per cento). È certificato biologico l’oliveto di Sismano, in Umbria, da 180 ettari per un totale di 300mila piante messe a dimora.

Un modello agricolo amico delle api, paladine della biodiversità

È proprio l’Unione europea a sottolineare che, in media, un terreno coltivato a biologico ha il 30 per cento di biodiversità in più rispetto a uno convenzionale. Questo è dovuto anche alla scelta di fare a meno dei diserbanti, cioè i principali indiziati per il preoccupante declino delle api. Uno studio effettuato negli Stati Uniti e pubblicato di recente su Science sottolinea proprio come negli ultimi dieci anni la tossicità dei diserbanti per le api sia addirittura raddoppiata, visto che le nuove formulazioni cercano di ridurre il loro impatto negativo su esseri umani, mammiferi e volatili, ma a farne la spesa sono gli invertebrati. A darci una misura di quanto il tema sia urgente è l’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) che paventa il rischio di estinzione per il 9,2 per cento delle api in Europa.

Ape posata su un fiore che si alimenta
Il ruolo delle api e di altri impollinatori è di fondamentale importanza. Tre quarti delle colture alimentari nel mondo dipendono in una certa misura dall’impollinazione. Negli ultimi 50 anni, l’agricoltura globale è diventata sempre più dipendente dagli impollinatori © Flickr

Sono dati che non possiamo sottovalutare, visto che l’impollinazione è servizio ecosistemico pressoché insostituibile. È merito delle api se possiamo portare in tavola non solo il miele ma anche pomodori, zucchine, carote, cipolle e altre decine di alimenti. A conti fatti, 90 delle 115 principali coltivazioni mondiali. L’impollinazione animale entra in gioco anche nel processo di riproduzione di circa 308mila specie di piante selvatiche in fiore, cioè l’87,5 per cento su scala globale.

Insomma, le api sono paladine di biodiversità. E, in una sorta di circolo virtuoso, potranno tornare a prosperare se l’uomo cambierà il suo modo di produrre cibo per offrire loro un habitat ospitale. Lo mette nero su bianco l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra).

Anche se nell’olivo l’impollinazione avviene per via anemofila e quindi grazie alle leggere brezze primaverili, il ruolo delle api e degli altri impollinatori è indice della salute di un oliveto in termini di biodiversità e habitat per gli insetti antagonisti utili alla sua difesa biologica.

Monini si allea con le api 

Con la campagna “Le api e l’olio”, in collaborazione con LifeGate, Monini ha voluto dimostrare con i fatti il suo impegno a favore delle api. Tutto è cominciato nel 2018 nel cuore del Gargano, nei terreni di Carpino confinanti con gli oliveti biologici di Monini. Lì Matteo Maccarone, apicoltore professionista con 25 anni di esperienza, si prende cura delle sue cinquanta arnie seguendo il disciplinare biologico. Ogni anno a ottobre le sposta verso il mare, dove le temperature più miti consentono la produzione di miele anche d’inverno.

Monini dapprima ha donato all’apicoltore un sistema innovativo di biomonitoraggio non invasivo della salute delle api e dell’ambiente circostante, contribuendo alla tutela di 250mila api. Nel 2019 è arrivata a salvaguardarne 400mila, donando altre 10 arnie all’Apicoltura Carpinese. Per il suo centesimo anniversario l’azienda ha pensato anche alle api di città, adottandone 100mila nell’Area Metropolitana di Milano attraverso il progetto Bee my Future di LifeGate. A conti fatti è già arrivata a quota 750mila, ed è quindi abbondantemente sulla buona strada per tagliare in anticipo il traguardo del milione che era stato prefissato per il 2030.

Monini, Api e olio, Bee my future
Le nuove arnie sono state posizionate in questo splendido luogo nel cuore del Gargano, a contatto con gli olivi Monini. © Matteo Maccarone

Nel frattempo, l’impresa spoletina sta già lavorando dietro le quinte per arricchire questo percorso con l’adozione di un apiario urbano e delle “api solitarie” negli oliveti umbri. Ci sarà anche spazio per la ricerca scientifica, con il sostegno a uno studio sulla tolleranza delle api e sulla presenza di residui chimici negli oliveti Monini. Fatto tesoro dell’esperienza del Gargano, Monini adotta il sovescio nei propri oliveti con la semina nei filari di olivi di alcune varietà mellifere come per esempio il Favino, Senape bianca, Trifoglio incarnato, Rafano e Veccia sativa.

Prendersi cura del Pianeta… giocando

Per questo 2021 c’è una novità: anche i consumatori possono aggiudicarsi la soddisfazione di fare qualcosa di positivo – e molto concreto – per il Pianeta e la società. Basta acquistare una bottiglia di olio extravergine Monini per prendere parte al concorso Vinci e aiuta che mette in palio due premi, uno individuale e uno solidale. Oltre a concorrere alla vincita immediata di una delle 39 gift card, infatti, si partecipa all’estrazione di una donazione da 5mila euro.

Chi viene premiato dalla fortuna è libero di scegliere un progetto specifico a cui tiene particolarmente, perché Monini si limita a tracciare il perimetro. Si comincia proprio con la salvaguardia delle api dal 9 aprile al 6 giugno; dal 7 luglio al 3 ottobre sarà il turno della riqualificazione di un’area verde urbana e poi, dal 4 ottobre al 31 dicembre, dell’acquisto di attrezzatura sportiva per una scuola. E cosa succede se il consumatore non ha le idee chiare su quale iniziativa meriti la sua fiducia? In questo caso ci pensa l’azienda a dargli qualche suggerimento – assistita da LifeGate sul tema delle api – e vigilare sulla correttezza e congruità della scelta finale. Un lavoro a più mani, insomma, da cui escono tutti vincitori.

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