Il mondo riunito a Parigi per un trattato sulla gestione della plastica

I rappresentanti di 175 paesi sono riuniti a Parigi nel tentativo di accordarsi per un trattato sull’intero ciclo di vita della plastica.

I delegati di 175 nazioni sono riuniti in questi giorni a Parigi, presso la sede dell’Unesco. Obiettivo: raggiungere un accordo per la gestione dell’intero “ciclo di vita” della plastica. Dalla produzione, all’utilizzo, fino allo smaltimento. I negoziati proseguiranno fino a domani, 2 giugno. Ma benché sostanzialmente tutti i governi ammettano l’esistenza di un problema, c’è ancora molta distanza sulle possibili soluzioni.

Produzione di plastica raddoppiata in 20 anni. E destinata a triplicare

Che la Terra sia ormai letteralmente invasa dalla plastica è noto. La produzione annuale mondiale è raddoppiata in soli 20 anni, passando a 460 milioni di tonnellate. E di qui al 2060 si prevede possa triplicare. Un problema gigantesco, se si tiene conto dei fattori sanitari, ambientali e climatici, come sottolineato dal segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres.

Gli oggetti di plastica si degradano infatti col tempo, trasformandosi in micro e nano-plastiche, finendo così nei corsi d’acqua, nei laghi e nei mari di tutto il mondo. Dove vengono mangiate da pesci e uccelli marini, entrando così nella catena alimentare e finendo per contaminare anche gli esseri umani (una ricerca ha confermato la presenza di nanoplastiche perfino nel sangue umano). La quantità riversata negli oceani è d’altra parte immensa: tanto che alla metà del secolo rischiamo di avere più plastica che pesce nei mari.

Il nodo delle esportazioni nei paesi poveri

Da un punto di vista ambientale, gli oggetti di plastica spesso vengono abbandonati senza alcuno smaltimento sostenibile. Così da invadere spiagge, giardini, boschi, strade. Spesso, poi, le nazioni ricche, anziché adottare seriamente riuso e riciclo, preferiscono esportare enormi quantità di rifiuti, che finiscono quasi sempre in paesi a basso reddito, nei quali non di rado vengono abbandonati in discariche a cielo aperto.

Bottiglia di plastica all'interno della struttura di riciclaggio
Ancora oggi almeno la metà delle bottiglie di plastica vuote finisce in discarica invece di essere riciclata © Justin Sullivan/Getty Images

Infine, dal punto di vista climatico si tratta di un’autentica “bomba a orologeria”, come sottolineato dal presidente della Francia Emmanuel Macron, che ospita i negoziati. Che secondo numerose fonti appaiono rallentati proprio dalla lobby delle fonti fossili, per la quale l’industria petrolchimica rappresenta la speranza di non dover abbandonare del tutto il business. Il petrolio, secondo le multinazionali del settore, anche se fosse bandito nel mondo per la produzione di energia o per i trasporti, potrebbe infatti rientrare dalla finestra proprio grazie alla plastica. E ai rappresentanti dei gruppi petrolchimici è stato consentito di partecipare ai negoziati di Parigi…

Il peso della lobby delle fonti fossili

La speranza, tuttavia, resta quella di raggiungere l’accordo per un trattato vincolante entro la fine del 2024. Si cercherà di trovare un’intesa anche per lo smaltimento, in un mondo nel quale i due terzi degli oggetti di plastica sono utilizzati una sola o pochissime volte prima di diventare rifiuti. Nel quale il 22 per cento viene abbandonato in discariche illegali o bruciato a cielo aperto. E nel quale meno del 10 per cento viene riciclato.

Una coalizione di stati – capeggiata da Ruanda e Norvegia, e che comprende una cinquantina di paesi (alcuni dell’Unione europea, Canada, Cile e Giappone, tra gli altri) – sta cercando di spingere per una riduzione della produzione mondiale. I governi di Cina, Stati Uniti, Arabia Saudita e altri produttori di petrolio aderenti all’Opec, invece, frenano. Per loro, può bastare aumentare il riciclo e gestire meglio i rifiuti.

50 nazioni chiedono avanzamenti. I grandi produttori frenano

Inoltre, numerosi paesi del Golfo, nonché Russia, Cina, India e perfino il Brasile di Lula rifiutano il principio secondo il quale il trattato possa essere approvato con una maggioranza dei due terzi dei voti. Servirà dunque, probabilmente, un consenso unanime attorno ad un testo unico. La delegazione messicana ha per questo spiegato che le discussioni rimangono bloccate su questioni procedurali: “Perdiamo tempo e energie in negoziati che girano in tondo”. Unica speranza: che si faccia come con la Convenzione di Minamata del 2013 sul mercurio, che fu approvata da una maggioranza relativa di 140 nazioni. Col rischio però che i grandi paesi produttori di plastica non siano vincolati ad alcuna politica di riduzione.

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